“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Thursday, 16 April 2015 00:00

La donna: un’invenzione artistica meravigliosa

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A conclusione della rassegna Quelli che la Danza 2015 c’è stata la Compagnia Zappalà Danza, diretta dal coreografo catanese Roberto Zappalà. La Compagnia, in residenza artistica presso Scenario pubblico, offre programmi di formazione ai giovani danzatori e si occupa di promuovere la danza nel territorio siciliano oltre ad esibirsi in Italia ed all’estero ed organizzare iniziative didattiche, performative e residenziali.

Il lavoro dal titolo Invenzioni a tre voci, presentato al pubblico napoletano, prevede uno spazio scenico molto ampio, tanto che il palcoscenico del Teatro Nuovo è stato ingrandito grazie all’eliminazione delle quinte, creando così una situazione da atelier con un pianoforte, una scrivania e casse con fari luminosi.
Con le luci di sala arrivano in scena tre donne in accappatoio dalla fantasia floreale, il pianista è già seduto che attende e dalla platea arriva Roberto Zappalà che, salito anche lui sul palco, comincia ad osservare e plasmare le sue creature, come fossero opere d’arte. L’attenzione ed il focus della creazione coreografica è sull’immagine del corpo femminile, infinite volte ritratto nella sua nudità, in quadri, dipinti, sculture e fotografie. Le luci, al suono del pianoforte, si accendono ad alternanza su ogni donna che appare nuda in pose plastiche. Il pubblico le può ammirare e può pensare a tutte le madonne, vergini, ninfe viste nelle opere d’arte ai musei. Il corpo della donna vive di luce propria e le pose valorizzano le increspature della pelle.
Questa prima parte è molto lenta: lento l’accendersi e spegnersi delle luci, ma incalzante la musica che viene dalle corde del piano. I corpi, poi, si vestono con jeans e maglietta e cominciano a danzare con movimenti fluidi e personalizzati. Le danzatrici sono tre “invenzioni” del coreografo, tre donne di provenienza diversa (Francia, Romagna, Sicilia) e sono Maud De la Purification, Gioia Maria Morisco Castelli e Valeria Zampardi e danzano l’inno alla donna che è un’invenzione meravigliosa (“je suis une invention merveilleuse”), invocano la riappropriazione da parte delle donne del proprio corpo, delle proprie articolazioni e dei muscoli.
Appropriandosi delle riflessioni di John Berger e dei versi di Wislawa Szymborska, Zappalà propone una riflessione sull’immaginario femminile e non sulla sua condizione. La sua non è un’analisi sociologica, ma la rappresentazione dell’immaginario prodotto dalla bellezza femminile e dal suo corpo che è al contempo protagonista e vittima. Obiettivo della performance come dell’intero progetto Transiti Humanitatis, infatti, è quello di provare con la danza a raccontare la corporeità e l’identità umana e cosi la sua bellezza.
Questo lavoro infatti è il primo step di un progetto dal titolo Transiti Humanitatis, che avrà esito finale nel 2017 ed è nato da un’idea dello stesso Zappalà in collaborazione con Nello Calabrò, drammaturgo siciliano che ha lavorato alla drammaturgia di molte coreografie della Compagnia.
La danza è interessante, con qualche ripetizione e gesto ricorrente che nasconde qualcosa di erotico. L’erotismo è velato ma è come se valorizzasse un filtro maschile, come se lo sguardo maschile guidasse il movimento del corpo delle donne e loro si facessero guidare da questi occhi esterni, mettendo in dubbio un po’ la loro ricerca di appartenenza a se stesse.
Al suono del piano si sostituisce poi la viola, con l’entrata in scena di un altro musicista. Le partiture danzate si fanno sempre più complicate ed alcuni movimenti sono faticosi da compiere, poi le tre si iniziano ad intrecciare, seguono i loro personaggi e raccontano ognuna nella sua lingua e dialetto. L’interesse verso il corpo femminile deriva dalla volontà da parte del coreografo di voler purificare lo sguardo malizioso dell’uomo maschio, per far capire, invece, che la nudità del corpo corrisponde alla nudità e all’essenzialità del cuore.
I racconti recitati sono sporadici, arrivano nei momenti più sfrenati del movimento, ma le voci sono belle e diverse e le lingue ed i dialetti si assemblano. Anche il coreografo, seduto alla scrivania, recita degli omaggi al corpo e poi osserva, silenzioso. Ma alla fine tutto ha inizio nel corpo e tutto lì si esaurisce: le donne/danzatrici acquistano coscienza ad ogni ripetizione di frase coreografica, sono consapevoli di essere creature meravigliose, immagini, invenzioni e di appartenere al proprio corpo.
Il coreografo è riuscito, a mio avviso, a creare un’interessante suggestione ed atmosfera, ha scelto una via sia descrittiva che astratta, con una ricerca contemporanea e personale del movimento. Penso che il lavoro possa continuare a definirsi, non tanto nei personaggi che ognuna interpreta, ma nel senso da dare agli spettatori, nel fine ultimo della ricerca, concetto e sensazione non facili da chiarire.
La scelta drammaturgica, in cui è confluito l’utilizzo della voce, parlata e sonora (le parole delle danzatrici e la musica di Bach), è interessante, ma rischia di scivolare nel troppo astratto e poetico. Certo, la danza richiama alla concretezza ed alla fisicità, ma spesso risulta troppo articolata, magari fuorivante per chi guarda alla ricerca del senso narrativo.

 

 

 

 

Quelli che la Danza 2015
Invenzioni a tre voci
coreografie e regia
Roberto Zappalà
musiche Johann Sebastian Bach
eseguite dal vivo da
Luca Ballerini (pianoforte), Adriano Murania (viola)
danzatrici Maud De la Purification, Gioia Maria Morisco Castelli, Valeria Zampardi
e con Roberto Zappalà
durata 1h
produzione Scenario Pubblico
Napoli, Teatro Nuovo, 12 aprile 2015
in scena 12 aprile 2015 (data unica)

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