“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Thursday, 13 February 2020 00:00

Il teatro e la cura del tempo

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Come si fa a spiegare a un bambino che gli adorati nonni muoiono? Come si può raccontare la morte, la malattia, l’Alzheimer a un bambino se non attraverso una fiaba, un sogno, un racconto che abbia contenuti di verità trasfigurati dall’immaginazione? La risposta la dà César Brie con il suo spettacolo e, alla fine della pièce, in coda agli applausi per la messa in scena de Il Vecchio Principe, spiega che una volta un amico gli chiese di scrivere un’opera che avesse potuto vedere sua figlia.

Brie allora si ispirò alla storia de Il piccolo principe di Saint-Exupéry capovolgendo l’età anagrafica del protagonista, collocandolo in un ospedale geriatrico, ma mantenendo intatta la portata poetica come solo un autore come Brie poteva fare. Pochi sono gli oggetti che sono sul palcoscenico, tratto distintivo di tutte le sue messe in scena perché, come ha scritto lui stesso: “Dietro gli oggetti e non dietro la scenografia devono celarsi concetti, simboli, idee, e quanto più i simboli sono ambigui, maggiore sarà la loro forza di suggestione”. Quattro bicchieri d’acqua sul limitare del proscenio, alcune lenzuola a sinistra e a destra del palco, al centro una struttura verticale che sembra il telaio di una porta. Questo è tutto. Quella porta su cui poggia un lenzuolo è in realtà il letto di Vecchio, un anziano paziente, malato di memoria che sembra farneticare della stella da cui proviene e del fiore che ha curato e che ha lasciato lì. Il giovane infermiere Antoine (come il nome di battesimo di Saint-Exupéry) incontra il Vecchio una notte in cui farnetica più del solito, non vuole rimanere nel letto perché sta parlando con il suo fiore, l’attrice Lara Bossi, con la quale recupera l’immagine presa da Il piccolo principe del pitone che ingoia l’elefante, riproducendola proprio con il movimento delle lenzuola poggiate sull’assito. Antoine nelle notti successive va in cerca del Vecchio che si perde per i solitari corridoi dell’ospedale e allaccia con lui un rapporto di amicizia scambiando con l’anziano i suoi pensieri e le preoccupazioni della propria vita.
I ricordi del Vecchio non sono evocati con chiara razionalità, sono immagini evanescenti dai contorni poetici, ad esempio i tanti tramonti della sua vita sono raccontati dalla luce di una piccola torcia che si muove in un lento semicerchio dietro il lenzuolo verticale. È il baobab che Antoine vede nella barba che il Vecchio deve tagliare, nel racconto del Vecchio che ha paura che la pecora si mangi il suo fiore sulla stella da cui è partito. Il legame tra i tre personaggi è fatto di movenze leggere, di gesti coordinati che si muovono per tutto lo spazio scenico, a tratti i loro discorsi surreali sembrano fluttuare come le lenzuola che prendono vita per narrare altro. Suggestioni. Come le lacrime che dalla ragazza-fiore passano dalla punta delle dita sul bicchiere e che il Vecchio, con le proprie dita, raccoglie riportandole sull’orlo.
La solitudine di quella condizione e del luogo è mitigata dalla premura del giovane Antoine, non certo dalle visite che riceve da un primario arrogante e vanesio e nemmeno dai due nipoti, un giovane che beve per dimenticare la vergogna di essere alcolizzato e una donna in carriera presa dai suoi affari continuamente al telefono cellulare, indifferente alla vita che è andata a trovare, che è la sua radice e il senso della vita stessa. Antoine comprende, grazie al Vecchio, che il tempo è ciò che misura e pesa il valore delle relazioni umane, che trovano significato solo attraverso un’autentica interazione, solo grazie alla “cura”, “è il tempo che hai perduto per la tua rosa che ha reso la tua rosa così importante” diceva la Volpe al Piccolo Principe.
Il tempo, l’attesa sono paradigmi dell’essenza stessa dell’esistenza che il Vecchio lascia in eredità ad Antoine. I vaneggiamenti e l’Alzheimer sono solo i sogni dell’anziano e sono un modo per tornare a casa, verso il mondo da cui si proviene. Il Fiore del Vecchio una notte va a prenderlo in quel triste ospedale geriatrico per riportarlo alla vita, dove finalmente diventerà una stella anche lui, “… l’unica stella che riderà” quando Antoine alzerà gli occhi per cercare il suo nuovo Vecchio amico. La dolcissima scena delle lacrime si ripeterà sul proscenio e svelerà il suo senso metaforico, doloroso come solo lo strappo della morte può provocare e nostalgico come la gratitudine profonda per ciò che si lascia sulla terra, sull’amore che è stato dato. “Io? Noi?” sono le ultime battute di uno spettacolo scritto per narrare come vanno via le persone anziane ai bambini, ma che il teatro di César Brie coglie a pretesto per la narrazione delicata della vita stessa, fatta di concretezza, perché, sempre usando le parole dell’autore: “Non teatro intellettuale, ma teatro concreto. Il concreto è semplice, parla chiaro, immagina, si rivela e rivela il dramma dell’esistenza. La scena allora è più che un riflesso della vita, è un fatto reale, potente come la vita. L’illusione è distrutta e trasformata in azione”.
Nominato al Premio ACE 2017 in Argentina come miglior spettacolo per famiglie, questo testo si presenta con due piani di lettura diversi per i bambini e per gli adulti, e questi ultimi inevitabilmente vi leggeranno non solo la loro storia personale, ma anche quella di Brie, fuggito via dalla dittatura argentina a diciotto anni e che ha fatto del teatro la sua ragione ed essenza di vita con esperienze che vanno dall’Odin Teatret di Eugenio Barba in Danimarca alla ventennale esperienza in Bolivia. Gli attori che lo accompagnano in scena, Lara Bossi e Fabio Magnani, sono intensi e leggeri nello steso tempo, lezione che solo César Brie poteva loro impartire. Per questa intensità e leggerezza, per dirla sempre con parole dell’autore, “lo spettatore smette di osservare soltanto, e pensa, si commuove e intuisce, perché si commuove e pensa”.






Il Vecchio Principe
liberamente ispirato a Il piccolo principe 
di Antoine de Saint-Exupéry
testo e regia César Brie
con Lara Bossi, César Brie, Fabio Magnani
musiche Pablo Brie
foto di scena Mariana Fossati
produzione Smart
lingua italiano
durata 1h
Napoli, Nuovo Teatro Sanità, 8 febbraio 2020
in scena 8 e 9 febbraio 2020

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