“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Sunday, 15 June 2014 00:00

Nei panni degli altri

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Qualcuno può prendere l’ascensore. Entrare, scegliere dove arrivare, premere un bottone e raggiungere la propria meta con facilità. Per altri c’è la fatica delle scale. Un gradino alla volta, aggrappati alla ringhiera o più liberi e disinvolti. Anche in questo caso si può scegliere dove arrivare ma qualcuno sale con sforzi enormi, a volte restando senza fiato o fermandosi di tanto in tanto in punti che si riescono a superare solo con l’aiuto di qualcun altro, arrivato da chissà dove. A volte si è costretti a ridiscendere e a tornare indietro e la discesa è sempre più facile della risalita. È la stessa natura del mondo ad attirarci giù e la lotta è sempre per andare verso l’alto.

Per Mettersi nei panni degli altri di scale ne abbiamo salite e scese tante ed abbiamo attraversato lunghi corridoi a volte bui. Il lavoro, articolato in quadri che prendevano vita in stanze diverse, ci ha permesso di viaggiare all’interno dell’ex dormitorio pubblico comunale, vedere i letti dalle lenzuola bianche che ospitano i senzatetto, sentire l’odore particolare delle camere, quasi fosse disinfettante misto a vino. Il percorso ci era indicato da una guida. La prima era un uomo in maschera bianca con una scatola che cantava, un magico pifferaio che ci conduceva fuori dalle ampie stanze in cui ci vengono narrate le storie.
La musica ci ha accompagnati durante tutto il viaggio. Si è fusa al rumore della lavatrice nella lavanderia dove, seduti sulle grandi ceste per i panni, abbiamo ascoltato il violoncello suonare dal vivo e assistito ad un’intensa danza. Sotto il cumulo dei vestiti da lavare, numerose identità, varie vite, l’unico corpo del ballerino.
Anche il danzatore e la musicista sono in maschera. La prima faccia umana la vediamo in sartoria ed è nascosta dietro un grosso paio di occhiali. Lei non recita, non mente, è una donna reale. Ci legge i tarocchi ed alcune poesie che ha scritto. Un tempo, dice, era ferma ad un punto morto ed è stato suo marito ad aiutarla a salire. Seguiamo il tarocco del corallo fino ad un’altra stanza in cui un letto è diventato una barca con i remi e gli alberi, come nei giochi dei bambini. Qui, un altro uomo senza maschere ci racconta e ci canta una storia di mare, la sua storia di pescatore di corallo che sfida la morte. Anche lui è sceso giù, in fondo. Anche lui pian piano ha lottato per risalire.
Una giacca impigliata nella rete ci porta al quarto quadro che ha qualcosa di inquietante. Davanti alla finestra sono appesi tanti abiti da sposa. La luce fatica ad entrare. Parte un video di nozze. Gli sposi sono felici. Poi la sposa appare tra gli abiti, come un fantasma. Sul suo volto la maschera. È lo sposo a narrarci la storia, guardando il vecchio album delle fotografie. Un amore felice, la completezza di lui e lei che si trovano, la canzone del loro amore. Poi la morte di lei, la discesa a precipizio nel dolore di lui. La sposa si è sistemata un fiore rosso su una scarpa e lo ritroviamo nella scatola delle cianfrusaglie dell’uomo del quarto quadro. Lui conserva sempre tutto quello che trova e ci offre una caramella perché gli piace regalare ciò che gli regalano, far sorridere gli altri. Ci racconta l’irrequietezza dell’adolescenza, la voglia di libertà, l’amore per la musica e la sua canzone preferita in cui, come una farfalla, ci si lascia cadere.
Le foglie sul pavimento, il pozzo, un suono da carillon. Il quadro successivo è un giardino. La donna in maschera muove un bambino manichino. Il racconto è poesia di un’infanzia lontana, è la natura, i tesori di un bambino, un libro illustrato, un fiorellino blu, un uccellino che si lascia inseguire fino all’ultimo quadro. Qui c’è un uomo che corre tutte le mattine fin da quando era bambino. Il ragazzo in maschera sdraiato sul letto è suo figlio. La corsa più spaventosa della sua vita, quella fino all’ospedale per raggiungere il ragazzo investito. Scendiamo giù, in fondo, al piano più basso anche noi, fino ad una pista da corsa. Ci sistemiamo ai lati formando un corridoio di tifosi. Una donna con le stampelle consegna al nostro atleta la pettorina con il suo numero. Lo incitiamo battendo a ritmo le mani, sempre più veloci, sempre più veloci. Lui corre verso uno specchio, verso se stesso. Poi ancora musica, con violoncello e chitarra e la canzone di chi avrebbe voluto essere cattivo e invece deve per forza credere alle fate.
Davide Iodice, portando avanti un progetto iniziato cinque anni prima con La fabbrica dei sogni crea un lavoro teatrale forte. Forte per le immagini suggestive e inquietanti create dagli attori in maschera. Ogni quadro è visivamente affascinante proprio come un’opera d’arte in movimento. Forte per la verità degli uomini senza maschera, i loro volti, le storie, il loro modo di parlarci e di essere accoglienti come fossimo vecchi amici tornati a far loro visita.
Sulla pista sfilano uno alla volta, corrono ognuno col proprio passo ma ciò che più conta è che noi li applaudiamo, li incitiamo, li sosteniamo, siamo i loro tifosi. Noi, la stessa folla indifferente della strada, che cammina senza guardarsi intorno, che non è attenta al molteplice spettacolo della vita umana e che ha bisogno del teatro per capire che ognuna di quelle singole e marginali vite merita di essere applaudita.

 

 

 

 

 

Napoli Teatro Festival Italia
Mettersi nei panni degli altri. Vestire gli ignudi
drammaturgia e regia Davide Iodice
collaborazione generale Luigi Del Prato
con Antonio Buono, Davide Compagnone, Luciano D'Aniello, Maria Di Dato, Giuseppe Del Giudice, Pier Giuseppe Di Tanno, Raffaella Gardon, Ciro Leva, Bruno Limoni, Osvaldo Mazzeca, Vincenza Pastore, Peppe Scognamiglio, Giovanni Villani
coproduzione Interno 5, Teatro Stabile di Napoli
durata 1h
Napoli, Centro di Prima Accoglienza-Ex Dormitorio Pubblico, 11 giugno 2014 (prova generale)
in scena dal 12 al 15 giugno 2014

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