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"Non è vero che la critica abbia perso il suo ruolo, come è stato detto da autorevoli critici. Sono semmai i critici che hanno tradito pensando di non avere più un ruolo".
"Servirà qualcuno che ci legga, alla fine", di Carlo Zambotti
Written by Monica PalmeriPochi giorni fa, vagabondando tra i banchi di un mercatino dell’usato, ho trovato l'ottavo volume dei racconti di Čechov a 1€. Sonnecchiava tra Ogni giorno della mia vita di Nicolas Sparks e un manuale di informatica edito nei primi anni Novanta. Una volta arrivata a casa, ho scoperto l’esistenza di una dedica scritta a penna nera sul frontespizio. Cito testualmente: “Natale 1984: Spero che questo libro accenda (disegnino di una candela) in te la passione per i romanzieri russi... Comunque se vuoi leggere altri racconti parla con Elena, Mia e Chiara che ne sanno qualcosa. Ciao, auguri (disegnino di un abete addobbato) – Anna”.
All’articolo di Alessandro Toppi su Bazlen (http://www.ilpickwick.it/index.php/letteratura/item/390-storia-di-bobi-che-si-perse-tra-i-libri) aggiungo due o tre cose che so del triestino…
Per accadimenti miei ho conosciuto gente che ha avuto a che fare con Bobi Bazlen.
Bazlen lo facevi felice se gli cucinavi il cavolo nero, perché odiava la pastasciutta e quando veniva a Roma da Trieste frequentava la coppia Moravia-Morante, ma senza appartenere al codazzo che i due intellettuali si portavano dietro (tranne Sandro Penna che dormiva tutto il giorno, salutava tutti e andava a caccia di militari in libera uscita).
The revolution will not be televised (parte quinta)
Written by Delio SalottoloV
dove getteranno il mio cadavere?, dove sono finiti i cadaveri di tutti quelli come me?, ci manca soltanto che mi metto a pensare alle sepolture dei morti, i morti sono morti, basta! è finito tutto con la morte, che senso ha pensare alla sepoltura?, eppure vorrei immaginare il tragitto del mio cadavere, seguirlo passo passo, essere presente quando infermieri lindi e profumati lo trascineranno fuori da questa cella, stare in piedi accanto a loro quando poi lo chiuderanno in una sacca di plastica, vedere il loro sguardo mentre lo faranno, studiare se un qualche moto d’animo di qualsiasi tipo sarà visibile sui loro volti,
Giovani e lavoro nel mondo ipermoderno: conversazione con Francesco Pastore
Written by Pasquale VitaleIl 18 Aprile 2013, presso la sala consiliare del comune di Teverola, il movimento civico Ad alta Voce, presieduto dall’avvocato Pasquale Buonpane, ha organizzato un interessante dibattito sul rapporto tra i giovani e il lavoro; in tale occasione Francesco Pastore, professore aggregato di economia politica presso il Dipartimento di Giurisprudenza della Seconda Università di Napoli, ha avuto modo di sviscerare i contenuti principali del suo libro Fuori dal Tunnel, pubblicato dalla Giappichelli, in cui si fa notare che la transizione dalla scuola al lavoro rappresenta per molti giovani un tunnel lunghissimo a causa della loro scarsa esperienza lavorativa.
Voi volete che quanto ho visto non sia vero, e vi capisco.
Capitò anche a me, una volta, di ascoltare uno con le labbra umide e gli occhi che tendevano all’infinito, e mentre l’ascoltavo mi dicevo “vabbè, prima o poi finisce”, solo che questo non finiva mai. Mi disse che non c’erano grandi cose da aspettarci per i prossimi anni, e che l’uomo è più cattivo delle iene. Io sbadigliavo per la notte pesante e la piazza che svuotava e il senso della fine inesorabile di un giorno qualunque. Lui beveva vino rosso, parlava, mi porgeva la bottiglia senza guardarmi. Ce ne stavamo a pochi centimetri, faccia a faccia, sotto lo sguardo neutro di un eroe risorgimentale, di quelli che hanno fatto l’Italia senza schiamazzi e con la giusta sobrietà, a quanto pare. Per tenermi desto pensavo alle iene dello zoo che nonostante tutto ridevano. A un certo punto addirittura risi. Anche io. Quello davanti a me allora si fermò e, preso fiato, disse "tu non capisci".
“Tutti i miei film possono essere immaginati in bianco e nero, tranne che Sussurri e Grida. Nella sceneggiatura, dico di aver pensato al colore rosso come all’interno dell’anima”.
(Ingmar Bergman)
- bergman
- Sussurri e Grida
- La vergogna
- Passione
- Il settimo sigillo
- Il posto delle fragole
- Sven Nykvist
- TaxingeNàsby
- Mariefred
- Ingrid von Rosen
- Liv Ullman
- Quattro film di Bergman
- Cinematograph AB
- Lanterna magica
- Interiors
- Woody Allen
- Kari Sylwan
- Ingrid Thulin
- Harriet Andersson
- Ciclo Bergman
- Retrovisioni
Che significa un muro? Che cos’è un muro se
non un giuoco preparato? Dunque, devi essere
d’accordo con me che non esiste. La pietra è
una. (Mostrando la platea) E quello è il mare!
Eduardo De Filippo, La grande magia
La vera scatola de La grande magia non è questa che Calogero Di Spelta stringe alle dita e che – per proteggere da sguardi indiscreti – tiene ora al petto, ora sul ventre, ora sotto al braccio ed a cui dedica ora uno sguardo, ora una carezza, ora parole di compianto o timore nell’attesa – inattendibile – che da lì torni la moglie sparita: questa non è che una cianfrusaglia da palco, una rigatteria di legname e di vetro con false gioie per decoro o qualche fregio smaltato in origine che, a forza di prove e di repliche, ha perduto la sua lucentezza. Una quisquiglia, questa scatola; un balocco, questa scatola; un orpello opaco e sbiadito, questa scatola, presa da chissà che robivecchi o trovata in chissà quale angolo buio di chissà quale oscuro magazzino d’arnesi.
- La grande magia
- rosario sparno
- Eduardo De Filippo
- antonella romano
- luca iervolino
- paola zecca
- massimiliano foà
- riccardo cominotto
- alessandra gaudioso
- Gaetano di Maso
- Teatro Le Nuvole
- teatro stabile di napoli
- le nuvole
- Teatro Mercadnate
- illusione
- metateatro
- magia
- cabaret
- Cantata dei giorni dispari
- scatola teatrale
Un night club della Berlino degli anni ’40 fa da scena all’azione ed alla narrazione; la musica dell’epoca, portata dal vivo da una tastiera e un contrabbasso, ne scandirà colonna sonora seguendone l’evolvere passo passo. Io e Miryam è un’ibridazione, una pièce che condensa teatro-canzone e narrazione retrospettiva; ne è soggetto autoreferente una piccola diva capricciosa dei tempi del nazismo, che ripercorre la propria vicenda personale, segnata da un amore speciale, attraverso il quale avviene in lei la presa di coscienza di ciò che effettivamente avveniva fuori, nel mondo circostante a quell’universo ristretto concentrato negli antri fumosi dei night club, fatto di canzonette e champagne.
Capita sovente che, nell’approcciarsi a vicende storiche sentite come particolarmente contigue al proprio vissuto personale o all’immaginario collettivo da cui si proviene, si possa incorrere nell’inciampo della partigianeria smodata. Capita sovente che la lettura della storia sfoci in contrapposizioni manichee che sbilanciano la visione degli accadimenti e delle idee in una direzione univoca a cui se ne contrappone un’altra diseguale e contraria.