Teatro La ribalta di legno
«Le quinte di stoffa con le porte in rilievo, le finestre di vetro dipinto, i vasi coi fiori di carta. In alto una lampada faceva da giorno mentre la notte veniva con la parola “notte”. In terra, una botola, dalla ribalta portava sul retro, dov’erano pronti gli attori».
Un pugno nello stomaco.
Gli anni bui della dittatura militare in Argentina scorrono in sessanta, intensi minuti sul palco di Galleria Toledo di Napoli dove è andato in scena Pedro e il Capitano per la regia di Lia Chiappara. Il testo, scritto dal drammaturgo uruguaiano Mario Benedetti nel 1979, ripercorre i drammatici momenti del dialogo tra la vittima e il suo carnefice, qui rappresentati dal capitano del regime e da Pedro, giovane perseguitato dagli esponenti del regime marziale che per anni hanno imperversato con metodi repressivi su gran parte dei territori ibero-americani.
Una sedia al centro della scena. Dietro una struttura che evoca una lavagna, anche se il piano, all'interno della cornice, è vuoto. Due tende bianche ai lati, come il sipario di un teatrino di burattini. Lavagna e sipario, fusi in un unico oggetto scenico, evocano i due mondi che entrano in scena e provano a dialogare in Sputa la gomma! Il teatro va a scuola. Ai lati della lavagna/teatro due cestini di plastica per l'immondizia, uno a bocca in giù, l'altro coricato per terra.
"Non si dovrebbe mai scrivere per i bambini, piuttosto bisognerebbe avere il coraggio di selezionare per loro quello che è già stato scritto per i grandi; ciò che conta è la scelta e la dose della medicina, che non può essere diversa solo perché si tratta di un bambino".
(Anton Čechov)
"Il 'che significa' usurpa la sovranità del 'come è detto'" .
(Carmelo Bene, Sono apparso alla madonna).
- Tempesta
- la tempesta
- William Shekespeare
- rosario sparno
- massimiliano foà
- luca iervolino
- Paola Zacca
- antonella romano
- riccardo cominotto
- Gaetano di Maso
- Vincenzo Broccoli
- Morena Pauro
- Teatro Le Nuvole
- Le Nuvole Stabile di innovazione ragazzi
- La stanza blu
- teatro mercadante
- prospero
- ariel
- isola di sale
- calibano
- teatro inglese
- teatro per l'infanzia
- Grazia Laderchi
- Il Pickwick
“Direttore, siamo stati accreditati”.
“Per che cosa?”.
“Maniaci d’Amore, Morsi a vuoto, lo studio che ci tenevi tanto a vedere”.
“Ah, bene; allora ci fai il pezzo…”.
“Vabbè, ma si tratta di uno studio, non di un vero e proprio spettacolo…”.
“Eh, ma siamo stati accreditati… Ed io di loro ho appena scritto; quindi ci facciamo il pezzo; quindi ci fai il pezzo!”.
“Ehm… Va bene…”. (“Uff… ma quant’è barbogio e palloso st’omarino qui… L’avessi saputo manco l’avrei fatta la richiesta d’accredito!”).
Certo, le premesse erano buone: per questa Traviata al Petruzzelli – già presentata al mio bel San Carlo l'anno scorso – era lecito ben sperare, tutto sommato. Ferzan Özpetek – il regista turco che da tempo già lavora nella nostrana fabbrica del cinema – si cimentava con quest'opera che – diceva – tanto lo ispirava: gli ricordava, il personaggio, infatti – lui affermava – Laura Antonelli nel pien del suo splendore e dei giorni suoi dorati. Ed effettivamente, a vedere adesso l'allestimento confezionato – il prodotto finale, diremmo – una qualche somiglianza tra la Violetta nel nero abito da sera del second'atto, vittima dell'alfrediano disprezzo e la Laura del viscontiano Innocente, strapazzata dal Giannini/Tullio, sì, a guardar bene c'è... Ma questo ricordo altri echi si portava inevitabilmente appresso, in lunga catena, altrettanto – se non di più – fecondi: Luchino Visconti, maestro del cinema, certo, ma pure regista indiscusso innovatore e geniale di tanto teatro d'opera, consentiva di porsi indubbiamente sulla strada giusta; L'innocente, poi, estrema creatura di cotanto Maestro, tirava dentro la partita il divino Gabriele, nientemeno, che – si sa – Parigi, cocottes ed esangui pallide femme fatales ha sempre frequentato, dal vero e in fantasia.
- La Traviata
- giuseppe verdi
- francesco maria piave
- Daniele Rustioni
- Ferzan Ozpetek
- Elena Mosuc
- Francesco Demuro
- Giovanni Meoni
- Annunziata Vestri
- Massimiliano Chiarolla
- Teatro Petruzzelli
- Bari
- dante ferretti
- Alessandro Lai
- Luigi Neri
- Giuseppe Di Iorio
- Teatro San Carlo
- Parigi
- Marcel Proust
- Alla ricerca del tempo perduto
- Margherita
- Violetta
- Dumas
- Luigi Paolillo
- Il Pickwick
Luca De Fusco incastona Antonio e Cleopatra sul fondo scena, impone a mezzo palco un velario, fa dello spazio di ribalta una passerella per qualche luogotenente, una o due serve, un soldato, un generale, un ufficiale, una sentinella. Reitera il gioco delle video proiezioni (già usate in Antigone e in Un paio di occhiali) confermando la sua ultima propensione a fare del teatro un cineteatro post-brechtiano, tra gigantografie di volti e sguardi-ossessione, e costringe gli interpreti a recitare – più che a favore del pubblico – a favore delle telecamere perché, le telecamere, imprimano sul telo l’immagine. Ma l'epicità presunta (il rimando della re-citazione) si unisce al contrario dell’epicità (l’immedesimazione assoluta): ne viene una contraddizione insanabile.
- Antonio e Cleopatra
- william shakespeare
- Gianni Garrera
- luca de fusco
- Luca Lazzareschi
- gaia aprea
- Paolo Cresta
- Stefano Ferraro
- Serena Marziale
- Giacinto Palmarini
- Alfonso Postiglione
- Federica Sandrini
- Gabriele Saurio
- Paolo Serra
- Enzo Turrin
- Eros Pagni
- Maurizio Balò
- zaira de vincentiis
- gigi saccomandi
- Hubert Westkemper
- Alessandra Panzavolta
- Alessandra Felli
- Fabio Donato
- teatro mercadante
- proiezioni video
- metateatro
- Egitto
- Roma
- dramma classico
Forse il senso di Patria Puttana è già tutto contenuto nel suo inizio, nella sua prima immagine: i tre camerini i cui sipari vengono aperti, mostrando altrettante figure intente al trucco e all’attesa; la musica che colma il silenzio; la parola che prende il posto della musica per cui – portatisi tra la soglia del proprio camerino e la ringhiera posta in avanti – i tre cominciano il proprio racconto, con-fondendo le voci in un’ecolalia fatta d’intrecci, sovrapposizioni, disturbi reciproci.
- Patria Puttana
- Enzo Moscato
- Cristina Donadio
- Giuseppe Affinito
- Tata Barbato
- Claudio Affinito
- Compagnia Teatrale Enzo Moscato
- Sala Assoli
- Luparella
- Trianon
- Ragazze sole con qualche esperienza
- Pièce noire
- napoli
- Quartieri Spagnoli
- fascismo
- prostituzione
- Luciano Del Castillo
- drammaturgia napoletana
- alessandro toppi
- Il Pickwick
Al Teatro Diana a Napoli è andato in scena Il Menù del Teatro, un esperimento ideato da Peppe Celentano e Gabriella Cerino, capo comici della Compagnia Movimenti di Scena. Perché a teatro non è possibile ordinare una pietanza come in un ristorante? Perché non si può dichiarare lo spettacolo che si ha voglia di vedere? Si saranno chiesti i registi ed ecco che l’esperimento ha avuto luogo.
- Miseria e nobiltà
- Eduardo Scarpetta
- Il Menù del Teatro
- Peppe Celentano
- Gabriella Cerino
- Movimenti di Scena
- Massimo Masiello
- Gennaro Monti
- Gingy Comune
- Francesco Campanile
- Marcello Cozzolino
- Emilio Salvatore
- Gianni Sanseverino
- Amedeo Ambrosino
- Noemi Coppola
- Francesco Luongo
- Gianni Tagliaferri
- Roberta Ventre
- Francesco Del Mondo
- Marco Mussumeli
- Armando Alovisi
- Federica Del Gaudio
- Totò
- Sophia Loren
- Mario Mattoli
- Raffaele Wirz
- Diego Sommaria
- Martina Liberti
- Patrizia Doria
- Teatro Diana
- simona perrella
- Il Pickwick
All’inizio tutto è facile, i ragazzi ridono e si rincorrono giocando a nascondersi i vestiti. Giovanni e Rosaria sono cugini ma quasi gemelli, legati l’uno all’altro fino ad essere dipendenti l’uno dall’altro. Entrambi senza un padre vivono insieme con le loro mamme. Se Rosaria la notte non rientra a casa, Giovanni non dorme; se in paese prendono in giro Giovanni, Rosaria ne soffre. Abitano nell’entroterra siciliano i due cugini, tra pregiudizi e chiusure mentali. Rosaria cresce prosperosa e i ragazzi del paese le lanciano i sassolini alla finestra per vederla. A Giovanni piacciono i ragazzi e sorride, sorride sempre. Entrambi amano il ballo, ed è in una scuola di ballo che Giovanni conosce il maestro Giuseppe. Ha una terribile storia alle spalle, anche lui è cresciuto senza padre, ha subito violenze, è sposato con una donna ma solo per nascondere la sua omosessualità. Giovanni se ne innamora perdutamente.
- Io mai niente con nessuno avevo fatto
- Joele Anastasi
- Enrico Sortino
- Federica Carruba Toscano
- Nicole Calligaris
- Giulio Villaggio
- Giuseppe Cardaci
- Elia Bei
- Davide Maria Marucci
- Vuccirìa Teatro
- Dalila Romeo
- RAZMATAZ
- AIDS
- teatro elicantropo
- Sicilia
- omosessualità
- Arcigay
- Giovanni Verga
- mostra fotografica
- Olivado Photo Studio
- Sara Scamardella
- Il Pickwick
Corpi alla deriva, anime sul fondo; dal corpo all’anima, partendo da una tela dipinta per raggiungere un senso profondo passando attraverso la scena. Mare Dentro, portato in scena dalla compagnia Teatro KappaO, è un viaggio lungo che parte da una deriva reale e storicizzata per farsi allegoria diacronica; un episodio storico – il naufragio della fregata francese Méduse – ed il dipinto di Théodore Géricault che ne eternò memoria ne costituiscono lo spunto, la messa in scena ne approfondisce l’essenza con pittoricismo poetico.
- Mare Dentro
- Gianni Tudino
- Théodore Géricault
- La zattera della Medusa
- naufragio
- deriva esistenziale
- Teatro KappaO
- Allegria di naufragi
- Giuseppe Ungaretti
- Martin Eden
- Jack London
- samuel taylor coleridge
- la ballata del vecchio marinaio
- cannibalismo
- Vinicio Capossela
- Sala Ichòs
- Michele Di Donato
- Il Pickwick
"Andai verso il mare senza barche per traversare
spesi cento lire per un pesciolino d'oro"
(Fabrizio De André)
- Il pesciolino d'oro nella rete di maga Cornacchia
- Il pesciolino d'oro
- Sergio Manfio
- Laura Fintina
- Gruppo Alcuni
- Enrico Stefani
- Marco Saccarola
- Rodolfo Piz
- fiaba
- favola
- Teatro Galilei 104
- Teatro Le Nuvole
- I cuccioli
- binario n103
- Il pifferaio magico
- Pinocchio
- serpentello Calzino
- Blublù
- maga Cornacchia
- Grazia Laderchi
- Il Pickwick
L’antro cavo del Théâtre de Poche offre ribalta alla confessione. Confessione d’un confessore, vicenda di ordinarie realtà di parroci in trincea, uno dei quali prende tonaca e forma nella figura di Aldo Rapé. Partitura per voce bilingue – siciliana e napoletana – la drammaturgia di Giovanni Meola porta in scena una storia che ha tutti i crismi della convenzionalità, che è l’ordinario e già variamente frequentato tòpos del prete di frontiera che si oppone alla malavita, che connota il proprio impulso vocazionale di afflato civile.
"Sai, oggi sono stato alla corte di Riccardo III d'Inghilterra. Il sovrano del quale scrisse Shakespeare, che fece rinchiudere il fratello nella Torre di Londra, usurpandone successivamente il trono. Quello gobbo, zoppo, con il braccio avvizzito che uccideva chiunque ostacolasse i suoi piani!". Immagino così la scena. Due ragazzi che discutono animatamente su un evento storico rivissuto con i propri occhi il giorno precedente. Se solo fosse possibile tornare indietro nel tempo.
Vivere in una grande finzione. Chiamata al servizio del fare. Noi ci assentiamo da noi. Siamo contenti di aver partecipato male e poco, o quasi niente, al mondo. Resistere al fare. Riuscire ad essere anche quando non esisti. Avere nelle mani la vita e non esserne all’altezza. I protagonisti si sono smarriti nella vita, ed ormai ne restano al largo.
Sono solo alcune delle frasi che rimbalzano da una bocca all’altra in questa epopea quotidiana. Parlano un linguaggio spesso e raffinato, ci dicono del loro male di vivere, della loro inadeguatezza, di capacità che non pagano, di competenze che non fanno testo, di visibilità disertate, di posizioni disabitate, di vite isolate.
- Diario del tempo L'epopea quotidiana
- Lucia Calamaro
- Federica Santoro
- Roberto Rustioni
- Daniela Piperno
- Davide Grillo
- Gianni Staropoli
- Marina Haas
- Barbara Bessi
- Teatro Stabile dell'Umbria
- Teatro Comunale Gubbio
- Umbria
- disoccupazione
- disagio sociale
- Jean Paul Sartre
- Martin Heidegger
- fabrizio de andré
- Premio Ubu
- L'origine del mondo Ritratto di un interno
- Weltanschauung
- Rita Pagnozzi
- Il Pickwick
“Io non temo la morte, io temo l’oblìo”.
Fragile e prepotente, tutto intimamente umano, il testamento morale di una donna che ha fatto del coraggio e di una spregiudicata intelligenza le armi più forti per sfidare la paura più profonda, il gigante nemico. Questa è la storia della battaglia di un’identità, quella di Cristina Trivulzio, Principessa di Belgiojoso: una sfida ardita e sofferta, se al tempo essere donna, ‘armata’ poi di una tale carismatica determinazione così come di una singolare lungimiranza culturale, ha significato sopravvivere alle asfissianti e persecutorie calunnie che ripetutamente le mozzavano il fiato.