“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Friday, 10 July 2020 00:00

Chi vende e chi compra

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Il cortile interno di Palazzo Reale di Napoli contiene il palcoscenico allestito per lo spettacolo Nella solitudine dei campi di cotone di Bernard-Marie Koltès, in scena per il Napoli Teatro Festival Italia 2020, scabro nella scenografia per effetto dei decreti governativi conseguenti al Covid-19, ma volutamente essenziale perché sulla scena possa parlare solo il testo, pièce ambientata in un posto non precisato di un tempo imprecisato, anche se il luogo è chiaro e l’ora è il crepuscolo.

Sulla sinistra del palco un lungo tendaggio rosso è un vero e proprio sipario che copre un angolo delle pareti nere che si mescoleranno al buio della notte reale, mentre poco più avanti due grossi riflettori da scena sono puntati quasi davanti alla platea, seppur di sbieco. L’attrice Federica Rosellini è già in scena all’ingresso del pubblico, indossa un abito settecentesco con l’ampia gonna che poggia su una struttura metallica e cammina lenta sul palco, in attesa. Il suo ruolo è quello che nel testo di Koltès è chiamato ‘Dealer’, venditore, commerciante che il regista Andrea De Rosa ha voluto interpretare in chiave femminile, giacché non vi sono didascalie che ne attribuiscano il sesso.
Se la sinossi può essere sintetizzata in poche righe perché l’unica azione che i personaggi compiono, il Dealer e il Cliente, è incontrarsi, è l’interpretazione a diventare complessa perché il testo è tra le opere più difficili dell’autore che nelle sue quindici opere ha affrontato temi di estrema attualità come il razzismo, la lotta di classe, l’omosessualità, la violenza contro il diverso, e in quest’opera il tema dominante sembra essere la solitudine, come evocato anche nel titolo. Questo stato dell’io diventa esistenziale e si definisce con perimetri ben definiti quando si incontra con l’altro, portatore di una sua propria solitudine pronta ad offrirsi come merce. Le battute iniziali della pièce sono strutturate come dei monologhi, dalla sintassi articolata, prevalentemente ipotattica, periodi densi di parole precise, spesso allusive. Il primo monologo è del Dealer che subito rivela la sua identità di commerciante offrendo tutto ciò che il cliente desidera, prima ancora che lui proferisca parola. Questa battuta è pregna del termine “desiderio”, motore primo delle azioni umane, regola basilare dei rapporti commerciali, che il venditore può soddisfare qualunque esso sia. In quest’aria senza tempo di questo strano incontro, è l’ora del crepuscolo, l’ora “dei rapporti brutali fra gli uomini e gli animali”.
L’accento sulla brutalità dell’incontro si ripresenta anche nelle battute successive, il mondo animale è preso in prestito per descrivere le regole del vivere tra gli uomini, definisce il mondo di appartenenza perché ha una sua violenza “naturale” non dissimile dalle relazioni interpersonali. Il Dealer non si pone con l’aggressività dell’avido e scaltro commerciante, ma con umiltà, sembrerebbe quasi con dolcezza, lasciando al Cliente l’essere arrogante, in un gioco di ruoli che poi si scambierà nel corso del dialogo serrato tra i due. Addirittura il venditore offrirà la sua merce con “dolcezza, rispetto, affetto”, senza mai accennare a quale merce si stia riferendo. Una tale disponibilità spiazzerebbe il Cliente, l’attore Lino Musella, che si avvicina lentamente al palco, proveniendo dalla platea. Invece nella seconda battuta-monologo, egli sottolinea la propria estraneità a qualsiasi trattativa in quello che per lui non è un incontro, ma una deliberata intromissione nel suo cammino da un punto ben preciso ad un altro. Anzi precisa che in lui non vi è alcun desiderio da soddisfare, nemmeno recondito o inconscio e quella trattativa strana non può verificarsi.
Quell’incontro che ha posto il Dealer sul suo cammino non è determinato dalla sua volontà, come sostiene l’altro, ma dalla forza di gravità che lo ha fatto scendere dall’alto sul suo cammino per una strada sconosciuta di un posto a lui estraneo. Il Cliente ragiona con strumenti razionali, scientifici mentre il Dealer punta sulla “vendita” toccando i tasti del sentimento, cercando spesso un lessico che sia lirico, insistendo che la linea curva che li ha fatti incontrare è “fatale”, del Fato. Il Cliente non è disposto ad ammettere di avere desideri leciti, nemmeno illeciti, anche se è molto evidente che la merce sia tale, ciò fa dedurre che sia un uomo integro, non disposto a compromessi o a vendersi per poco e rintuzza il Dealer che controbbatte, argomenta, sillogizza. Sono d’accordo entrambi che le azioni umani e animali sono oscure, sono avvolte dal mistero e dal buio da cui nasce una regola: “Fra due uomini che si incontrano bisogna sempre scegliere di essere quello che attacca”, e lui ha scelto di attaccare per primo.
Musella ha una recitazione limpida e possente quando attacca il Dealer, controllata nell’argomentare il suo rifiuto a manifestare un desiderio da soddisfare. In realtà non è la paura della strana compravendita o della sofferenza che accomuna uomini e animali sulla terra, ma è l’incompiutezza la vera crudeltà, lo scoprirsi incompleti, desiderosi di ciò che li completi, definiti come errore. Il dialogo a questo punto diventa più serrato, il Cliente sembra ancora restio a cedere, ma coinvolto in questa trattativa oscura eppure ben chiara ai due referenti. Tutto avviene mentre l’azione scenica non è assolutamente statica, anche se le linee rette dei due riflettori sembrano disegnare una porta e il sipario un comodo rifugio al Dealer, ma i due attori si muovono misurando lo spazio sospinti dalla musica delle Variazioni Goldberg di Bach suonate da Glenn Gould che il regista De Rosa vede come un terzo personaggio sulla scena.
La scelta del ruolo femminile aggiunge seduzione nella chiave interpretativa del rapporto uomo-donna attribuendo complessità al buio e al mistero che avvolge i due personaggi, come anche la scelta dell’abito colloca tutto in quell’aria di atemporalità che contraddistingue il testo. La pièce si conclude con battute sempre più brevi che accennano al mistero della vita con una bellissima frase del Cliente: “No, lei non potrà compiere niente che sia già compiuto, perché l’uomo prima muore, poi cerca la morte e alla fine l’incontra, per caso, nel tragitto casuale da una luce a un’altra luce, e dice: allora, tutto qui?”.
Il regista ha portato in scena il testo nella sua integrità, dando solo quelle letture diverse di cui si è già detto, considerandolo già completo ed estremamente attuale. Lino Musella si conferma un attore eccezionale nell’interpretazione, mentre la Rosellini ha peccato solo nell’indecisione di alcune battute, soprattutto negli attacchi.





Napoli Teatro Festival Italia
Nella solitudine dei campi di cotone
di Bernard-Marie Koltès
traduzione Anna Barbera
regia Andrea De Rosa
con Federica Rosellini, Lino Musella
progetto sonoro G.U.P. Alcaro
disegno luci Pasquale Mari
assistente alle luci Andrea Tocchio
assistente alla regia Thea Dellavalle
assistenza ai costumi Bàste
costume di Federica Rosellini Sartoria Tirelli SPA
foto di scena Salvatore Pastore
produzione Compagnia Orsini
paese Italia
lingua italiano
durata 1h 30’
Napoli, Palazzo Reale − Cortile delle Carrozze, 6 luglio 2020
in scena 6 luglio 2020 (data unica)

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