“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Tuesday, 12 October 2021 00:00

Un flusso di relazioni, nella dinamica del tempo

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Set of Sets della Compagnia GN|MC (Guy Nader y Maria Campos) è andato in scena all’Auditorium Parco della Musica di Roma all’interno del programma della danza del Romaeuropa Festival.

Lo spettacolo, emozionante e che lascia effettivamente senza fiato, è un tripudio di sperimentazione di dinamiche fisiche per corpi tecnicamente sapienti in uno spazio interamente bianco, puro, asettico, quasi completamente spoglio, eccetto che per la presenza del setting della musica dal vivo di Miguel Marín. I danzatori, tre donne e quattro uomini, tra cui gli stessi coreografi e fondatori della Compagnia − il libanese Guy Nader e la spagnola Maria Campos che dal 2006 lavorano in sinergia − iniziano nel silenzio e in penombra a segnare il flusso dello scorrere del tempo, tema cardine del lavoro di ricerca, e lo fanno camminando con una qualità tale che sembra che scivolino dentro lo spazio. Il meccanismo della camminata scivolante, penetrante e che quindi crea un movimento ventoso, un campo magnetico, è il punto zero di una dinamica che condurrà a graduali e mirabolanti evoluzioni.
Fin dall’inizio, quindi, grazie al continuo flusso dell’andare, si costruisce gradualmente il campo di energia che permetterà ai corpi di attirarsi in relazioni fisico-dinamiche secondo dei “giochi” che saranno poi svelati. I coreografi, dunque, hanno scelto di lavorare sul flusso della dinamica del tempo, un tempo estremamente organico ma mai monotono, in cui accadono degli incontri a due, a tre, a cinque, a sette, che creano architetture anatomiche in continuo flusso di movimento. Il processo creativo indagato, dopo un po’, è abbastanza evidente perché riflette un sistema che si basa sulla ripetizione, precisione ed evoluzione acrobatica delle azioni dei danzatori. La struttura, impeccabile, si esplica più o meno in questo modo: avvengono svariate serie di meccanismi di partnering grazie a cui i corpi volano da mani ad altre mani, da schiene ad altre schiene; relazioni tra i danzatori si susseguono con una grande sperimentazione e consapevolezza nella proposta di certi “trovati” meccanismi tecnico-dinamici. Tutto ciò contribuisce a innescare un flusso inarrestabile che rispetta le leggi della dinamica del tempo.
Parte un set di una partita con il tempo, partono delle relazioni che si ripetono uguali fino al punto in cui non arrivano nuovi elementi che variano il meccanismo e ne determinano una diversa evoluzione rispetto al set precedente. Ma il gioco non è freddo, anzi, appare evidente la volontà e il desiderio che porta i corpi ad attirarsi l’uno sull’altro, la cura che porta più corpi a sollevarne uno, a sorreggerlo, a farlo librare in aria. Anche il desiderio stesso, in effetti, è un meccanismo della fisica, se ci basiamo sulle teorie lucreziane, purché sia un desiderio attivato per effetto della volontà stessa di desiderare.
In tutto ciò, però, durante le azioni dei danzatori le dinamiche innescate non sminuiscono mai il ritmo del respiro, la morbidezza e la fluidità neanche nei movimenti più fortemente accentati e incisivi. Un tale effetto di corpo connesso organicamente non potrebbe avvenire se i danzatori non avessero una fisicità così fluida e consapevole che in sessanta minuti non-stop di spettacolo non lascia trapelare neanche un microsecondo di una possibile piccola sbavatura.
A volte i corpi sembrano degli ingranaggi morbidi animati dallo spazio e dall’aria; sono infatti leggeri ma estremamente densi, a volte sembrano pattinare nello spazio, che è un elemento vissuto sempre in senso circolare ed è il primo e costante partner di ognuno. Spesso il flusso si velocizza grazie a degli appuntamenti segnati dall’incalzare del suono, la relazione con la musica è molto aderente alla coreografia, di un’aderenza, però, che “monta” pian piano per effetto dello stesso scorrere del flusso fino a che, inaspettatamente, arriva un fermo-immagine, una pausa e spesso ciò accade a sancire, quasi fosse un segno, la forma conquistata di un ingranaggio di architettura umana composto da tutti i danzatori insieme.
Una volta che anche gli spettatori sono completamenti immersi nel flusso e comprendono il meccanismo sembra di vedere negli occhi dei danzatori una sorta di intesa e comunicazione quasi istantanea mentre invece si nota bene come lo spettacolo sia sapientemente strutturato sui respiri, gli accenti, i meccanismi tecnici delle prese e dei passaggi per cui un corpo si ritrova su di un altro con estrema fluidità e coscienza. La cosa molto complessa e che sicuramente desta stupore è che i danzatori hanno nella loro mente una struttura impeccabile di ciò che devono far accadere ma poi lasciano che le azioni avvengano con naturalezza come se ciò che creano in scena fosse il loro modo naturale di muoversi nella vita quotidiana. Quindi il grado di difficoltà nel mantenere l’ingranaggio è davvero elevato perché, stando in un flusso continuo di movimento, bisogna costantemente anticipare con il pensiero e la prontezza muscolare l’azione che sta per accadere e che, invece, sembra che capiti all’istante e che in quel preciso momento venga accolta dal danzatore. Tutto ciò crea un meccanismo che sa di umano, che sa di esperienza vissuta mai meccanicamente e mai uguale nonostante il movimento segua alla lettera le leggi della fisica.
Molto interessante quindi la ricerca della coppia di coreografi che, da tempo, si interroga sulla dinamica, la qualità e il ritmo, gli elementi cardine della danza contemporanea; bella quindi la loro sperimentazione perché diventa un sistema che non stanca l’occhio di chi assiste alla scena e che propone intrinsecamente una drammaturgia che sgorga dal processo fisico-dinamico. Inoltre, spingere il corpo verso limiti abbastanza estremi ricorda quanto infinite siano le possibilità di movimento e quanto altrettanto infinite siano le forme di relazione quando i corpi sono allenati a risuonare insieme. Il lavoro è dunque una sorta di esperimento ottimamente riuscito nel processo esplorativo delle leggi delle dinamiche di movimento e per cui non c’è grande drammaturgia da aggiungere: camminare, incontrarsi e relazionarsi parlando corpo a corpo, anzi corpo su corpo, sono azioni elementari, universali, anche se non sempre facilmente esprimibili nella realtà che, inevitabilmente, su un palcoscenico, già raccontano tantissimo: almeno a un occhio abituato a guardare sotto certe prospettive ma probabilmente anche a chi si lascia attraversare da immagini emotive. Abbandonarsi al flusso dello scorrere del tempo dello spettacolo apre una dimensione temporale in cui i pensieri degli spettatori si distendono, i loro corpi si rilassano e si abbandonano a un ritmo che, a un certo punto, potrebbe essere imperituro, quello del respiro, del sogno, del calore della cura. C’è un rimando di sensazione che ha a che fare con il prendersi cura, difendere, custodire preziosamente, donare e ricevere calore e tenerezza, che ogni danzatore ha per il corpo degli altri ovvero degli altri danzatori e degli stessi spettatori. Tutto ciò rende la danza e la sua visione teneramente umana, fisica e onirica.
Set of Sets ha ricevuto il premio come migliore coreografia e performance al XXI Premis de la Crítica de les Arts Escèniques 2018 e il premio Ciutat de Barcelona 2019. La Compagnia si esibisce in tutto il mondo con le sue creazioni, i due coreografi fondatori tengono workshop sulla loro tecnica di partnering e sul loro modo di creare, ricevendo spesso premi per le loro coreografie e per l’interpretazione dei loro danzatori.





Romaeuropa Festival 2021
Set of Sets
ideazione e sviluppo 
GN/MC (Guy Nader, Maria Campos)
regia
Guy Nader
creazione/performance Maria Campos, Guy Nader, Noé Ferey (Lisard Tranis), Patricia Hastewell (Clementine Telesfort), Alfonso Aguilar (Csaba Varga), Tina Halford (Roser Tutusaus), Héctor Plaza (Tom Weksler)
musica Miguel Marín
luci Yaron Abulafia
direzione tecnica Albert Glas
costumi Anna Ribera
consulenza artistica Alexis Eupierre
assistenza alle prove Tanja Skok
foto di scena Alfred Mauve
produzione Raqscene, Elclimamola
coproduzione Mercat de les Flors, Festival Sismògraf, Julidans Festival
supporto Graner, La Caldera, Les Brigittines-Centre d’Art contemporain du Mouvement de la Ville de Bruxelles
collaborazione Departament de Cultura – Generalitat de Catalunya, Ministerio de Cultura y Deporte/INAEM, AC/E (PICE)
Roma, Auditorium Parco della Musica − Sala Petrassi, 9 Ottobre 2021
in scena 8 e 9 ottobre 2021

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