Extra La locanda delle chiacchiere
«Il viaggio s’arresta in una locanda: scoppietta la fiamma, una musica dice il suo tono, il bisbiglio di voci vi domina legando i tavoli ai tavoli, gli uomini agli uomini. È qui che i racconti s’incontrano».
Si terrà al Palazzo Reale, qui a Milano, dal 21 Febbraio al 18 Giugno di quest’anno, 2017. Percorrendo per un lungo tratto, prima in tram poi qualche centinaia di metri a piedi le vie che mi portano all’ufficio di buon’ora, numerosi sono i manifesti che mi saltano agli occhi. S’intitola About Art la mostra di Keith Haring.
Un’arte pittorica sfrenata, espressa senza limiti formali, dalla contaminazione in apparenza − ma solo in apparenza − tra lo sbandamento artistico e il tradizionale, multiforme nonché immaginario stile del dipingere. Fino al segno caratteristico dei cartoni animati.
Nella mia stanza da letto ho un poster di un suo quadro, quando la mattina mi sveglio, guardandolo mi trasmette gioia di vivere. Mi affascina.
Gli angeli si diplomano al Conservatorio Astronomico perché studiano la musica, che le sfere celesti producono ruotando. Fanno l’analisi armonica degli accordi supremi che, una volta, anche gli uomini eletti (Pitagora, ad esempio) avevano la forza e il diritto di ascoltare.
Gli esami sono molti, però che gran soddisfazione ultimare i corsi e ottenere infine (lode al Signore!) il permesso d’insegnare.
I miei studi sono a buon punto e fra poco l’esame conclusivo mi darà il titolo che sogno tanto: quello di Maestro!
Era giugno e il primo sole estivo cominciava a farsi sentire. Le verdure nell’orto se ne stavano pigramente sdraiate a godersi qualche momento di ozio quando Rino il peperoncino, al quale non piaceva stare senza far niente, propose una partita a pallone. “Ragazzi mi annoio, giochiamo un po’! I nipotini di Mino non ci sono e noi possiamo usare il loro pallone”. “Ma fa troppo caldo per giocare a quest’ora!”, Nello il cavolo era spossato da quel cambio di temperatura, ma vedendo che la proposta aveva suscitato l’entusiasmo dei suoi compagni decise di unirsi a loro.
– Ma hai idea di cosa hanno discusso ieri sera i nostri mariti? – è mia moglie Laura, che al telefono lo chiede a Giuliana.
– Non saprei. Quando è rientrato aveva un'aria un po’ così. Che ti devo dire... tipo aspetta e vedrai. Siamo sposati da più di trent’anni, lo conosco bene Giorgio. Quando decide di farti una sorpresa su qualcosa che interessa tutt’e due, ti tiene in una sorta di limbo con mezze parole, sorrisetti accattivanti, e pause di silenzio senza un’apparente ragione. È un modo come un altro per creare una incerta aspettativa che – ormai non mi sorprende più di tanto – d’improvviso e in quel suo modo distaccato, in particolari circostanze, lui rende comprensibile con apparente nonchalance, come si trattasse della più scontata realtà di questo mondo. Quale che sia la questione cui è rivolto l’interesse di chi gli sta parlando.
- Dal piacere alla felicità
- racconto
- ludoterapia
- Club di amici
- vita e letteratura
- erotismo e pornografia
- Michael Houellebecq
- Sottomissione
- Roberto Bolaño
- I detective selvaggi
- Euridice
- F/32 La magnifica assassina
- Avant Pop
- America
- Caroline No
- WorldTwoDotZero
- legalizzazione cannabis
- La Fucina delle Scritture
- Enrico Brega
- Il Pickwick
“Le civiltà senza navi sono come i bambini, i cui genitori non hanno un letto matrimoniale sul quale poter giocare. I loro sogni allora si inaridiscono; lo spionaggio si sostituisce all'avventura, e lo squallore della polizia prende il posto dell'assolata bellezza dei corsari”.
(Michel Foucault, Le eterotopie)
La Pipucci era ormeggiata nel porto di Livorno. Era una serata stupenda, con un tramonto che faceva macerare ogni cosa nel suo languido colore rossastro che emanava da una enorme ferita aperta nell'orizzonte affamato. Mi ricordava, o miei ingenui lettori, miei simili e fratelli, alcuni dipinti di Natalini, con il porto immerso in tramonti invernali e glaciali, da mari del Nord, oppure con la via Grande immersa in una notte incipiente, con una pallina rossa piccola piccola che quasi illuminava di luce propria il dipinto, una luce che sembrava emanare un'arancia luminescente che irradiava un paesaggio urbano ancora intatto, ancora immune da scempi di biechi costruttori.
Quella mattina nell’orto di Mino c’era una certa agitazione. Aristide il gallo, dalla sua postazione di cantante mattutino sulla staccionata che delimitava il terreno, vedeva un via vai di verdure e sentiva voci concitate. Decise di scendere e di andare a vedere cosa stava succedendo. Andò verso l’appezzamento di terreno dove erano coltivati i suoi amici per saperne di più. “Ehi Rino” – disse al peperoncino una volta arrivato – “ma che succede? Perché c’è tutta questa agitazione?”. “Ho sentito che questa mattina è nata una nuova verdura. Stanno andando tutti a darle il benvenuto. Raggiungiamo gli altri”.
Finalmente è arrivato! Tutti noi in attesa, con una certa impazienza. Lo tiene tra le mani unite a forma di coppa quasi dovesse trattarsi di un qualcosa di sacro, lo posa con delicatezza sul tavolino. È persino un po’ patetico, Giorgio.
– Sì, qui c’è tutto. Come vi avevo promesso – dice girando gli occhi con ostentata lentezza lungo l’intero perimetro del living nel nostro − mio e di Laura – buen retiro nelle Dolomiti Bellunesi.
È trascorso un mese da quella sera a casa di Giorgio e sua moglie Giuliana, dove assieme a Marco con la sua nuova amica Jenny e Lele abbiamo preso la decisione di dare ai nostri incontri l’impronta di Club tra amici per evitare una sterile dispersione di idee, opinioni, emozioni altrimenti utili al fine di cogliere nei limiti del possibile tratti riconoscibili dell’essenza umana. Il tutto attraverso una sorta di gioco da me definito – forse in maniera vagamente impropria – ludoterapia.
- Tra erotismo e porno
- racconto
- Dolomiti Bellunesi
- ludoterapia
- sesso e letteratura
- The Last Waltz
- The Band
- Bob Dylan
- Neil Young
- Van Morrison
- Joni Mitchell
- Eric Clapton
- Martin Scorsese
- metaletteratura
- Aldo Nove
- Walter Siti
- Antonio Moresco
- La luce dei giorni
- Jay McInerney
- Eccomi
- Jonathan Safran Foer
- Andrea Silvestri
- Abigail Piccinini
- Bompiani
- Ugo Guanda Editore
- La Fucina delle Scritture
- Enrico Brega
- Il Pickwick
Erano gli anni Cinquanta. Da Piazzale Susa ci facevamo a piedi il Viale Argonne fino a Piazza Ascoli, dove nel suo stile fascista volto al Romanico si erge il palazzo che ospita la Scuola Media Statale Tiepolo.
Tutte le mattine dell’anno scolastico. Io e Stefano Bonali. Avevamo da poco compiuto i tredici anni, durante il tragitto fumavamo goffamente le prime sigarette della nostra vita.
A quell’ora nelle vie a lato dei marciapiedi dove camminavamo il traffico milanese era già tendente all’isterico.
- Nada y pues nada y nada y pues nada
- racconto
- metaletteratura
- Milano
- Un posto pulito, illuminato bene
- I quarantanove racconti
- Ernest Hemingway
- Francisco Franco
- Edward Hopper
- Nighthawks
- I nottambuli
- David Foster Wallace
- Larry McCaffery
- punta dell'iceberg
- Jonathan Franzen
- Raymond Carver
- Leggerescrivere, resistere al vuoto
- Come stare soli
- La Fucina delle Scritture
- Enrico Brega
- Il Pickwick
Sabato mattina di primavera. Mino e sua moglie avevano deciso di prendersi una giornata di libertà. La figlia, il genero e i nipotini erano andati in città a trovare gli altri nonni e loro due non avevano voglia di dedicarsi alle faccende di casa. “Sai che ti dico Annina?” – disse quella mattina Mino alla moglie, mentre ancora si stava stiracchiando nel letto – “oggi ti porto fuori. Ci facciamo una bella gita al lago e mangiamo al ristorante, serviti e riveriti come due signori”. Detto, fatto. Dopo un paio d’ore Mino e Annina uscirono di casa, ben vestiti e lucidati per la loro giornata di libertà. “Niente acqua alle piante oggi Mino?”, Annina si ricordò dell’orto. “Per un giorno non succederà niente, ci penseremo domani”, rispose il contadino.
Giocava nervosamente con le sue mani. Restava fisso a guardare giù, verso strada, incollato con la fronte al profilo tagliente di una sottile listarella delle veneziane azzurre. Si mordicchiava l’indice solamente con la superficie delle labbra segnate da una leggera screpolatura. E quel dito non lo staccava mai dalla sua bocca, nemmeno quando, di tanto in tanto, si allontanava dalla finestra, faceva una giravolta o girava in tondo nella stanza, per poi riapprodare alla sua posizione.
All’epoca avevo ventitré anni. Ero decisamente un bel giovane. Ambizioni? Una nebulosa. Ma percepivo − sia pur latente nelle pieghe del mio animo − un che di assolutamente mio. Un appagante senso di essere depositario di potenzialità, per quanto vaghe nei contorni, del tutto assenti in quel poco che ritenevo di cogliere nel modo di essere di molti miei coetanei, con l’eccezione degli amici più stretti. Loro, quei miei amici, avevano deciso di continuare gli studi. Io di perdere tempo nelle aule universitarie non me la sentivo per niente. Gli anni del liceo, lo squallido grigiore didattico di quell’esperienza, mi avevano segnato al punto di convincermi che mi sarei fatto la necessaria cultura da solo. Altrove erano i miei pensieri.
"... si è sempre sentita a casa tra le lenzuola".
(Alba Contino)
"... una specie di autocommiato
che al pianto ha soffiato".
(Salvatore Cucchiara)
Fa comodo sapere che un po' di amore c'è per tutti.
Se poi c'è veramente, questa è una cosa fragile come il rossetto. Quando nasconde il vuoto e poi lo rivela. Ammettiamolo: moriamo dal desiderio di spogliare ciò che ci seduce, perché immaginare la nudità è complicato. Fornendo un esempio...
Era una mattina d’estate come tante altre e nel piccolo orto la vita scorreva tranquilla. Fin troppo tranquilla, praticamente monotona. I suoi abitanti giacevano nella terra e nessuno aveva voglia di parlare, forse anche per colpa del caldo. “Ci vorrebbe un’altra bella annaffiata” – disse pigramente Adele la zucca – “con questo caldo una volta al giorno non basta”. Nessuno rispose. Adele si guardò intorno in cerca almeno di uno sguardo di approvazione. Nello il cavolo stava dormendo e Rino il peperoncino guardava in aria sospirando.
“... e l’insieme dei frammenti è la conoscenza” ha concluso Stefano nel salire sull’auto, dove io e Dario siamo già sistemati.
“Di chi è quell’aforisma?” gli chiedo.
“Non lo so, Enrico, ma mi piace. Anche se è solo una parte. La conclusione, insomma... se non sbaglio”.
Una lieve smorfia di maliziosa ironia sul volto di Dario.
È l’alba di un giorno che promette bene. Stiamo partendo per la nostra avventura dell’intelletto. E di crescita. Qualcosa come un mantra, o giù di lì. Non come formula magica ma pratica meditativa, scambio di opinioni, del personale sentire secondo le esigenze di ciascuno di noi.
- Il tutto è impossibile
- racconto
- letteratura e filosofia
- Thiene
- Georg Wilhelm Friedrich Hegel
- Arthur Schopenhauer
- Dire Straits
- Money for Nothing
- Jean Paul Sartre
- Carlo Sini
- moby dick
- Huckleberry Finn
- dissertazione letteraria
- filososfia della letteratura
- La Fucina delle Scritture
- Enrico Brega
- Il Pickwick
Dove la Natura è Famiglia
L’indigeno fiero resiste
Quando si minaccia la Fonte
I guerrieri raffinano il diamante
Nell’ignoranza che consuma
Nell’attaccamento che acceca