“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Anonimo Andrade

La prima volta

Ricordo la prima volta come fosse ieri, come fosse ora, come non sarà mai più, e so bene che di nostalgia si patisce come girasoli all’ombra morituri no, ma vivi e immobili e stanchi e tristi accanto ai salici piangenti non più senza motivo ma per loro, i girasoli dall’ombra funestati come me, rosi dalla nostalgia.

Ambidestro

Ero un ragazzino di nove anni felice quando un signore barbuto mi raccattò per strada dove stavo giocando con amici più grandi di me mi tirò per il braccio nonostante gli amici urlassero e lo prendessero a maleparole e mi buttò in macchina con forza e io resistevo ma invano lui il signore barbuto mi stava rapendo e io il ragazzino sudaticcio magro con la maglia strappata e il pantaloncino azzurro e le scarpe consumate che siamo tutti così quando giochiamo in strada non perché manchino i soldi ma perché le cose non ci mettono niente a consumarsi dicevo io venivo rapito nel bel mezzo di un pomeriggio estivo e per me non c’era nulla da fare ero vittima di uno stupratore che in macchina si accendeva il sigaro e faceva partire la musicassetta dei Santana dico io i Santana che sarebbe stata la prima e ultima volta che li avrei sentiti e li sentivo mentre quel signore barbuto mi avrebbe toccato e mi avrebbe costretto a fare cose brutte come solo chi le vive sa: io però non lo avrei saputo.

Abbiamo pazientato 40 anni, ora basta!

Quando cadde il muro nell’Ottantanove Annibale se ne fregò altamente. Eppure gli piacevano i CCCP che se la menavano tanto con quel punk tutto falce e martello, diceva sempre che a tempo debito avrebbe votato PCI e odiava i chewing-gum; proprio così, negli anni Ottanta il nostro eroico Annibale non si fece mai tentare, nemmeno da una big babol. Solo che al momento del dunque, in quel dannato 1989, lui se n’era fregato: nessun trauma, nessuna fase di disorientamento.

Aprile, 2013

Voi volete che quanto ho visto non sia vero, e vi capisco.
Capitò anche a me, una volta, di ascoltare uno con le labbra umide e gli occhi che tendevano all’infinito, e mentre l’ascoltavo mi dicevo “vabbè, prima o poi finisce”, solo che questo non finiva mai. Mi disse che non c’erano grandi cose da aspettarci per i prossimi anni, e che l’uomo è più cattivo delle iene. Io sbadigliavo per la notte pesante e la piazza che svuotava e il senso della fine inesorabile di un giorno qualunque. Lui beveva vino rosso, parlava, mi porgeva la bottiglia senza guardarmi. Ce ne stavamo a pochi centimetri, faccia a faccia, sotto lo sguardo neutro di un eroe risorgimentale, di quelli che hanno fatto l’Italia senza schiamazzi e con la giusta sobrietà, a quanto pare. Per tenermi desto pensavo alle iene dello zoo che nonostante tutto ridevano. A un certo punto addirittura risi. Anche io. Quello davanti a me allora si fermò e, preso fiato, disse "tu non capisci".

il Pickwick

Sostieni


Facebook