Teatro La ribalta di legno
«Le quinte di stoffa con le porte in rilievo, le finestre di vetro dipinto, i vasi coi fiori di carta. In alto una lampada faceva da giorno mentre la notte veniva con la parola “notte”. In terra, una botola, dalla ribalta portava sul retro, dov’erano pronti gli attori».
Spettri riflessi, in una sera d’inverno
Written by Alessandra D’OttoneAl fuoco di un camino, tra un ambrato tepore e un croccante bagliore, un racconto d’inverno accomoda l’anima stuzzicando impressioni che nel brivido trovano rifugio, casa. Un racconto che dica di storie fantastiche, se poi di fantasmi si tratta. Questi finiscono per nascondersi nelle suggestioni di un’immagine, di una voce che soffia, di un lamento strozzato: la storia si conclude ed i fantasmi restano nel luogo livido della fatica di allontanarli. Per non cedere alla tortura delle catene dei ricordi ingombranti, delle altrettante paure di ritrovarsi faccia a faccia con gli ignoti spettri riflessi. Da soli, in fondo, può accadere.
Il Piccolo Bellini, con il suo ambiente familiare ed intimo, si sta interessando ai linguaggi della danza contemporanea. Per questo nuovo anno, ha cominciato con lo spettacolo Elle est là #4 di Valeria Apicella. La danzatrice napoletana fa debuttare nella sua città natale un lavoro di sperimentazione e ricerca sul corpo, il movimento e l’installazione, frutto di tre anni di residenza à la Maison du Théâtre et de la danse (MTD) di Epinay sur-Seine.
Il tempo congelato in "Una specie di Alaska"
Written by Grazia LaderchiUn tema forte che attrae e spaventa allo stesso tempo, come tutto quello che concerne l'occulto inteso come "conoscenza di ciò che è nascosto" e i suoi testimoni, ovverosia persone che: per poteri 'sciamanici' ricevuti sin dalla nascita; vicende legate ad infortuni o malattie; oppure stati di 'pre-morte' indotti dai servigi di un infallibile dottor Kevorkian un po' rimodellato rispetto all'originale dalla penna di un Vonnegunt visionario, sono comunque riuscite ad instaurare contatti con universi paralleli o forse addirittura con l'aldilà.
Mettere in scena Quartett di Müller presuppone la piena conoscenza ed il rispetto profondo per la particolare forma-teatro cui pensa l’autore. Müller, infatti, nel realizzare fabule non lineari, complicate d’intreccio, saltellanti nel tempo e nello spazio, schizofreniche nella forma, articolate e complesse nell’evocazione e nella gestione dei ruoli, desidera che la trama – la vicenda, la storia, l’insieme delle battute – sia altro dalla scena: che l’una venga portata su palco e detta, senza che sia forzatamente interpretata dal regista o dagli attori, mentre l’altra – la scena: con le sue luci, le sue quinte, il suo spazio teatrale – viva di vita propria, parallela, autonoma, contemporanea.
Nessuno vuole morire. È l’unico evento certo di tutta la vita, eppure non pensiamo mai veramente che ci possa riguardare. Eludiamo il pensiero, procrastiniamo l’idea, la vediamo come un evento estraneo alla vita pur sapendo che è la morte che dà senso ad essa. Dimentichiamo, più o meno consapevolmente, che la morte è un evento perfettamente naturale. Anche non volendole dare una pregnanza religiosa, la morte è la chiusura necessaria di un ciclo. Cosa accadrebbe, dunque, se la morte che tanto temiamo un giorno non ci fosse più? Da questo provocatorio interrogativo il Nobel portoghese Josè Saramago fa nascere il romanzo Le intermittenze della morte da cui la compagnia LaERTe ha tratto la pièce Piuttosto la morte che una tal sorte in scena al Nuovo Teatro Sanità per la rassegna Piccola residenza per compagnie under 35.
- Piuttosto la morte che una tal sorte
- Le intermittenze della morte
- José Saramago
- Luca Di Tommaso
- Giuseppe Cerrone
- Mario Di Fonzo
- Antonio Parascandolo
- Antonella Raimondo
- Margherita Romeo
- Roberto Soldatini
- AngelaTamburrino
- Riccardo Ruggiano
- LaERTe
- nuovo teatro sanità
- morte
- Paola Spedaliere
- Il Pickwick
- letteratura portoghese
- letteratura e teatro
Dove abitano i ricordi? In quali stanze sopravvivono le memorie? In quali meandri tortuosi si snodano i vissuti? In angoli, cassetti, sgabuzzini, spazi riposti e reconditi della mente, giacciono e sedimentano ad un livello più o meno conscio, patrimoni esistenziali che compongono il corredo genetico di ciò che siamo, sintagmi del nostro divenire, mappature dei nostri precordi.
- Le 99 stanze di Berconàch
- Michele Pagano
- Officina Teatro
- teatro sensoriale
- Patrizia Bertè
- Gabriele Russo
- Maria Teresa Buonpane
- Giuseppe Bottone
- Giovanni Santonastaso
- Gerardo Benedetti
- Alessandra Mascarucci
- Brillante Massaro
- Damiano Rossi
- Carmine Covino
- Peppe Zappia
- Rino Rivetti
- Doriana Costanzo
- Giulio Caputo
- Stefania Remino
- Maria macri
- Andrea Giuntini
- Andrea Ferraiuolo
- memoria
- ricordo
- déjà vù
- Teatro dei Sensi Rosa Pristina
- Alessandra Asuni
- L'anno scorso a Marienbad
- Alain Resnais
- Michele Di Donato
- Il Pickwick
Nell’ironia di Loguercio non c’è nessuna paternale sprezzante, niente di allegro, neppure un cenno di condivisione. La sua esibizione si presenta quasi come una competizione sportiva, un allenamento con gli attrezzi. Sorridere di una tradizione, che è quella della romantica lirica napoletana, vorrebbe significare stabilire una connessione tra la propria esistenza e il mondo, vedere per un attimo il mondo dal di fuori, per osservarlo.
Due solitudini indotte alla reciproca e coatta compagnia; due solitudini di donna, differenti per ceto ed estrazione, accomunate da un legame di parentela acquisito – sono consuocere – abitano uno stesso interno portato in ribalta; lo abitano per volontà congiunta, che s’intuisce venata d’egoismo dei rispettivi figlioli, convolati a nozze e determinati a lasciare che le rispettive attempate genitrici si facciano “buona compagnia”, incuranti delle evidenti incompatibilità che sussistono fra le due, Cibele e Serena.
Una speranza possibile in una mostra impossibile
Written by Davide De Filippo - Anita LaudandoÈ nella bella cornice napoletana del convento di San Domenico Maggiore (dove il domenicano Bruno si formò), tra le copie messe a disposizione nella cosiddetta Mostra Impossibile dei capolavori di Leonardo, Raffaello e Caravaggio (digitalizzate sì, ma fedeli per dimensioni e tratti a quelle originali), che l’Associazione Culturale NarteA ripropone la storia dei “no” di Giordano Bruno. Quei “no” che − anche se rischiosi − van detti, per difendere la dignità di quell'atto eccezionale che si chiama pensare, o meglio ancora, pensare indipendentemente dalle opinioni comuni, le quali potremmo il più delle volte ricondurre ad una precisa e sottile logica di condizionamento mentale: uno dei tanti nomi più o meno sofisticati con cui si può chiamare la schiavitù.
- Fiamme e Ragione
- Febo Quercia
- Gianfranco Russo
- Antimo Casertano
- Sergio Del Prete
- Antonio Perna
- Giuseppe Romano
- Associazione Culturale NarteA
- Marco Venezia
- Giordano Bruno
- rogo
- libertà di pensiero
- Sette opere della misericordia
- Caravaggio
- Complesso di San Domenico Maggiore
- Mostra Impossibile
- Anita Laudando
- Davide De Filippo
- arte e teatro
- Il Pickwick
(pirandello)
“Non è un mistero per nessuno che pressoché tutta la scena di prosa, non diciamo italiana ma europea e americana, da trent’anni vive più o meno all’insegna di Pirandello. Che meraviglia c’è se anche Eduardo, approdando dalla tecnica all’arte, si è ritrovato nella stessa schiera?” (Silvio D’Amico).
Quanto Pirandello in Natale in casa Cupiello, in Questi fantasmi, ne La grande magia. E quanto Pirandello ne Le voci di dentro.
- Le voci di dentro
- Eduardo De Filippo
- Toni Servillo
- chiara baffi
- Marcello Romolo
- Peppe Servillo
- Antonello Cossia
- Giorgio Morra
- Ortensia De Francesco
- cesare accetta
- daghi rondanini
- Costanza Boccardi
- teatri uniti
- Piccolo Teatro di Milano
- Teatro San Ferdinando
- Luigi Pirandello
- pirandellismo
- alessandro toppi
- Il Pickwick
- fabio esposito
Il sipario si apre su un sipario dipinto. Entra la Madonna in processione, su un trono d’argento guarnito di foglie di palma. “Dio ti salvi bella signora”. L’incontro con una zingara predice il futuro, la nascita del bambino e le prove che dovranno superare per la salvezza dell’umanità. Parole antiche, dal suono semplice, rime baciate, pose statiche. Una lingua antica e fiorita.
- La Cantata dei Pastori
- Peppe Barra
- Paolo Memoli
- Roberto De Simone
- Lino Cannavacciuolo
- Paolo Del Vecchio
- Luca Urciuolo
- Max Sacchi
- Maria Letizia Gorga
- Teresa Del Vecchio
- Francesca Marini
- Patrizio Trampetti
- Emanuele Luzzati
- Annalisa Giacci
- Gianluca Sacco
- Cielo e Terra
- Razzullo
- Sarchiapone
- Plutone
- presepe
- Andrea Perrucci
- Teatro Trianon
- Caterina Serena Martucci
- Il Pickwick
Talvolta la critica deve provare a fraintendere,
ricercando le ragioni possibili, celate, nascoste,
addirittura involontarie.
(Giovanni Raboni)
Dalla cartella stampa: "Raccontare uno smarrimento generazionale, una perdita di orizzonti, la ricerca di una terra promessa, attraverso una leggerezza e uno humour che nascondono altro: gli alieni potrebbero essere i macrosistemi economici che ci opprimono o gli impoverimenti culturali che stanno devastando il presente e il futuro della nostra generazione. O potremmo essere noi stessi".
Talvolta si può provare a fraintendere uno spettacolo: spinti da ciò che si è appena visto, si può provare a interpretarlo in maniera diversa, illudendosi, forse errando ma cercando comunque il valore o il senso (ulteriore) di certi segni, di alcuni particolari.
Proviamo, quindi, a fraintendere lo spettacolo dimenticandone la presentazione appena riportata. Partendo da tre citazioni.
Luci natalizie pendono dal soffitto. Anche due bambolotti pendono dal soffitto, come impiccati. Al centro della scena un grosso bancone, o forse un letto a baldacchino. Scopriremo poi che si tratta di un geniale elemento scenico polifunzionale: una cassa di legno provvista di botole e colonnine laterali che funge da catafalco, banco di lavoro, letto. A sinistra si vede una sorta di albero di Natale minimale, fatti di lucine blu. Speculare, sul lato destro della scena, un altro alberello, altrettanto minimale, fatto di lucine bianche. Una serie di sedie sul fondo completano la scena, prima che l’azione cominci.
Fredda la luce che trattiene il corpo, come ad ingabbiarlo, come a chiedergli conto di una verità che fa male. Fredda se intorno, tacendo, tutto è buio. Fredda se la verità è il sasso di una piena risposta urlante lanciata in uno stagno di vuote domande silenziose. Eppure il chiassoso mondo strilla, infinite le sonore voci sparse in un caotico spazio deviante. Si devia. Per non vedere. Per non chiedere. Per non sentire. Per non rispondere.
A quarantacinque anni Dickens s’intristì all’improvviso. Le giornate gli parvero torve, con nubi leggermente più scure del solito, mentre le strade gli sembrarono infrequentabili. Le ore non trascorrevano più allegramente, nessuna letizia apparteneva al suo sguardo e le pagine bianche che aveva sullo scrittoio cominciarono a restare bianche. Non un racconto, non un romanzo.