Letteratura La bottega dei libri
«Narravano che la più misteriosa tra le botteghe fosse la bottega dei libri: da essa pare venisse un diabolico miscuglio di trame e vicende che contagiava i passanti più frettolosi tramutandoli in lettori accaniti».
Silvio D’Arzo è un riflesso, una patina momentanea ed incerta, un’immagine veloce, pulviscolare, furtiva. Somiglia a certe figure che – per sbaglio – appaiono in uno specchio o in una vetrina per poi sparirne in un attimo o a certi passanti che, in strada, ti sfiorano il gomito ma di cui senti l’esistenza soltanto quando hanno già voltato l’angolo. Come fatto di fumo, di polvere, di materia che non è davvero toccabile o come inevitabilmente sbiadito, in penombra, posizionato di lato, Silvio D’Arzo appare senza apparire, presenzia senza imporre la propria presenza, si manifesta latitando, parla rimanendo in silenzio, riempie uno spazio che tutti continuano a considerare uno spazio vuoto.
Friedgard Thoma. Per nulla al mondo: un amore di Cioran
Written by Rosella Ricci del Manso"Ascolta, non parlarne a nessuno, ma io amo molto la vita".
Confidenza di Cioran a Costantin Noica
"Lei è diventata il centro della mia vita, la dea di uno che non crede in nulla, la più grande felicità e sventura che mi sia capitata".
Emil Cioran a Friedgard Thoma (dalla lettera del 17 Luglio 1981)
"L'amore – un incontro di due salive... Tutti i sentimenti attingono il loro assoluto dalla miseria delle ghiandole".
Emil Cioran, da Sommario di decomposizione
fra queste due frasi un abisso? no. Un amore. È sempre la stessa persona che parla, rivelando di sé qualcosa che in pubblico è sempre stato taciuto e negato ma che in privato non ha mai smesso di essere.
|Nel bel mezzo dell’inverno ho infine imparato che vi era in me un’invincibile estate. − Albert Camus|
Non avrei mai pensato che un giorno avrei inserito nelle mie letture l'autobiografia di un tennista e ancora più impensabile è che da quella lettura sarei stata affrontata e battuta con un umiliante 6-0 6-0, un ko a tutti i miei preconcetti.
Le ragioni di tanto scetticismo avevano origini lontane e quasi talmudiche. Un certo scrittore, David Foster Wallace (prometto dura poco questa divagazione), era uno che amava il tennis come pochi, era anche uno che l’aveva praticato a livello agonistico e che infine ne ha scritto talmente tanto e talmente bene da spingermi ad iscrivermi ad un corso estivo di tennis. Sempre questo scrittore, però, aveva puntato un minaccioso dito verso le autobiografie degli sportivi con una sorta di anatema del tipo: "guardatevi dalle autobiografie, a me hanno spezzato il cuore non consentite loro di spezzarlo anche a voi”; questo anatema è stato lanciato in un racconto dal titolo Come Tracy Austin mi ha spezzato il cuore, e non si tratta di una storia romantica strappalacrime ma dell’esperienza vissuta dallo scrittore durante la lettura della tanto attesa autobiografia della sua tennista preferita, Tracy Austin, appunto.
Vi siete mai sentiti avversari? Sento già le risposte: io ho avversari politici, io calcistici… queste però implicano un altro con il quale confrontarsi. Dico, avversari di voi stessi. Proviamo a riformulare la domanda utilizzando un supporto letterario, da non regalare a chi deve affrontare alcuni delicati giorni di degenza ospedaliera (significherebbe assestargli il colpo di grazia). Ecco qui: avete mai vissuto un solo giorno come Jean-Claude Romand, il personaggio di Emmanuel Carrère? Personaggio mica tanto, visto che la storia è cronaca francese a 360 gradi di cui i transalpini parlano, o tentano la rimozione, quanto da noi è stato, che ne so, per la banda della Magliana. Leggete il romanzo o recuperate il film con Daniel Auteuil. Anzi, leggete il romanzo, il film è mediocre. Per l’appunto: L’avversario. In Italia uscì per Einaudi e oggi lo ha ripubblicato Adelphi.
Cataloghi impossibili e singolari biblioteche
Written by Livio SantoroOgnuno di noi, al di là della sua specifica occupazione e della sua disposizione esistenziale, è più o meno funestato da dubbi e incertezze circa il proprio mondo, chiunque, in un modo o nell’altro, è temporaneamente afflitto da domande che all’apparenza possono sembrare anche innocue, talvolta addirittura scherzose. Domande che tuttavia portano con sé tutto il peso grave delle cose in quanto tali.
“Amanti del piacere d’ogni età e d’ogni sesso, è a voi soli che dedico la mia opera: nutritevi dei suoi princìpi, essi favoriscono le vostre passioni, e queste passioni, che i freddi e piatti moralisti vi dipingono come spaventose, altro non sono che i mezzi di cui la natura si serve per condurre l’uomo a realizzare i disegni che essa stessa ha su di lui; non ascoltate dunque che queste passioni deliziose; esse sono il solo strumento che deve portarvi alla felicità”.
(La filosofia nel boudoir, 1795, in Justine e altri scritti, p. 24)
- Sade
- Erotismo in Letteratura
- Antonio Russo De Vivo
- La filosofia nel boudoir
- libertini
- libertinismo
- Rivoluzione francese
- sadismo
- SaintJust
- Maurice Blanchot
- Albert Camus
- divin marchese
- Lautréamont
- Gilles Deleuze
- Simone de Beauvoir
- Roland Barthes
- Michel Foucault
- Pier Paolo Pasolini
- Justine e altri scritti
- L'uomo in rivolta
Io so che questa tristezza infastidisce mio marito
Written by Alessandro ToppiLa convivenza con una donna che mi è spiritualmente
estranea, cioè con lei, è terribilmente disgustosa.
(Lev Tolstoj, Diari)
Che cosa mi ha dato il matrimonio? Un bel niente. In
compenso ho avuto un’infinità di sofferenze.
(Lev Tolstoj, Quaderno di appunti n.5)
(Astapovo, 7 novembre 1910)
Si è dichiarato, parlando ai miei genitori apertamente. La voce, come un uccellino di bosco, pigolava le formule consuete d’amore, rispetto, di devozione. Seduto come uno scolaro, teneva le mani intrecciate alle gambe, come fosse in preghiera. Lo sguardo, imbarazzato, fissava stupidi dipinti senza valore. Ha bevuto attendendo che il fumo del samovar si diradasse, pizzicando con le labbra la tazza per poi accorgersi ch’era bollente e che avrebbe dovuto attendere ancora qualche secondo. Indosso aveva: pantaloni verde scuro di fustagno, stivali di pelle rigida, una grossa cintura nera, nero il gilet su di una camicia verde acqua, meglio: verde come certe foglioline primaverili. Un cappello, alla maniera cittadina. Un cappotto, alla maniera cittadina. Un sigaro, alla maniera cittadina. Io non ho preso parola, come se non mi riguardasse ma – sotto il vestito di lana sottile – sentivo il battito farsi un rimbombo.
Due strati di “verosimile” per capire che resistere non serve a niente
Written by Marco CaneschiSi può partire da una nota al testo per un libro che ha perfino vinto uno “Strega”? Il libro di Walter Siti Resistere non serve a niente.
Lo faccio in maniera pretestuosa, d’accordo, eppure una parola che vi si legge sta agendo con cinico accanimento sulla mia riflessione: “verosimile”. Una categoria messa a repentaglio dal vero, o il realistico allo stato puro, e il totalmente inventato. Una categoria insana, selvatica, che però fa la differenza: un grande scrittore è colui che sa gestire, plasmare il “verosimile”, ovvero rendere ancora più credibile e accettabile del vero ciò che racconta.
Cargo di Matteo Galiazzo: storia di un romanzo esploso
Written by Grazia LaderchiCome sia arrivata ad impossessarmi di Cargo nella sua irreperibile versione cartacea è una cosa che non posso nemmeno cominciare a raccontare, servirebbe un articolo a sé che intitolerei Come sono riuscita ad accaparrarmi Cargo in cartaceo e avrebbe il sapore di un fantasy talmente fantasy da risultare troppo poco credibile. Quindi non funzionerebbe.
Comunque niente paura, a voi non toccherà, se vorrete leggere questo libro, trattare con un pusher un po’ nerd che spaccia libri introvabili (peccato per voi però), dato che da poco è stato ristampato in ebook al prezzo di un caffè, tra l’altro.
- Matteo Galiazzo
- Cargo
- escher
- bach
- hofstadter
- David Foster Wallace
- Don DeLillo
- la stella di ratner
- tutto, e di più storia compatta dell'infinito
- Kurt Gödel
- una particolare forma di anestesia chiamata morte
- Il mondo è posteggiato in discesa
- frattali
- Pasolini
- Pirandello
- Hemingway
- Proust
- salinger
- hesse
- hugo
- primo levi
- tolstoj
- conrad
- fenoglio
- kerouac
- carver
- einaudi editore
- Laurana Editore
Henri Michaux (1899-1984) è uno scrittore e pittore francese noto ai più per aver sperimentato la mescalina e per averne scritto. Il saggista torinese Elémire Zolla lo cita nella sua antologia Il dio dell’ebbrezza come colui che “con un nuovo estro, esplorò vari tipi di intossicazione da droga” (p. CV), e riporta un brano, Miserabile miracolo (tratto da Brecce, Adelphi, 1984), in cui Michaux dice di aver preso, dell’allucinogeno, una dose sei volte maggiore di quella sufficiente e ne descrive gli effetti come un lungo supplizio:
... "Egli era vicino ai trentacinque anni, e noi perciò lo consideravamo un vecchio. L'esperienza gli dava molti vantaggi rispetto a noi; inoltre la sua abituale tetraggine, i modi bruschi e la lingua maligna avevano un forte influsso sulle nostre giovani intelligenze. Una certa misteriosità circondava il suo destino" ...
I capelli castano scuro, con tinte di marrone che si fondono al nero, e ricci in una maniera insolita, inadatta tanto a un russo quanto ad un europeo; la carnagione ambrata, colorita dalle discendenze africane, le labbra rosse e larghe, il profilo marcato, le grosse sopracciglia, i denti bianchi come fossero schegge smaltate di marmo, gli occhi d’un grigio sfumato in azzurro, la peluria sul mento, due favoriti ad accentuare il tratto maschile. Unghia lunghissime, volutamente: per qualcuno erano artigli. Braccia grosse, simili a zampe.
- Aleksandr Sergeevič Puškin
- duello
- George Byron
- Natal'ja Nikoloevna
- Wilhelm Küchelbecker
- Modest Andreevič Korff
- Ivan Sergeevič Turgenev
- Baden Baden
- La pistolettata
- Eridano Bazzarelli
- Giovanna Spendel
- Leone Ginzburg
- Serena Vitale
- Il bottone di Puškin
- Angelo Maria Ripellino
- Nel giallo dello schedario
- Ettore Lo Gatto
- Il mito di Pietroburgo Storia, leggenda, poesia
- san pietroburgo
Sotto il vulcano di Malcolm Lowry, il classico titolo che dà subito una coordinata geografica alla lettura. C’è un cratere e qualcuno vi abita sotto. In realtà i vulcani sono due, e non è affatto casuale come vedremo. E se vogliamo fare i sofisticati, addirittura tre: il terzo è il protagonista, Geoffey Firmin, o meglio il suo animo. Che è un ribollire lavico, profondo, primordiale come il senso di colpa che lo accompagna. Forse è proprio l’incapacità a eruttare che congestiona Firmin in uno stato di perenne patologia emotiva. Cerveza e mezcal fanno il resto.
Dedichiamoci a ciascuno di questi tre coni nervosissimi che spostano gli equilibri terrestri e annichiliscono ogni tentativo di riscatto.
19 novembre 1942. Tardo pomeriggio, una stradina in cui la luce non penetra, d’intorno finestre di case abbandonate, mura sgretolate, una panetteria. Un uomo cammina, affrettando il suo passo. I piedi bucano l’acqua contenuta dai piccoli solchi del terreno, schizzandola sugli orli dei pantaloni sdruciti. Possiamo vedergli le gambe, corte quanto un mozzone di candela, e le dita rotonde, che stringono un passaporto con cui fuggire dal ghetto, palude infelice.
Petrarca non amava soltanto donne eteree e spirituali, come siamo abituati ad immaginarlo, facendo a tempo anche stereotipi raffronti con un Boccaccio che si presume più focoso, meno metafisico. Petrarca amava moltissimo i gatti. Forse perché discreti e silenziosi, elitari e decorosi. Soprattutto quelli dal miaomiao sottile, perché si sa, il poeta aborriva il vocione grosso. Se fosse dipeso da lui, anche la Commedia dantesca sarebbe stata meno sanguigna, più controllata, meno tracimante, meno virulentamente espressionista. E allo stesso modo detestava che i lettori (e declamatori) delle proprie composizioni fossero incolti: non poté mai perdonare a Dante di aver scritto il suo capolavoro nella lingua dei pizzicagnoli e dei bottegai, lasciando loro la possibilità di storpiare e balbettare la teologia. In latino andava scritta la Comoedia!, sicché potesse venire adeguatamente miagolata da chi poteva, e non ruspantemente abbaiata dal vulgus profanum, come usava chiamarla Orazio, un altro cui la folla faceva girare la testa con tutto l’alloro.
Il romanzo in questione è Cent’anni di solitudine di Gabriel García Márquez che, quindici anni dopo la sua pubblicazione, valse all’autore il Premio Nobel per la Letteratura.
Si tratta di una saga familiare: vengono seguite le vicende di sette generazioni della famiglia Buendía, stanziata nella favolistica città di Macondo, fondata dal primo José Arcadio Buendía, capostipite della famiglia.
L’opera viene comunemente fatta rientrare nel filone del realismo magico, la cui caratteristica peculiare è di presentare elementi magici in un contesto altrimenti realistico, tanto che essi vengono sì riconosciuti come tali, ma possono essere soltanto intuiti, mai spiegati.