“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Monday, 01 September 2014 00:00

ART 3.0: AutoRiTratto di Carlo Maltese

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Carlo Maltese (Firenze, 1947) artista, designer, professore per più di trent'anni negli istituti di istruzione artistica, collaboratore per progetti e riviste di architettura, vanta al suo attivo, negli oltre quarant'anni di attività, numerose partecipazioni ad eventi nazionali ed internazionali, nonché alcune personali in prestigiosi spazi espositivi e musei. Di natura introversa e autodidatta per vocazione, nonostante i titoli di studio conseguiti e i continui aggiornamenti, fin da giovanissimo si accosta a tematiche che, come ebbe a scrivere Lara Vinca Masini nel 1973, “hanno più riferimento all'estero, per esempio con il “nouveau-réalisme” francese, che non in Italia”.

Più recentemente (2009) Paolo Levi, nella annuale pubblicazione curata da Giorgio Mondadori, La Nuova Arte, così scrive: ”il fascino della sua arte, essenziale ed esplicita, sta nella struttura a comparti, contenitori di stilizzazioni e di forme, che segnano il confine tra ciò che l'artista propone e ciò che ci lascia solo intuire... queste teche sono aperte su qualcosa di intimo che coinvolge per il rigore estetico e per la sintesi degli elementi”. Anche Francesco Gurrieri (Art Diary Critic, 2009), in un passaggio della sua nota critica su Maltese, così commenta: “ebbene queste ultime opere del nostro artista sono le tracce di una società al crepuscolo: una società il cui ultimo esito sono questi “fiori del male“ (Baudelaire), questo viaggio attraverso la marginalità residuale, unica via, forse, per una non facile riconciliazione col nostro tempo e con quella cultura (umanistica e rinascimentale) in cui il Maltese aveva creduto, approntandovi la sua aspettativa di vita, aspettativa andata quasi totalmente perduta”. Già citato nei Cataloghi dell'Arte Moderna della Mondadori, n° 47, 48 e 49, a partire dal 2011, l'artista, pur conservando nelle sue opere un carattere fortemente progettuale e di natura materica, sperimenta un nuova riflessione su l'objet-trouvé accostandone il significato di scarto a quello di architetture allo stato di rudere. (Ferrara, Salone del Restauro – 28/31 marzo 2012). Dal 2011 ha realizzato più di quindici personali esponendo in molte città italiane ed europee. Le sue opere si trovano in collezioni private in Cina, Giappone, Australia, America ed Europa.

Quando ti sei accorto di voler essere un artista?
L'artista non decide di esserlo, ma al contrario vive in una condizione esistenziale che traguarda il suo volere. Egli possiede una particolare sensibilità che lo rende consapevole, fin dall'adolescenza, della sua “diversità” che nasce e si evidenzia dal confronto con chi non lo è.
(guarda il link)

Quali sono i passaggi fondamentali della tua evoluzione artistica?
Sono almeno tre, ma non credo tutti evolutivi. Il primo coincide con l'identificazione con ciò che la gente normalmente butta via: i rifiuti. Immedesimarsi con la spazzatura è un'esperienza di una bellezza unica e straniante. Sicuramente formativa. Il secondo passaggio avviene con la scoperta di un erotismo periferico, consumato ai margini delle grandi città, durante il servizio militare a Roma. La bellezza delle periferie romane descritte superbamente nei romanzi di Pasolini è stata spesso motivo di ispirazione per le mie opere giovanili. Con il terzo, che dura a tutt'oggi, intendo approfondire entrambi questi due sopracitati “mondi” rivisitati e arricchiti da un'ottica diversa, mettendoli a confronto con la storia e la cultura facente parte del nostro patrimonio conoscitivo e umano.

Hai dei modelli a cui ti sei ispirato e perché?
Palesemente no, anche se qualcuno (Lara Vinca Masini) ha accostato il mio lavoro a quello dell'americano Edward Kienholz. Tuttavia è implicito che nella formazione di un artista è quasi impossibile non trovare dei riferimenti culturali, delle citazioni. I film di Fellini e di Antonioni, la poesia da Leopardi a Prévert, le musiche da Wagner a Čajkovskij o ai Rolling Stones, i testi da Jung a Sartre, da Kierkegaard a Hillman, tanto per citare qualcuno, sicuramente avranno contribuito a formare il mio pensiero e quindi anche influito sul mio lavoro.

Cosa pensi del mercato dell'arte, quali sono i limiti e quali le potenzialità?
Per Firenze, ma la situazione è simile anche in altre città, il mercato sembra interessarsi soltanto agli artisti, pochi per la verità, già noti e quotati. È un mercato senza coraggio, così come sono senza coraggio molti critici o curatori di nome. Investono nello sconosciuto solo se giovane e di talento, talento spesso creato ad arte per investimenti sicuri. Gli altri è come se non esistessero. Lo stesso vale per i galleristi interessati solo a sopravvivere spillando soldi agli artisti o presunti tali. Le potenzialità, al momento, non le vedo.

Se tu potessi suggerire un'idea per valorizzare gli artisti contemporanei cosa suggeriresti?
Non esistono artisti contemporanei e artisti non contemporanei. L'arte è sostanzialmente un fenomeno di cultura e come tale è legata al proprio tempo. Pertanto gli artisti sono solo e soltanto quelli che cercano di esprimersi usando dei linguaggi visivi più recenti (grosso modo riferibili a quelli dalla fine degli anni '60 in poi) confrontandosi con tematiche esistenziali, filosofiche o sociali relative al nostro tempo. Sono spesso ricercatori, molto sensibili a captare forti emozioni e motivi d'interesse lì dove altri non vedono che il nulla. Del resto, come recita la scritta di Maurizio Nannucci sulla facciata della GAM di Torino, “Tutta l'arte è stata contemporanea”. Pertanto, i non contemporanei, sono al massimo dei bravi mestieranti che vivono plagiando ciò che altri hanno fatto prima di loro (Paul Gauguin).
Già la diffusione di questa importante distinzione, che stenta ancora ad essere compresa dai più, basterebbe a valorizzarli.

Qual è l'opera tua o di altri a cui sei più legato e perché?
Sicuramente Scandal at the Academy Gallery of Florence. Questa scultura da parete – prossimamente in mostra permanente presso il Museo Bellini, nel Lungarno Soderini, a Firenze − ­ intende denunciare ironicamente e in maniera scandalosa il cosiddetto “turismo di massa“ che spesso è accompagnato da incredibile superficialità e ignoranza, su ciò che viene loro mostrato.

Se potessi scegliere, dove vorresti esporre e perché e in quale periodi dell'anno?
A New York. Da più parti sento dire che in quella città il mio lavoro troverebbe il giusto riconoscimento, non solo critico ma anche economico. Il che, con i tempi che corrono, non guasterebbe.

Secondo te si può vivere di arte in Italia?
Oggi è molto più difficile. Fino a qualche anno fa, soprattutto andando incontro al gusto del pubblico, cioè prostituendosi, era ancora possibile. Recentemente ho visto qualcuno vendere una tela di medio formato a 150 o 200 euro. Ma quello non è vendere. È svendersi.

Nel processo di crescita e nel tentativo di affermazione e diffusione del proprio lavoro quali sono le difficoltà che, più spesso, incontra un artista?
La carenza di validi “sponsor” in grado di sostituirsi al mecenatismo di un tempo. Ma anche la necessità di avere un capitale – anche modesto – al quale attingere per produrre opere sempre nuove da poter esporre.

Cosa potrebbe essere migliorato nella comunicazione dell'arte?
Manca una politica capace di creare un nuovo modello culturale che si sostituisca a quelli, tanto per citarne due, della velina o del giocatore di calcio, come esempi per far soldi subito. Aver impostato la nostra esistenza sul potere di acquisto ha finito per cancellare quegli ideali di miglioramento spirituale e di sana competizione culturale dei quali soprattutto i giovani ne stanno facendo le spese. Fare arte ci migliora, non perché guadagneremo di più o perchè diventeremo famosi, ma perchè ci fa provare autentiche emozioni che rimarranno scolpite per sempre nel nostro cuore e nella nostra mente e, si spera, anche in chi si fermerà a guardare il risultato del nostro lavoro (guarda l’intervista).

Puoi indicarci un pregio e un difetto della critica d'arte?
Il critico d'arte è figura ormai obsoleta. Oggi è solo il curatore che fa il bello o il cattivo tempo. L'esaltazione critica di un artista è spesso legata a fenomeni di tutt'altra natura come, ad esempio, falsi collezionisti dietro cui si celano autentici investitori, multinazionali interessate a trarre profitto esclusivamente da un determinato autore, mercanti d'arte che pilotano gli investimenti. Tuttavia esistono casi ormai consolidati (Burri, Bonalumi, Castellani, Fontana, Giacometti, Schifano e tantissimi altri) in cui il giudizio critico positivo trova l'avvallo finanziario degli investitori soprattutto a livello internazionale. Ma poi il vero valore lo si vedrà nel tempo...

Cosa vorresti che i lettori conoscessero di te e della tua arte?
La sincerità disarmante che sta alla base del mio lavoro e ch'è fortemente legata ad avvenimenti traumatici che hanno caratterizzato e caratterizzano tuttora la mia esistenza. La licenza di poter usare qualsiasi medium espressivo evitando il più possibile di sentirsi legato ad uno “stile”. Il giusto riconoscimento di una coerenza che dura da una vita. La libertà di poter trasgredire in arte fino alla fine... per sempre.

Infine, che domanda vorresti che ti venisse rivolta durante un'intervista?
Ma in fondo... cos'è l'arte?

 

 

 

 

Art 3.0 − AutoRiTratti
Carlo Maltese
in collaborazione con Fiorgen Onlus, Accademia dei Sensi
opere nelle immagini Uscita di sicurezza (2011); Assenza (2011); OOOH... yes?? Scandal (2009); Memory (s.d); Cenerentola duemiladieci (2010)
website http://www.carlomaltese.it



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