“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Tuesday, 01 October 2013 02:00

Parola allo sconfitto

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Tra il foyer e la sala teatrale di Officina Teatro c’è una serranda da magazzino. “Buona visione” ci augurano prima di sollevarla e noi entriamo come se entrassimo in un negozio appena aperto, guardandoci intorno in cerca di qualcosa di sorprendente che catturi la nostra immaginazione. La mia l’ha già catturata il titolo dello spettacolo. Luci della città. Chaplin/Cucchi. Stefano Cucchi potrebbe essere uno dei personaggi ai margini dei film di Chaplin, mi convinco, ma perché l’unica interprete dello spettacolo è una donna? Me lo domando più di una volta, provo ad immaginare una simbologia, un racconto della vicenda con occhi femminili, forse con lo sguardo di Ilaria. Non vedo l’ora che cominci e lei è già lì in scena mentre prendiamo posto, ci dà le spalle. Pochi minuti e dimentico che si tratta di una donna.

Se il mondo fosse un palcoscenico, come amava dire Shakespeare, un regista sarebbe in grado di fare chiarezza sugli eventi utilizzando le luci. Quell’angolo va illuminato e quella zona buia in fondo alla sala ha bisogno di una luce più forte. Potrebbe indicare il giusto modo di comportarsi, le risposte da dare, le azioni da compiere per non sbagliare. Come Francesca de Nicolais che facendo Chaplin ridirige la scena in cui Charlot partecipa ad un incontro di boxe. Sceglie in quale punto deve partire la musica, quali movimenti deve compiere il suo personaggio, quando musica e luci devono spegnersi. La cosa si complica quando i panni di Charlot cadono e l’attrice deve indossare quelli di Stefano Cucchi. Abiti grandi, più delle scarpe del vagabondo. Stefano era dimagrito tanto, in poco tempo. Pesava cinquantadue chili o forse soltanto quaranta, era celiaco, epilettico e altro. Stefano aveva un cane e una sorella.
Quel palcoscenico, percorso avanti e indietro in pochi passi, nervosamente, è l’unico luogo in cui Stefano può tornare e raccontare come sono andate le cose. Le luci della città-palcoscenico fanno chiarezza su quello che lo Stato vuole che resti un mistero. Secondo la sentenza del processo Cucchi, Stefano non è stato percosso a morte ma è deceduto per sindrome di inanizione. I colpevoli sono i medici che non gli hanno saputo apportare le giuste cure, innocenti tutti gli altri, infermieri e poliziotti. Allora Stefano prende la parola, grida che si sono accaniti contro di lui, che i poliziotti l’hanno picchiato, che l’hanno ammazzato. Lo spettacolo è breve, c’è poco da dire e bisogna dirlo urlando, davanti a tutti. Che nessuno creda alle bugie che raccontano di un giovane che si è lasciato morire.
Il teatro e l’interpretazione di Francesca de Nicolais restituiscono a Stefano Cucchi la sua umanità. Non è più soltanto un nome nel lungo elenco degli omicidi di Stato. È un ragazzo di Tor Pignattara che ama passeggiare col suo cane, tifa la Lazio e si dichiara tossicodipendente davanti ai giudici. È un ragazzo che si preoccupa della reazione di sua madre quando lo vedrà così dimagrito. È un ragazzo spaventato e attaccato alla vita. Gli altoparlanti trasmettono l’audio dell’interrogatorio subito da Stefano al momento dell’arresto, così alla voce dell’attrice si mescola la voce vera del ragazzo romano. Lo spettacolo è breve e quando l’attrice in scena dice: “è finito!” è il nostro turno.
L’applauso è lungo.

 

 

 

Festival Ouverture
Luci della città. Chaplin/Cucchi
regia
Pino Carbone e Francesca de Nicolais
con Francesca de Nicolais
produzione o.n.g Teatri ex asilo Filangieri
durata
20'
San Leucio (CE), Officina Teatro, 26 settembre 2013
in scena
26 settembre (data unica)

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