“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Alessandro Toppi

La galera, una donna, l'Italia

(premessa)
Il rosso calcato delle labbra, gli occhi truccati, i capelli raccolti. La schiena, le spalle, le braccia. Le dita delle mani, che volteggiano in aria. La colonna vertebrale, che mostra i suoi punti. Le smagliature delle cosce, quando sono tese in avanti. Le pieghe del ventre, l’abbondanza dei seni, i peli del pube. L’errore più facile, nel cercare di analizzare La Merda, è fermarsi al corpo, fare cioè di questa nudità l’assoluto dello spettacolo, il suo fulcro, la sua unica ragione fondante. Invece c’è altro in scena: per quanto non sia visibile. Da questo altro occorre partire.

Sette giorni con Eugenio Barba

"L'Odin è cominciato come un gruppo teatrale che...".
                                                   (Eugenio Barba)


"Il canto dell'Odin Teatret sarà tra poco alle ultime note.
L'energia non impone ancora limiti, ma la biologia lo farà
presto. Ineluttabilmente, a una data che si approssima
ogni giorno di più".
                                              (Thomas Bredsorff)

 

 

In vista dell’incontro con Eugenio Barba ho letto di Eugenio Barba. Ho letto i testi di Franco Perrelli (Gli spettacoli di Odino) e di Tony D’Urso (Viaggi con l’Odin Teatret), ho letto i contributi di Franco Quadri e di Mirella Schino, ho letto i taccuini di Julia Varley e Roberta Carreri. In vista dell’incontro con Eugenio Barba ho letto Eugenio Barba: La canoa di carta; Il cavallo cieco; La terra di cenere e diamanti; Bruciare la casa e Teatro. Solitudine, mestiere, rivolta.

La vita, i segni

La guerra che, giorno dopo giorno, consuma gli uomini, avvelena le terre, brucia le case, fa le donne vedove, i figli orfani, gli anziani mendicanti. La guerra che tramuta il presente in ricordo, il ricordo in dolore, il dolore in un lutto facendo di questo lutto un eterno presente.
E poi la fame, che veste di povertà i corpi giovani e quelli avvizziti, la fame che differenzia chi ha il pane da chi il pane lo desidera, che mette contro invece di mettere assieme, che rende gli stranieri nemici, i concittadini avversari, che rende me stesso indifferente alla fame degli altri, impegnato come sono a rispondere soltanto della mia fame.

Guardare, guardarsi

Nel teatro i personaggi vengono da un fondo buio, da un retropalco sconosciuto, da un’attesa oscura. Creature di un mondo che avrà i confini del palcoscenico, avanzano portandosi al centro dell’assito, prendendo carne e colore, luce, attenzione.

Musica, senza parole

Io ho voluto bene al pubblico italiano e gli
ho dedicato inutilmente cinque anni della
mia vita.

                                              (Luigi Tenco)



Luigi l'ingenuo, sensibile, che ha il foglio con su scritto una poesia di Prévert appesa alla parete. Luigi che abita una fumosa citta settentrionale ma che osserva, a occhi chiusi, sconosciuti panorami senza limite. Luigi che ama Jolanda di un amore spietato, malvagio, feroce. Luigi che progetta un vaggio in Kenya, da fare con Valeria. Luigi che ingoia ansiolitici e antidepressivi, Luigi che tracanna cognac in un sorso. Luigi che scrive, si entusiasma e si dispera. Luigi che ha talento e al quale viene riconosciuto talento. Luigi, a cui il talento non basta per essere felice. Luigi che più volte immagina di partire, di lasciare tutto, di dare un abbraccio alla madre e un saluto al mondo.

Tra il cunto e la recita

La maledizione del Sud ovvero il cunto della storia di Colapesce avviene in forma di monologo pluritonale, in uno spazio vuoto di quinte e quasi vuoto d'oggetti, e concentra – com'è necessario – lo sguardo degli astanti al corpo del dicitore perché è proprio il corpo del dicitore a fare da palco e da scena, da intera schiera di personaggi e da ambiente della trama. Abbiamo davanti un intero assito, quindi, ma i nostri occhi mirano, senza quasi mai distrarsi, verso l'unico punto che conta: lì dove chi narra sta seduto o recita ponendosi in piedi.

Vecchio teatro

La commedia di Nino Gemelli è un piccolo spaccato proletario, il racconto di un microcosmo privato in cui si cerca di supplire alla mancanza di denaro con l'inventiva lavorativa. Padre, moglie, figlia e zia mettono su un'agenzia di pronto intervento mentre il nonno disturba, cercando di farne parte. Nella sua componente testuale sembra soprattutto l'affermazione dell'impossibilità che gli uomini hanno di controllare le proprie vite, gli eventi che capitano.

L'ironia della tragedia

Spari e dispari è una burla animata, una sorta di vignetta viva, che rende – a velocità repentina – luoghi comuni sulla Calabria delle faide familiari. Padri e figli contro altri padri e altri figli, mentre le donne pregano sgranando il rosario, portando così la conta dei morti. Mette su scena, quindi, il peggio folklorico, o meglio, mette su scena l'abusata immagine 'ndranghetista, offrendo il campionario di cui vuole fare satira: l'onore del cognome, l'ignoranza virile, la vocazione vendicativa e la religiosità di maniera, il patriarcato sociale, il matriarcato segreto.

Beckett, Carullo/Minasi, Caspanello

La definizione di uno spazio aperto, ma dal quale è impossibile evadere: luogo di arrivo o passaggio che si tramuta in luogo di stasi, di permanenza, di stagnazione. La coniugazione del tempo di recita inevitabilmente al presente, dipanato attimo per attimo, minuto per minuto, fino a raggiungere una durata che appare – nella percezione degli spettatori – più ampia (e più lenta) di quanto non sia effettivamente. La riduzione del numero di figure previste in palcoscenico, vera e propria scarnificazione corporea a due soli soggetti che sono un avanzo, il resto, ciò che rimane: del mondo teatrale, dell'intero universo.

I teatri di Marco De Marinis

Ogni volta che qualcuno vorrà chiudervi in un angolo,
dichiarando: Questo è teatro, questo non è teatro,
rispondete decisamente: Il teatro non esiste, ci sono
i teatri, e io cerco il mio.
                                                        (Émile Zola)

il Pickwick

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