“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Alessandro Toppi

Un animo in movimento

Io sono rimasto a Napoli mentre mia sorella abita a Prato e, perciò, abitano a Prato anche le mie due nipoti, che vedo un paio di volte l’anno. L’amico con il quale ho vissuto, fianco a fianco, gli anni del liceo e dell’università lavora a Milano; ho una cugina a Faenza, un cugino a Trieste ed un altro a Brema mentre il vicino di casa con cui mi scambiavo il giornale, sul pianerottolo – io gli portavo Il Manifesto, lui mi rendeva Repubblica, così da leggerne due al prezzo di uno – adesso vive in Lussemburgo. Pezzi della mia vita, più o meno importanti, che sono partiti, che si sono allontanati, che hanno viaggiato mentre io sono ancora qui, ad un tempo immobile e ostinato, debole o caparbio, fiero o impaurito.

Nel silenzio e nel buio, Giacometti

Di Giacometti vi sono la madre, la moglie e una puttana; vi sono i corpi scarnificati, le altezze anormali, la materia tastata che diviene una statua; vi sono le chiusure filiformi de La gabbia, l’equilibrismo immobile di Sfera sospesa, le pose dell'Uomo che cammina sotto la pioggia; di Giacometti vi sono l’ossessione per il modello, le istanze d’avanguardia, il concetto di luce come strumento che plasma e colora; vi sono l’insufficienza del volume, per cui l’elemento necessita della sua rigida collocazione ambientale; il rifiuto dell’arbitrarietà compositiva, per cui tutto deve essere calcolato al millimetro ed eseguito a perfezione; la necessità emozionale dell’oggetto, per cui funge da provoca-reazione percettiva e sensibile.

Il Pinter di Peter Stein

Il ritorno a casa è quello di Teddy, che fa visita alla sua famiglia (il padre Max, lo zio Sam, i fratelli più giovani: Lenny e Joey). Teddy arriva accompagnato dalla moglie Ruth, oggetto di sospetto prima e di desiderio poi. Ruth cede, non controvoglia, alle attenzioni dei suoi nuovi parenti e – al momento del ritorno negli Stati Uniti – decide di rimanere a Londra, fungendo da madre-amante di famiglia ed esercitando (forse) la professione di prostituta.
Assolto il dovere di rendere la trama, passiamo all’analisi.

L'adulta bambina

Una bambina appare in piena luce, presto si ritrova in un ambiente straniero, indaga e scopre che questo ambiente è la scuola e che, la scuola, in realtà è un inferno. Unico appiglio – sorta di momentaneo conforto sentimentale – è un bambino, che sembra anch’egli disegnare la scuola medesima come la fanciulla la vede: fiamme demoniache e terribili demoni ovunque. Piuttosto “è un incendio e questi sono pompieri”. La disillusione, la sofferenza, l’apparenza di un trauma che non passa.

Frammenti paterni

Caro papà,
recentemente ti è capitato di chiedermi perché affermo
che avrei paura di te. Come al solito non ho saputo
risponderti, in parte appunto per la paura che mi incuti,
in parte perché motivare questa paura richiederebbe
troppi particolari. 
                                 (Franz Kafka, Lettera al padre)

 

Gabriele Vacis intende e usa il palco come un luogo d’incontro, uno spazio di differenze messe in comune, il posto nel quale – convergendo da direzioni diverse – ci si ritrova a condividere lo stesso tempo e una stessa parola. Qui convoca sei donne, suggerisce loro il termine “padre” e comincia ad ascoltare ciò che ne consegue; ne viene un lungo processo fatto di interviste, colloqui individuali e collettivi, fatto di narrazioni private, di confessioni, ricordi personali che diventano parte di una tessitura unitaria perché, dai racconti, venga una trama di cui siano co-autrici di fatto le sei donne che lo hanno generato.

Sei note per i Sei personaggi

(uno)
Nel ’22 Pirandello osserva i Sei personaggi in cerca d'autore nella versione di Pitoëff e ne rimane estasiato comprendendo egli stesso, che pure del testo è l’autore, ciò che ha scritto davvero. Dalla suggestione ricevuta nasce la riscrittura del dramma. Pirandello è conquistato dalla dimensione cerebrale e oltremondana che il copione ha assunto su scena: Pitoëff fa scendere i sei personaggi dall’alto, come da un aldilà, usando un montacarichi ed immergendoli in una luce verde, spettrale, i cui effetti sono aumentati dal trucco bianco sul volto. Fatte della stessa materia di cui sono fatti gli incubi, appaiono come un’allucinazione queste figure livide, sospette, agitate, che penetrano in assito prendendone interamente possesso.

Note sparse su "Furie de Sanghe"

Una donna viene afferrata, piegata, chiusa in un sacco e trascinata in una casa. Il sacco viene aperto e la donna viene spinta, toccata, tastata, interrogata, minacciata e perquisita. Viene unita in matrimonio allo scemo di famiglia. Questa donna viene accusata di ciò che non ha commesso, viene trattata come un fastidio esterno, viene guardata come una tentazione straniera, questa donna subisce un abuso. Eppure questa donna non fugge, non si sottrae, non apre la porta e corre lontano. Questa donna rimane, indossa una veste, accudisce, s’affatica, lava per terra e, quando elabora i propri pensieri, non prende in considerazione l’evasione dal carcere a cui è stata costretta. Mi hanno presa, pizzicata, afferrata, mi hanno acchiappata dice di sé come direbbe di sé chi viene spinto in una cella ma – dalla cella – la donna non si sottrae, non si allontana.

Fatti, controfatti e un parere

I fatti (la versione del Teatro Stabile di Napoli)
“Il Teatro Stabile di Napoli ha come obiettivo – con la domanda 2015 da presentare entro il 31 gennaio 2015 – il riconoscimento di Teatro Nazionale” e, per ottemperare al “requisito indispensabile” (almeno il 50% del personale amministrativo e tecnico deve essere assunto con contratto a tempo indeterminato) procede “a un adeguamento della struttura organizzativa”. In data 12 novembre 2014 – ottenuta nella settimana precedente l’assegnazione di sei milioni di euro “di fondi finanziamento PAC” – il CdA dello Stabile prende atto “del fabbisogno di personale” e fissa “i criteri di reclutamento”: “procedura ad evidenza pubblica al fine di garantire trasparenza e correttezza”; “affidamento ad agenzia specifica per la preselezione delle domande”; “presenza di un garante in seno alla commissione” per la valutazione finale (che avviene per colloquio). Una settimana ancora e – nella riunione del CdA del 18 novembre 2014 – viene stabilito in quindici il numero di nuove unità da contrattualizzare, dotando dunque lo Stabile di un “personale fisso” che “passa da 15 a 30”. L’agenzia che si occupa della “preselezione” è l’Adecco Italia Spa: l’unica in grado di garantire “l’erogazione del servizio nei tempi richiesti” e secondo il preventivo effettuato.

Pirandello d'annata (1923)

Pochi sanno che – nell’agosto del 1915 – Luigi Pirandello incontra sua madre, morta pochi mesi prima. Si tratta di una rievocazione letteraria e avviene in Colloqui coi personaggi: Pirandello se la rivede, quest’ombra diventata “ombra solo da jeri”, seduta sul seggiolone della casa di Girgenti, investita d’un riflesso caldo di sole, “fragrante di mare”, accanto a una vetrinetta piena di suppellettili da cucina mentre – dalla grossa finestra – entra il rumore dei carri, della solita vita. “Ma come Mamma, tu qui?” dice Pirandello, preso da una tristezza infinita, da un abbattimento letale. Muore così una seconda volta la madre – ci dice il racconto – giacché riapparendo com’era allora, la Madre certifica che quel tempo di Girgenti è finito, che Pirandello adesso deve pensarla defunta, sparita per sempre, diversa da com’era e da come continuava ancora a immaginarsela lui: nel sole, sul seggiolone, accanto alla vetrinetta. “Quella stessa realtà di vita che per tanti anni, così da lontano, t’ho data sapendoti realmente seduta là in quel cantuccio” adesso termina e Pirandello ne piange: “piango” – le dice – perché tu non puoi più dare “a me, alla mia realtà, un sostegno, un conforto”. Piange perché è costretto a prendere atto del presente, facendo terminare il passato.

Montaggio teatrale

Mi sono interrogato per più di un giorno intero e ho iniziato la recensione molte volte. L’ho scritta, finita, firmata, poi l’ho cestinata. In quell’articolo – che non sarà quest’articolo – c’era la trama, le sue traiettorie rigorose, il racconto di una struttura drammaturgica che mi sembrava costituita da sei personaggi e, in particolare, da due coppie speculari e una figura a fare da perno, da fulcro, da congiunzione. Un articolo complesso, difficile da leggere, nel quale non c’era un’analisi lineare ma una frastagliata offerta di contenuti, di traiettorie, di prospettive. Quell’articolo rifletteva – di fatto – la natura apparente dello spettacolo di Benedetto Sicca, Il silenzio dei cassetti.

il Pickwick

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