“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Alessandro Toppi

Ragionando su Vuccirìa Teatro

Possibilità rara, e preziosa, quella di assistere a due spettacoli di una stessa compagnia in altrettanti giorni. Permette la comparazione, il confronto, consente di rilevare conferme e smentite, mutazioni, consuetudini, pregi o difetti che c’erano e non ci sono più o che invece  tornano, insistono, segnando una crescita che deve ancora maturare. Di Vuccirìa Teatro osservo, venerdì, Io mai niente con nessuno avevo fatto mentre, sabato, vedo Battuage. Torna quindi – Vuccirìa – a Galleria Toledo, torna sul palcoscenico napoletano che li ha promossi e poi consacrati, torna nel luogo in cui si sono fatti conoscere in città, torna – questo gruppo – nello spazio in cui ha inaugurato un intenso rapporto col pubblico locale e torna facendo crescere, replica dopo replica, il numero degli spettatori. Più di mezza platea piena, per il primo spettacolo; da tutto esaurito il secondo.

Due vite che appassiscono

(una citazione)
“Monsieur Caravan aveva sempre condotto la solita esistenza dei burocrati. Da trent’anni andava invariabilmente in ufficio, passando per la stessa strada, incontrando ogni mattina, alla stessa ora, negli stessi posti, le stesse facce, le stesse persone che andavano a lavoro; e tornava a casa, ogni sera, rifacendo la stessa strada, incontrando di nuovo le stesse facce che aveva visto invecchiare. Nulla era mai intervenuto a modificare la monotona regolarità della sua esistenza. Era vecchio, senza aver gustato la vita”.
Da In famiglia, di Guy de Maupassant.

Vecchie e nuove scene. Su Eduardo

Come raccontare Eduardo: ricordandolo in cerca di un
altro teatro italiano, oppure chiuso nella sua biografia
infine risarcita dai riconoscimenti del sistema teatrale?
(Claudio Meldolesi)

La commedia, la menzogna

(la menzogna della verità)
Il vero tema di Some Girl(s), di Neil LaBute, è la menzogna: un uomo traversa gli Stati Uniti per incontrare le proprie ex; scopo dichiarato: pacificare, rimettersi in accordo, rimediare agli errori del passato, eventualmente lenire sofferenze guarendo le ferite rimaste. Si tratta di una bugia. Suo unico e vero intento è raccogliere materiale per il prossimo articolo da scrivere, per il prossimo racconto o, chissà, per il prossimo libro. Dunque un uomo agisce mentendo, al cospetto di donne che mentono inizialmente (mostrando una felicità che non provano) salvo poi confessare apertamente se stesse, la propria rabbia, la propria insoddisfazione.

Una testimonianza

Alessandro Mele è un giovane maestro di teatro. Esercita la sua presenza ostinata in un luogo nascosto all’interno di un androne, posto su una breve strada in salita chiamata Rampe Siani. ScugnizzArt è la sala nella quale fa lezione a giovani e meno giovani allievi. All’ingresso un tavolino ospita brochure e programmi di stagione napoletani, alle pareti altri cartelloni di altri teatri, qualche foto, locandine. Una trentina di sedie a fare da platea, con l’aggiunta di un divano laterale. Ambiente caldo, accogliente, in penombra.

Il destino di un mimo mancato

L’aspetto più interessante di Cetriolinì non è la fattura della trama né la sua effettiva resa attoriale: colpisce, piuttosto, la dimensione simbolica dello spettacolo, la sua natura evocativa, la sua funzione memoriale. Non siamo al cospetto d’una storia ma al ricordo di questa stessa storia, già avvenuta e qui richiamata in palcoscenico perché sia vista, conosciuta, ascoltata.

Sul "Natale in casa Cupiello" di Latella

Segnale portentoso, la cometa annuncia catastrofi
                                         (Giorgio Manganelli)

La Tradizione, quella vera, misconosce la mera replicanza
                                                      (Enzo Moscato)

I giorni pari erano quelli che credevamo sereni. Li credevamo,
bada, era un'illusione. Infatti Natale in casa Cupiello è appunto
una commedia dei giorni pari
                                                    (Eduardo De Filippo)



(una didascalia)
Antonio Latella spinge i propri attori in ribalta, a dire più che a recitare il primo atto di Natale in casa Cupiello: volto fisso al pubblico, una mascherina sugli occhi fino al momento dell’entrata (testuale) in scena, alle spalle una grande stella cometa a fare da sfondo allusivo alle parole. Del secondo atto propone, invece, una trasfigurazione scenica, ambientata nel vuoto del palco (le mura grigie e nude, il cordame del teatro, la porta del retro, i fili di plastica, l’attrezzeria visibile ai lati, un carrello porta oggetti). Del terzo, infine, fa un’opera lirica: a toni bassi, in un buio quasi assoluto, traversato da luci vagamente caravaggesche.

Ettore, Mimma e Mimì

(la finzione)
Narra la solitudine, Piccolo e squallido carillon metropolitano, costringendo un fratello, una sorella e un altro fratello diventato una sorella a convivere in uno spazio strettissimo, costipato, ricolmo, nel quale il tanfo intasa l’olfatto mentre la vista è ripiena d’oggetti, di mercanzia inutile, di vecchiume: santini, madonne, cristincroce ovunque, in questo scorcio di vicolo, in questa topaia di quartiere in cui – fuori – stridono le urla dei bambini, appuntite "come baionette", mentre − dentro − domina l’odore nauseabondo e stagnante dell’incenso.
Una casa, di una casa una stanza, in questa stanza tre figure che – pur stando assieme – sono dunque lontane l’una dall’altra.

Il teatro degli spiriti

Roberto Latini fa de I giganti della montagna una partitura scurissima, solitaria, percepibile appena. Innalza tra il palco e la platea un velario sottile, dispone nel piccolo spazio di Sala Ichòs cinque finte zolle di spighe e usufruisce di luci fredde o soffuse, deboli, scarne. Così facendo rende il suo corpo una presenza larvale, mai chiara del tutto, mai davvero definita nella sua dimensione corporea.

La corruzione dei costumi

Recensendo L’ispettore generale di Missiroli – nel 1973 – Angelo Maria Ripellino evita di accennare alla trama: troppo nota, già allora, per farne riassunto. Apprendiamo la lezione e passiamo immediatamente alla regia vista al Bellini.

il Pickwick

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