“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Alessandro Toppi

Primi appunti su "Il bombarolo"

Questa non è una recensione o meglio: non lo è in senso classicamente critico. È una sorta di ragionamento fatto di note, di primi appunti, che si dichiara insicuro tanto quanto è insicuro uno spettacolo appena nato e che comincia a dare prova di sé. Il bombarolo va in scena in prima nazionale a Sala Ichòs. Ilinx Teatro, un giovane collettivo milanese, che si propone – in questo caso – con la regia di Nicolas Ceruti e l’interpretazione di Luca Marchiori. Si può scrivere una parola definitiva, nel tono e nella valutazione, su qualcosa che sta nascendo mentre lo vedo? Piuttosto provo ad accompagnarlo – Il bombarolo – in vista d’incontri futuri. Il lavoro, nel frattempo, cambierà, troverà nuove forme, sottrarrà immagini o parole attuali sostituendole con immagini e parole che non esistono ancora e io ne tornerò a scriverne: a mia volta in maniera differente.

Dov'è la tragedia di Molière?

(La finzione)
Belina finge di amare Argante: in realtà lo detesta. Cleante ama Angelica ma è costretto a fingere di non amarla, fingendosi il suo maestro di musica. Angelica, a sua volta, finge di poter forse amare un giorno Tommaso, ma in realtà ama solo Cleante. Cleante e Angelica, per dire a tutti del loro amore, si fingono interpreti di una commedia musicale che non è mai stata scritta. Invita alla finzione il notaio Bonafede, suggerendo raggiri illegali per passare in eredità il patrimonio.
Ancora. 

Sull'Odissea di Emma Dante

Del mito omerico Emma Dante coglie: la falsificazione progressiva della sua narrazione; lo sbilanciamento tra i due personaggi (“Io senza di lui esisto, lui senza di me non è niente” dice Nessuno); l’inesistenza di fonti certe e coincidenti; coglie la complementarità linguistica nata dalla trasmissione – di paese in paese – della stessa vicenda, l’oscurità esegetica (“Questo è buio pesto”), la permanenza memoriale nei millenni e il processo di evocazione creativa, per cui la parola genera carne.

L'ossessione estetica di Pirrotta

Le tre fila di veli, che scendono candidi e che servono a dare la sensazione dell’onirico, del dormiveglia, del ricordo, per cui i corpi degli attori ci arrivano soffusi, prima di assumere consistenza effettiva. Le luci violacee ed azzurre, momentanee, che decorano la penombra complessiva dello spettacolo, traversato talora da squarci bianchi, declinanti, caravaggeschi. Una radio che cala dall’alto, per fare memoria di una voce che non parla più.

Sul Lutero di Teatro in Fabula

(premessa)
Ho incontrato Le 95 tesi poco meno di un anno fa. Fui invitato ad assistere a una prova generale, svolta all’interno di un’aula universitaria occupata. La prova fu incerta, ancora acerba, forse non curata del tutto. S’intuivano movimenti di scena interessanti, una regia meticolosa e una buona interpretazione complessiva degli attori ma mi sembrò vi fossero scompensi, dimenticanze e l’uso di toni eccessivi e superflui.

il gioco, la caricatura

Il doubling attoriale. Gli intermezzi musicali, durante i quali avvengono brevi siparietti cabarettistici. L’entra-ed-esci dalla recita, con l’attore seduto di lato e visibile al pubblico. Lo smascheramento scenografico, per cui una scatola di cartone si rivela una slot. La parete di fondo, composta da gratta-e-vinci scaduti e che funge da segno tematico. La prima immagine, che fa da prologo argomentativo mimando il gioco delle tre carte. L’inserimento di monologhi-confessione in una trama dialogica. L’esposizione in ribalta, in pieno faro, diretta agli spettatori, rarefacendo la plausibilità della quarta parete. Gli spot comici, sonoro oltre-palco che determina lo stacco tra una scena e una scena. L’andamento episodico, volutamente didascalico. L’immedesimazione momentanea, senza continuità, a smentire ogni possibile verosimiglianza recitativa.

Note sul Pinter di Binasco

(sul posto in cui siedo)
Siedo – come un’altra decina di spettatori, equamente divisi – direttamente sul palco, alla destra del punto in cui Sara Bertelà, Orietta Notari e Nicola Pannelli si accingono a recitare Una specie di Alaska. Perché sono qui? Perché questo spettacolo ha bisogno che dieci, quindici o venti spettatori siano posizionati ai lati e non – come tutti gli altri, con tutti gli altri – siano invece seduti in platea? Credo vi siano due ragioni.
La prima.

Quanto è difficile dire "stupro"?

(il tema)
Di una violenza Non voltarti indietro racconta non la realizzazione ma le conseguenze. Racconta il silenzio, l’immobilità, l’assenza di reazione; il desiderio di nascondersi, di seppellirsi, di sparire del tutto. Ne racconta – Non voltarti indietro – la difficoltà di vivere la propria condizione di vittima, il rifiuto che ne viene per il mondo, l’incapacità di parlare di ciò che è accaduto. Stupro. Quanto è difficile, ad esempio, dire “stupro”?
Non voltarti indietro racconta di una ragazza che non dorme perché – quando chiude gli occhi – sente l’odore della saliva dell’uomo che l’ha violentata e racconta di un ragazzo che insiste, attende, s’infuria e si placa, aspetta, persevera, penetra in casa e trascina – lentamente, con furbizia e mestiere – questa stessa ragazza di nuovo all’aria aperta, a una vita che sembra la vita anche se ne è soltanto la forma banale che diamo a questa parola.

Buone Pratiche: Teatro Pocket

Le Buone Pratiche del Teatro è il titolo di un libro – leggo la nota editoriale – “indispensabile per capire cosa è successo, cosa sta succedendo e che cosa succederà nel teatro italiano”. Costituisce  – dice il sottotitolo – “Una banca delle idee per il teatro italiano” poiché racconta, scheda e mette in ordine centoquaranta iniziative che servono e che possono servire a migliorare la condizione del settore teatrale. Ne sono autori e curatori Mimma Gallina e Oliviero Ponte di Pino.

"Questo sono io"

In questo dipinto la misericordia diventa appannaggio
umano, dovere della società civile, aiuto in chi versa
in condizioni disagevoli e di fatto è oppresso dalla
miseria, dall’indigenza, dalle malattie  ed è perseguitato
dalla sventura. Inoltre, in  ciascun personaggio,  c’è
quella  dignità che è  la condizione indispensabile
della persona umana.
                        
(Vincenzo Pacelli, Caravaggio)

(come lo racconto?)
Ci sono molti modi per raccontare Mettersi nei panni degli altri ma non ho chiaro quale sia adatto davvero. Attraverso il Centro di Prima Accoglienza: ne salgo e scendo le scale, mi siedo su un letto, ne passo i corridoi; ne sento il freddo quando giungo nella grande camerata, ne intuisco il silenzio quando visito una stanza più piccola, laterale, più scura; cerco e trovo con lo sguardo qualche segno che mi rimandi a chi lo abita adesso: un mazzo di carte, un cane di peluche nero e marrone, una valigia di tela; una cornice che contiene il volto della Madonna, una bottiglietta di plastica, la scritta “Solo Gesù ti aiuta” su una cassetta del pronto soccorso. E la pila di “lenzuola per sotto con gli angoli”, di “camicie estive ½ maniche” o di “camicie estive manica lunga” che vedo in stireria. Allora penso che un buon modo d’iniziare la recensione sia proprio rendere questo mio andare che poi è l’andare che Davide Iodice m’impone: devi camminare se vuoi incontrare qualcuno, se vuoi sentirne la storia, se vuoi vederlo mentre ti parla e ti dice di sé e – quindi – cammina in questo posto, cammina ed osserva e, quando sei giunto, fa silenzio ed ascolta, poi voltati e torna di nuovo a camminare.

il Pickwick

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