“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Tuesday, 11 June 2019 00:00

Libertà e illibertà secondo Carullo-Minasi

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"Tuttu sta cumu unu li cunta, li cunti".


 
Spartiacque della messa in scena, svelamento dell’inganno, riflessione teoretica sulla Vita e sull’Arte: esce dalla bocca del padrone diventato servo, uno dei quattro protagonisti del nuovo spettacolo di Carullo-Minasi, portato in anteprima (anticipato dallo studio Bastasi) all’ultima edizione di Primavera dei Teatri, al centro di un monologo fluviale che inizia con le luci ancora accese in sala, dando il via ad un sopraffino gioco metatestuale.

Perché si, Patruni e sutta è un (bellissimo) gioco: a partire dalla trama, che rilegge in maniera calligrafica e personalissima L’isola degli schiavi di Marivaux, nella quale una coppia di padroni e una di servi approdano su un’isola sulla quale i ruoli, per legge, vengono invertiti. Facendo però velocemente fermentare sul terreno i semi della dialettica hegeliana, mentre i due autori/attori scivolano dentro e fuori il testo per mettersi in gioco, trattando i temi a loro cari (l’accettazione di sé stessi e del diverso da sé, il superamento delle ipocrisie quotidiane) ma vestendoli di nuovo: in tutto questo humus così profondamente intenso, quello che più colpisce è l’estrema amalgama che Carullo-Minasi fanno di tutti i (tanti) temi e suggestioni trattati, innestando una riflessione gigantesca e onnicomprensiva sul potere delle parole. C’è Shakespeare, a metà strada fra la Tempesta, La dodicesima notte e Sogno di una notte; c’è Arlecchino, servo di due padroni; c’è Freud, il teatro elisabettiano, Marx, e c'è Hegel, non solo con la sua dialettica servo-padrone ma anche con il suo significato di autocoscienza. Che smette, nella sua Fenomenologia come in Patruni e sutta, di essere solo “coscienza di sé”, ma acquista un valore sociale e politico: perché raggiunta solo con il confronto della propria esistenza con quella degli altri. Ed è un riconoscimento che avviene non più e non solo attraverso l’amore, ma anche e soprattutto attraverso la lotta: facendo subentrare qui Freud e la lotta di classe marxista imbrigliata nelle teorie sessuali freudiane. “L’uomo, così orgoglioso della sua libertà di pensiero e di scelta, è in realtà un burattino” dice lo psicanalista austriaco; “nessuno è più schiavo di chi si considera libero senza esserlo” sostiene invece Trivellino, maschera molto vicina e simile ad Arlecchino. E nell’ultimo, agghiacciante quadro, è proprio il sesso freudiano carico di simboli e sottotesti ad investire con violenza il discorso filosofico, perché dietro ogni lotta di classe c’è sempre una sopraffazione sessuale, un impulso, un’angolazione oscura. Chiudendo così il cerchio, con il servo padrone agghiacciato dopo aver capito l’illusorietà dell’utopia: tornando ad Hegel, l’incontro tra i due opposti non può che portare ad una conclusione, ovvero scoprire che la superiorità di uno non gli assicura il controllo del mondo che aveva tentato di ottenere.
Patruni e sutta vive tramite questi incastri, che sono echi neanche troppo lontani: e assume dimensioni importanti una volta sedimentato, con un testo che partendo dal rapporto servo-padrone scivola senza soluzione di continuità dalla commedia al dramma.
Una scena scarna − quattro scatoloni con scritte patruni e sutta su entrambi i lati e un sipario che scende giù e alla fine cade a terra − per scarnificare il senso e rimontarlo, una lotta mortale fatta solo a parole ma che delle parole rivela la potenza: in questo fermento, il sorriso si tramuta in una smorfia di orrore. Degli altri, certo. Ma anche e forse soprattutto di sé stessi.






Primavera dei Teatri
Patruni e sutta − peripezie della libertà e dell’illibertà
adattamento da L’isola degli schiavi
di
Pierre de Marivaux
interpretazione e testi
Giuseppe Carullo, Cristiana Minasi, Gaspare Balsamo, Monia Alfieri
regia
Carullo-Minasi
scene e costumi Cinzia Muscolino
disegni luci Roberto Zorn Bonaventura
assistente alla regia e alla scrittura scenica Elena Zeta
consulti filosofici Giulia Merlino
produzione La Corte Ospitale, Carullo-Minasi
lingua
italiano
durata
1h 5'
Castrovillari (CS), Sala Consiliare, 31 maggio 2019
in scena 31 maggio 2019 (data unica)

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