“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Teatro

Teatro La ribalta di legno

«Le quinte di stoffa con le porte in rilievo, le finestre di vetro dipinto, i vasi coi fiori di carta. In alto una lampada faceva da giorno mentre la notte veniva con la parola “notte”. In terra, una botola, dalla ribalta portava sul retro, dov’erano pronti gli attori».

Dahlberg sosteneva che, agli scrittori che diventano ‘icone’, capita quasi sempre di trasformarsi in astrazioni e, in quanto tali, di essere privati della capacità di una comunicazione reale con i lettori. Nemmeno Dostoevskij sembra si sia potuto sottrarre dalla maledizione che Wallace ha definito “il bacio della morte per uno scrittore”. Nel momento in cui si introduce uno scrittore ad un potenziale lettore definendolo un ‘grande classico’, ecco che si abbassa un’ammirata e rispettosissima serranda tra i due che rimanda il momento del vero incontro. Forse l’unico ad essere immune al sortilegio è proprio Kafka, che è, sì, un grande e pure un classico, ma quando si pensa a lui non si avverte mai quella confusa sensazione di timore reverenziale e pesantezza alla bocca dello stomaco.

Tuesday, 17 June 2014 00:00

A Mosca! A Mosca!

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(tre scene).
Primo atto. Irina – “uccellino mio bianco” – festeggia l’onomastico, sorridendo e saltellando come una bimba che ha appena ricevuto in dono i giocattoli. È mezzogiorno, fuori c’è il sole, in casa suona allegra la musica, le conversazioni producono risate mentre nel salone, il rumore dei piatti e dei bicchieri, dice che si sta apparecchiando la tavola per la colazione.

Sunday, 15 June 2014 00:00

Appunti sul Vanja di Konchalovsky

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Lo Zio Vanja di Konchalovsky è tradizionalmente contemporaneo: il regista, infatti, incastona l’interpretazione verista in una cornice metateatrale per cui piena partecipazione al ruolo e sosta laterale visibile (in attesa di guadagnare il centro della scena) si alternano di continuo; prevede un palco sul palco elevando perciò alla seconda il livello di finzione; fa della parete di fondo uno schermo su cui proiettare grandi immagini che rimandano all'autore prima ed alle vie trafficate di Mosca poi; propone il cambio scenografico a sipario aperto; concede un protagonismo apparente ai servi d'assito; allude poeticamente ad una fantasmatica dama bianca che sembra un angelo della vita possibile ma che è, anche, una metafora della nostalgia, della poesia, della mancanza (basterebbe pensare che penetra lo spettacolo e tocca la testa di zio Vanja, ispirandogli la consapevolezza che gli mancava); fonde il naturalismo dell’oggettistica (quasi un ritorno allo Stanislavskij che accumulava ciarpame) con l’assenza di pareti casalinghe, collocando il gran bazar russo all’interno di uno spazio neutro ed oscuro.

Saturday, 14 June 2014 00:00

Il tempo delle e-mail

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Clima da Festival, che vuol dire teatro gremito, gravido di aspettativa e temperatura torrida, da piena estate napoletana in un interno; l’interno è Galleria Toledo e l’aspettativa di un pubblico numeroso, che numerosamente agita programmi di sala a mo’ di ventaglio, è per Le ho mai raccontato del vento del Nord?, regia di Paolo Valerio, Chiara Caselli e Roberto Citran gli attori in scena.

Sunday, 15 June 2014 00:00

Nei panni degli altri

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Qualcuno può prendere l’ascensore. Entrare, scegliere dove arrivare, premere un bottone e raggiungere la propria meta con facilità. Per altri c’è la fatica delle scale. Un gradino alla volta, aggrappati alla ringhiera o più liberi e disinvolti. Anche in questo caso si può scegliere dove arrivare ma qualcuno sale con sforzi enormi, a volte restando senza fiato o fermandosi di tanto in tanto in punti che si riescono a superare solo con l’aiuto di qualcun altro, arrivato da chissà dove. A volte si è costretti a ridiscendere e a tornare indietro e la discesa è sempre più facile della risalita. È la stessa natura del mondo ad attirarci giù e la lotta è sempre per andare verso l’alto.

Saturday, 14 June 2014 00:00

Medea & Medea

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L’attrice entra indossando una maschera fatta di conchiglie e reggendo un candelabro. Sul palco vi sono candele, sassolini, specchi, conchiglie. Dagli altoparlanti esce il rumore del mare. Si toglie la maschera e si presenta: “Io sono Medea…”. Si toglie i monili e lo scialle. Rimane in sottoveste bianca, poi si lava le mani. E introduce la sua storia, confessando un senso di colpa per aver abbandonato la madre Idia nella lontana Colchide. D’un tratto una voce maschile ripete “traditrice”, mentre si diffonde una musica antica. E la narrazione si scioglie articolandosi in una dimensione emotiva che alterna la malinconia per l’illusione d’amore all’angoscia per le violenze subite, o di cui si è stato testimone. Che intervalla la sofferta rassegnazione della rievocazione alla lucidità del giudizio sulle dinamiche di potere degli uomini e degli dei. Alla fiera rivendicazione di una identità e volontà precise che non sono frutti della passione o del fato.

Friday, 13 June 2014 00:00

Un capasottamento

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Il primo dato che colpisce, di Per oggi non si cade, è la forma ovvero la maniera di darsi, il modo in cui si propone e in cui l'opera va recepita e vissuta. Il fruitore cammina, seguendo un sentiero pre-realizzato, mentre ascolta – uno dopo l’altro – i brandelli della storia usufruendo di una cuffia: le sue orecchie sono cinte da voci e rumori, i suoi occhi si relazionano, contemporaneamente, con le istallazioni create dai giovani artisti dell’Accademia. Potremmo definirla una sorta di auto-performance giacché – se tutto è predisposto in partenza perché il fatto artistico accada – questo stesso fatto artistico accade per volontà di chi si muove all’incontro: è a lui che tocca dettare i tempi dei propri passi, che tocca scegliere se stazionare o proseguire, che tocca liberamente dare (e darsi) un ritmo continuo o, piuttosto, una stasi o un rimando, attendendo (e facendo attendere) il prossimo pezzo della vicenda, il prossimo paragrafo del racconto.

Tuesday, 10 June 2014 17:49

La partita di Pasqual

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"un artista non si limita a esemplificare il senso della fine: ne fa uso"
(John Barth)


Nel 1961, due autori si aggiudicarono l'International Publischers' Prize. Congiuntamente. Si trattava di Jorge Luis Borges e di Samuel Beckett. Una condivisione emblematica dato che, oltre al 'premio', questi nomi sono accomunati da un pensiero artistico 'contemporaneo' in grado di reggere il confronto con i 'vecchi maestri' della narrativa del Novecento. Rappresentano l'eccezione, l'eccezionale. Entrambi hanno fatto del 'senso della fine' l'elemento riflesso e rappresentato dalla loro opera. Lo scrittore americano John Barth, in un saggio sulla letteratura diceva di Beckett: "Un artista non si limita a esemplificare il senso della fine: ne fa uso". E in effetti non solo le sue opere vanno tutte in questa direzione, ma l'insieme delle stesse come 'opera delle opere' riflette un percorso sul cui traguardo si leggerà: 'Non una parola di più'.

Thursday, 12 June 2014 00:00

Un tentativo andato a vuoto

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(la pigrizia)
Il giardino dei ciliegi
è – più di ogni altra opera di Čechov – il racconto della pigrizia, del torpore, dell’atrofizzazione vischiosa di ogni gesto e di ogni parola. Un gruppo di possidenti ha una tenuta, questa tenuta rischia di essere svenduta, persa e abbattuta, ma questo gruppo di possidenti non alza un dito, non si scompone, nulla fa davvero per salvare casa, giardino, ricordi. Non facendo ciò che occorre perde tempo invece con altro: chiacchiera, blatera, canta al suono della chitarra, gioca al biliardo, cita poesie e parti di drammi, discute dei grandi temi della coscienza o balla, s’abbraccia, si sbaciucchia distendendo i piedi su una panchina, poggiando la testa a un cuscino, sorseggiando lentamente il caffè.

Tuesday, 10 June 2014 00:00

Riccardo Barracano

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“La morte è povera cosa, ma chiude una ferita mortale”.
Occorre partire dalla fine, per Il sindaco del rione Sanità di Marco Sciaccaluga. Occorre partire dal momento in cui cala il sipario – un rigido velo nero – e, su di esso, compare questa frase, sottratta al Riccardo II di Shakespeare.
“La morte è povera cosa, ma chiude una ferita mortale”.
Occorre partire dall’ultimo segno per comprendere i segni precedenti, occorre partire dalle parole che chiudono per capire il valore delle parole già pronunciate, occorre partire da questa scelta per tentare di comprendere l’intera regia, tutto il lavoro, lo spettacolo intero.
“La morte è povera cosa, ma chiude una ferita mortale”.

Tuesday, 10 June 2014 00:00

Fino all'ultimo mattone

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Napoli. San Giovanni a Teduccio. Pietrarsa. Museo Nazionale Ferroviario. Sala Cinema. L’impatto con Pietrarsa è sempre suggestivo. Si arriva dalla città, attraversando quel nastro di sampietrini, asfalto, binari del tram che comincia col nome di via Nuova Marina e finisce, senza soluzione di continuità, come corso San Giovanni. Palazzi diroccati dalla guerra, casermoni di cemento tirati su dopo la guerra. Il bus navetta ci deposita all’angolo di via Pietrarsa, la traversa cieca che conduce alla stazione/museo. È ancora giorno. Lo sguardo si apre su una sciabolata di luce e mare. Si entra nell’antica stazione, si percorre il sottopassaggio dalle pareti rosso carminio, un po’ cupo e vagamente inquietante, poi si ritorna alla luce, nell’ampio cortile di ingresso.

Friday, 06 June 2014 00:00

La fissazione è peggio della malattia

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Pullula del passeggio domenicale il centro di Angri, intorno al suggestivo Castello Doria. Poco lontano, un cortile s’apre a farsi teatro e a scaldare la frescura d’una frizzante serata d’inizio giugno. Officina delle Idee il luogo che ha deciso di farsi teatro (e non solo) con la rassegna Off Scena, giunta alla seconda edizione.

Thursday, 05 June 2014 00:00

Danze di ritmo e danze di rito

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Nella splendida cornice del Lago Fusaro, sulle cui acque sorge maestoso il noto casino Vanvitelliano, in scena, il 31 maggio, Taranterra, per la regia di Massimo Maraviglia, azione teatrale condotta dalla compagnia Asylum Anteatro ai Vergini su testo poetico di Mimmo Grasso.
Performance itinerante creata nel 2012, ha toccato alcuni tra i luoghi più suggestivi della Campania come l'abbazia di Sant'Angelo in Formis, i ruderi del complesso di Sant'Eustachio a Scala, le Stufe di Nerone sulle sponde dell'Averno e naturalmente le selvagge pendici del Vesuvio.

Friday, 06 June 2014 00:00

Il confine fatiscente

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Luna Park è uno studio per corpo solo e musica: è un viaggio negli aspetti e nelle vesti degli emarginati, dei potenti, dei fanatici religiosi, dei limitanti confinamenti spaziali ed emotivi, della resistenza e della libertà. È una critica amara e mielata dell’impossibilità di spiccare il volo, di assaporare la libertà ed il libero amore e di realizzarsi in quanto artisti in tutti i sensi.

il Pickwick

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