“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Saturday, 25 May 2019 00:00

"Cesure". Il festival della residenza al TMO di Palermo

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La residenza è il tempo della creazione, svincolato dalle logiche della produzione seriale e la cui scadenza è posta dal raggiungimento di un risultato valido per chi crea. In Italia i teatri occupati rappresentano questa possibilità: sono degli “spazi vuoti” di creazione che si aprono alle compagnie “in cerca di tempo”.

Il Teatro Mediterraneo Occupato di Palermo è, nel suo territorio, l’eccezione al sistema: si colloca in una posizione decentrata, all’interno della Fiera del Mediterraneo, un complesso di padiglioni semi-abbandonati ai piedi di Monte Pellegrino; è uno spazio autofinanziato, sostenuto dal collettivo che lo abita e che programma dal 2013 la “stagione” trattando questa “casa” come uno snodo creativo, luogo di passaggio di idee, culture, intenzioni, di una comunità artistica. È uno spazio che manca di fatto di una identificazione ufficiale, istituzionalizzata e che quindi affida la sua identità a ciò che vi accade dentro. Questa forma di libertà è il paradosso dei teatri autogestiti che rappresentano una “cesura”, concetto a cui si ispirano i creatori del festival Cesure giunto alla seconda edizione che dal 10 al 12 maggio ha avuto luogo al Teatro Mediterraneo Occupato, realizzato insieme all’A.C. Civilleri/Lo Sicco in collaborazione con Spazio Franco.
Presa a prestito dal poeta Friedric Hölderlin, la cesura è un'interruzione controritmica che come un vero e proprio intervallo nullo, vuoto e atemporale, genera un equilibrio tragico fra il vitale e la morte. Il vuoto è inoltre il significante di uno stato urbano definito, il posto vuoto del significato, e a tal proposito ci dice Dario Raimondi, membro attivo del collettivo occupante, che “la Fiera è divenuta negli anni un centro vuoto e percepita come una cesura urbana dove all'interno convivono forze contrarie che garantiscono, attraverso la scissione, l'unità. Noi ci poniamo come una spinta organica da opporre alla bulimia amministrativa che soggiace alla sopravvivenza della Fiera stessa”.
Festival biennale di residenze artistiche, Cesure è una tappa fondamentale del processo di trasformazione del TMO, che si pone l’obiettivo di diventare uno spazio di residenza. “Cesure quest'anno ci ha regalato un'anteprima nazionale, quella del Teatro delle Bambole. Direi che è il tipo di restituzione a cui puntiamo e che ci soddisfa maggiormente, oltre l'impegno di gruppi quali Ortika e la compagnia Sud Costa Occidentale che, proprio sulla scia della permanenza artistica di Civilleri/Lo Sicco nello spazio, ha riproposto un grande spettacolo di Emma Dante per la prima volta al TMO” (Raimondi).
Ballarini è andato in scena il 12 maggio, un’opera della Dante intimamente comprensibile al pubblico più vasto. “Ballarini è uno spettacolo fortemente emotivo, per noi quanto per il pubblico, un gesto dolce che tutti accolgono. È stato creato in un momento di forte intensità, in cui la nostra vita si è legata indissolubilmente con lo spettacolo. Un viaggio metaforico tra vita e arte, in cui molto di quello che siamo si manifesta. È un incontro tra noi ed Emma in cui, con tenerezza e un pizzico di nostalgia, celebriamo la nostra storia insieme” ci raccontano Sabino Civilleri e Manuela Lo Sicco che con questo e altri spettacoli hanno iniziato quella che fu l’esperienza della Sud Costa Occidentale nei primi anni 2000. La sua ripresa e l’approdo al TMO ha comportato anche una riscrittura: “Questa occasione è arrivata ai venti anni della Sud Costa Occidentale in un luogo molto sensibile come il Teatro Mediterraneo Occupato. Veniamo da una breve tournée in Veneto, che non ha colmato il desiderio, anzi lo ha alimentato spingendo Emma a scrivere un nuovo testo” (Civilleri, Lo Sicco).
Durante la nostra conversazione con loro, Sabino e Manuela ci tengono a sottolineare spesso il particolare legame che sentono con questo luogo: “Io e Manuela stiamo investendo molto nel rapporto con il TMO seguendo l’idea di permanenza artistica. Un passaggio importante dopo anni di residenze in giro per l’Italia. La necessità di riconoscere in un luogo la propria casa, facendone il centro e il cuore pulsante della nostra creatività”. Co-organizzatori del festival hanno scelto una strada molto interessante da percorrere: affidarsi a ciò che accade, trattare questo spazio come un osservatorio sul contemporaneo, sulle modalità creative delle compagnie accolte in residenza. “La prima volta che siamo entrati abbiamo avuto la forte sensazione di trovarci in un luogo in cui si stava maturando l’idea di spazi vitali per l’arte. La sua esistenza in questo senso è necessaria in questa città. A Palermo ci sono tanti palcoscenici, le programmazioni si sono aperte alle realtà del territorio, ma sono pochi i luoghi dedicati alla creatività, nessuna vera residenza artistica, nessun luogo pensato esclusivamente per la produzione. Il TMO pone una cesura all’andamento collettivo e con la sua esistenza costringe lo sguardo a posarsi sul vuoto che cerca di colmare” (Civilleri, Lo Sicco).


Ospite del festival la compagnia Ortika che l’11 maggio è andata in scena con lo spettacolo Chi ama brucia. Discorsi al limite della frontiera. Particolarmente legato al tema del festival, questo lavoro è nato da un lungo periodo di documentazione sui C.I.E. (Centri di Identificazione ed Espulsione per stranieri) e da una riscrittura drammaturgica di quelli che Alice Conti, fondatrice di Ortika insieme a Chiara Zingariello, definisce i “testi della realtà” − documenti, reportage, interviste − che restituiscono sulla scena la natura di quei luoghi e la condizione di chi vi si trova recluso. “La cesura raffigura perfettamente lo status eccezionale dei Centri, sottratti alle leggi e le garanzie civili che vigono sul resto del territorio su cui sorgono. Il nostro è un discorso al limite della cesura più significativa della nostra contemporaneità: la Frontiera”. Dalla voce della Conti scopriamo il desiderio di trasformare un argomento tabù in un fatto pubblico ricostruendo attraverso le interviste ai lavoratori dei C.I.E. la storia di quei luoghi chiusi agli occhi del mondo: “A suo tempo ho scritto la tesi sul C.I.E. di Torino perché si trattava di un luogo reale, vicino eppure sconosciuto, segreto, gestito da regole altre, eccezionali rispetto al territorio su cui sorge, la mia città. la scelta di utilizzarla come materiale di uno spettacolo si è imposta con la forza delle parole che ho raccolto, parole e storie che mi si affidavano insieme con una responsabilità e che non potevano rimanere chiuse in una tesi che pochi avrebbero letto”. L’approccio antropologico resta per Ortika un fondamentale del lavoro teatrale, a partire dal testo.


La residenza quest’anno è stata riservata al Teatro delle Bambole che ha aperto il festival il 10 maggio con l’anteprima nazionale di Ifigenia − Sua figlia. I cinque giorni trascorsi negli spazi del TMO sono stati fondamentali per la messa a punto come ci racconta l’autore, regista e attore Andrea Cramarossa: “Abbiamo avuto la possibilità di stare in uno spazio teatrale, assaporandone i silenzi e i suoni [...], quasi in una performance meditativa che puoi contattare solo se lo spazio risponde a requisiti di armonia specifici” e continua parlando di “una speciale dimensione eterotopica” che risiede nel sostegno agli artisti. “Abbiamo potuto anche usufruire della strumentazione tecnica, audio e luci e scenografica, che noi non abbiamo normalmente a nostra disposizione e che non è un fattore secondario per la buona riuscita del lavoro, anzi, direi proprio che, per me, luci e musica sono co-protagonisti assieme agli attori.” (Cramarossa)
Della sua Ifigenia “incubata” come atto perfomativo in questo contesto molto particolare che è stato Cesure, Andrea Cramarossa parla come di una “poesia scritta e cantata, così come, alle volte, ci capita di incontrare nella realtà persone che sono poesie che camminano, ossia si dicono di sé stesse e non si rappresentano”. Coadiuvato nella regia da Federico Gobbi in questo monologo che si ispira all’euripidea Ifigenia in Aulide l’artista riesce a descrivere Ifigenia come una presenza “che vive solo nel racconto degli altri personaggi” rendendo quindi la sua assenza “elemento fondamentale e fondante della narrazione teatrale”.


Sposando la mission di Cesure e del Teatro Mediterraneo Occupato è doveroso fare una riflessione sulla città in cui questo avviene. Palermo è un brulicare di artisti e di creatività, un luogo che accoglie, terreno fertile per la ricerca. E però la piaga di Palermo è la pigrizia, la tendenza di abituarsi alle cose, la diffidenza verso la novità. Le parole della coppia Civilleri/Lo Sicco sono chiare in proposito e per questo teniamo a riportarle: “Purtroppo questa edizione ci ha raccontato anche delle criticità. La più evidente è la scarsa curiosità verso gli artisti ospiti del festival. Facciamo riferimento al pubblico, ma non solo. È un’occasione perduta. C’è una sorta di assopimento della curiosità verso chi non si conosce o verso chi non ha un nome spendibile. È un atteggiamento che mette paura, perché spinge su dinamiche tipiche dell’intrattenimento e trascina il Teatro, la Ricerca verso sicura estinzione. Crediamo che la funzione del TMO e della nostra permanenza dentro i suoi spazi abbia a che fare con la resistenza a queste dinamiche. In Italia c’è molta attenzione proprio perché il TMO ha la capacità di accogliere quello che le programmazioni non possono più metabolizzare a causa di parametri, obblighi, indici di gradimento, abbonamenti da moltiplicare ad ogni stagione, che stanno letteralmente distorcendo domanda e offerta”. Anche Dario Raimondi conferma questa assenza di curiosità e alle domande “Cosa manca al TMO? Quali progetti vorreste ancora realizzare?” lui risponde sincero: “Ci manca la possibilità di rischiare, non certo l'incoscienza di farlo. Vorremmo lasciarci contaminare da proposte di carattere nazionale, rendere l'isolanità una fonte d'ispirazione e non un limite spaziale, contribuire alla formazione di un pubblico di spettatori, marcare la specificità di un certo modo di fare teatro rispetto all'intrattenimento, guadagnarci la dignità di un mestiere che sosteniamo con amore”.

 

 



Cesure
Ifigenia - Sua figlia
liberamente ispirato a Ifigenia in Aulide e Ifigenia in Tauride
di Euripide
partitura Andrea Cramarossa
riscrittura e cura della drammaturgia moderna
Andrea Cramarossa
regia e interpretazione Andrea Cramarossa
aiuto regia Federico Gobbi
produzione Teatro delle Bambole

Chi ama brucia. Discorsi ai limiti della frontiera
ideazione e regia Alice Conti
testo Chiara Zingariello
drammaturgia Alice Conti e Chiara Zingariello
disegno luce, audio, scene Alice Colla
costumi Eleonora Duse
assistenza produzione Valeria Zecchinato
in scena Alice Conti
uno spettacolo di ORTIKA – gruppo teatrale nomade
con la complicità di Spazio Off Trento, LAB121 Milano, CAP10100 Torino, Cavallerizza Reale Liberata Torino, La Tana Torino, Lapsus Torino, Circolo Oltrepò Torino, Artea Rovereto

Ballarini
regia Emma Dante
con Sabino Civilleri e Manuela Lo Sicco
luci Marcello D’Agostino
co-produzione Compagnia Sud Costa Occidentale, Teatro Stabile di Napoli, CRT Centro di Ricerca per il Teatro
con il sostegno di Théâtre du Rond Point – Paris


foto di scena
Roberta Gennaro


Palermo, TMO Teatro Mediterraneo Occupato, dal 10 al 12 maggio 2019

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