“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Sunday, 16 December 2018 00:00

Noi nel suo mondo

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Stringe tra le mani un pennarello. Ovunque si trovi, appena adocchia un foglio, che sia appeso a una parete, sul tavolo o altrove, dà segni di eccitazione e senza esitare un attimo lo dipinge di giallo. Poi, rivolgendo di scatto lo sguardo a noi mostra con orgoglio il pennarello quasi fosse un trofeo e dice: “Giallo! Giallo! Giallo!”.
Tonino è nostro figlio. Sette anni. Autistico. Oggi è sabato, io e Linda siamo venuti a trovarlo a La Nostra Comunità, dove per l’intera settimana l’Associazione ONLUS qui nel quartiere Forlanini di Milano, dove abitiamo, si prende cura di disabili giovani e adulti.

C’è voluto che discutessimo a lungo, io e mia moglie, prima di decidere di iscriverlo all’Associazione. Ma poi ha prevalso la forza dell’amore.
− Vedi Marco, io fatico molto a pensarlo per tutto il giorno in mezzo a esseri che non hanno nulla di normale. Che ci posso fare? − usava ripetermi Linda.
Da parte mia non ho mai avuto alcun dubbio che quella fosse la soluzione più opportuna per tentare col tempo un’assunzione quanto meno parziale di comportamenti coerenti con l’essenza umana da parte di nostro figlio.
− E poi, ti confesso, qualche volta quando siamo in compagnia di amici e conoscenti mi sento un po’ in imbarazzo − Linda.
− Cosa vorresti dire, che te ne vergogni?
− No, ma...

Ci siamo conosciuti nell’azienda multinazionale dove lavoravamo. Lei era la mia segretaria. La prima volta che a soli venticinque anni la Direzione ha pensato di farmi partecipare a un seminario a Bruxelles tra i dirigenti di ogni Paese dove era presente una nostra rappresentanza, Linda ha avuto l’incarico di seguirmi per rendermi più agevole lo svolgimento del mio ruolo, specie per quanto riguardava il ruolo della creatività nello sviluppo degli affari.
Sta di fatto che la mia precoce promozione me l’ero guadagnata nell’ufficio che reggevo con il compito di creare brochure, dirigere l’House Organ aziendale, organizzare eventi di pubbliche relazioni con potenziali clienti e quant’altro. Creatività.
Al termine del seminario, tenutosi in una sola giornata, eravamo tutti piuttosto provati al punto che subito dopo cena ciascuno di noi non ha minimamente esitato a ritirarsi nella propria camera da letto del lussuoso hotel sulla Grand Place dove eravamo alloggiati. Il mattino dopo avevamo l’aereo alle nove per il ritorno a Milano.
La camera di Linda è contigua alla mia. Saliamo insieme sull’ascensore, subito ii nostri sguardi s’incrociano. Non una parola. Arrivati al nostro piano. Con un improvviso tocco leggero sulla spalla la indirizzo verso la mia camera. Non oppone resistenza.
Siamo in camera da pochi minuti e udiamo delle voci appena fuori, qualcuno sta aprendo la porta. Prendo Linda per il braccio e ci infiliamo nell’armadio per non farci vedere. Da dentro ci rendiamo conto che sono due donne di servizio alle prese col cambio delle lenzuola del mio letto. Se la prendono con comodo. Chiacchierano. Poi sentiamo che stanno per andarsene. Apro di scatto l’anta dell’armadio. Ne usciamo seminudi, intensi momenti di sesso da non dimenticare.

Una volta sposati la nascita di Tonino è stata drammatica: un figlio privo di contatto con la realtà e una vita interiore propria ha rischiato di sconvolgere il nostro rapporto matrimoniale. Linda, dopo essersi dimessa dall’azienda, è caduta in depressione e a casa si rifugiava a letto in qualsiasi momento della giornata, quasi a non volere accettare l’accaduto.
Capitava poi che quando io mi trovavo fuori Milano per lavoro, lei lasciasse il bambino alla colf andandosene fuori casa per ore senza dirle dove, né quando sarebbe rientrata. Della cosa sono venuto a conoscenza per caso quando nel cassetto del comodino di Linda ho trovato un selfie sul suo smartphone, verosimilmente recente, che la ritraeva assieme a un nostro collega con il quale aveva avuto una lunga storia.
La mia decisione è stata immediata.
− Linda, c’è qualcosa che non va. Vogliamo parlarne?
− Di cosa?
− Delle tue uscite di casa quando io sono via per lavoro... e questa foto cosa significa?
− No Marco, non metterti in testa stranezze. Ho solo bisogno di parlare della nostra situazione con le mie amiche. Vado a trovarle sperando che sappiano capirmi e darmi qualche suggerimento. Quanto al nostro collega l’ho incontrato per caso... credimi.
− Beh, a questo punto la soluzione dobbiamo trovarla noi due. Settimana prossima ce ne andiamo nella nostra casa in montagna. Lasceremo Tonino ai tuoi. Loro capiranno. E noi ne verremo fuori cercando di capire come possiamo entrare in contatto con l’intima vita di nostro figlio.

Ha compiuto quindici anni. Questa sera festeggiamo al ristorante. Lui stringe tra le mani il suo pennarello. Arriva il cameriere e porge a me e a Linda il menu.
− Ne voglio uno anch’io − dice Tonino.
Glielo danno, lo deposita sul tavolo e in un nanosecondo lo dipinge a modo suo, esclamando trionfalmente: “Giallo! Giallo! Giallo!”.
Abbiamo puntato su pochi obiettivi ma in grado di aprirgli la mente con curiosità. La curiosità, secondo noi, può essere il veicolo più efficace per avvicinarlo gradualmente ai contorni di un mondo chiuso nella sua mente. E ora ne vediamo i primi risultati.
Su richiesta di Linda, che ha definitivamente superato la crisi di accettazione della realtà, La Nostra Comunità ha dato a Tonino l’incarico di capo cameriere durante il pranzo quotidiano nell’Associazione. Con lui lavorano due altri giovani disabili che, a quanto ci è stato detto, eseguono puntualmente le sue istruzioni.
C’è poi lo sport per fargli percepire il senso dello stare insieme per uno scopo. Abbiamo escluso il calcio perché troppo presente nella vita della società. Siamo quindi passati a uno sport che, essendo poco diffuso, gli desse la possibilità di una maggiore concentrazione. E ora gioca in una squadra di hockey su ghiaccio composta da disabili. Si muove bene sui pattini e dà l’impressione di essere consapevole delle regole di quel gioco, sebbene di tanto in tanto rincorra un giocatore avversario con il suo pennarello in mano gridando: “Giallo! Giallo! Giallo!”.
Linda è incinta. Quando ne abbiamo avuto la certezza, sebbene per qualche istante sfiorati da una certa ansia, facendo appello al nostro comune buon senso ci è parso opportuno chiedere a uno psichiatra di nostra conoscenza se poteva esserci qualche rischio per quel disturbo del neurosviluppo di cui soffre Tonino nei confronti del nascituro, maschio o femmina che fosse. La sua risposta è stata che tali anomalie sono solo frutto della pura casualità. Nulla di genetico.

È nata Milena. C’è fermento in casa nostra. Felicità. Ci ha pensato poi Tonino a metterci di fronte a una nuova situazione da capire e affrontare, evitando di pregiudicare i progressi che col tempo lo avevano avvicinato al senso della famiglia e ai rapporti umani in generale. Quando abbiamo portato a casa Milena gli abbiamo spiegato cos’è una sorella. Lui ci guardava con aria vagamente curiosa, ma era del tutto chiaro che nella sua mente qualcosa stava creandogli una sorta di disordine nel modo di rapportarsi sia con noi due sia con quella bambina che gli ha dato un senso tutto da inquadrare nella situazione che si era venuta a creare. Abbiamo subito notato che quando si avvicinava a Milena evitava di tenere in mano, come invece era suo solito, l’immancabile pennarello giallo.
− Può forse darsi che stia prendendo coscienza che questa bambina è parte della sua esistenza? − dico a Linda.
− Non saprei, ma non mi meraviglierei se tra non molto cominciasse a cercare di farla giocare.
La Nostra Comunità ci ha convocato con urgenza, così almeno ci è parso. “Che sarà mai?” ci siamo chiesti. Al contrario di quanto temevamo, la Direttrice ci ha dato una buona notizia: Tonino sta svolgendo con impegno e ottimi risultati il suo lavoro di capo cameriere. Al punto che stanno pensando di trasferirlo temporaneamente con una richiesta scritta in un’altra ONLUS per insegnare ad alcuni disabili come svolgere quel tipo di lavoro.
Tornati a casa, lo diciamo a Tonino. Gli mostriamo la lettera che dovremo fare avere alla nuova Associazione. Lui quasi me la strappa dalle mani, la stende sulla scrivania e in un baleno il foglio è come pitturato con armoniosi segni, mentre lui rivolgendosi a noi con un sorriso radioso esclama, “Giallo! Giallo! Giallo!". Il pennarello è già nella sua tasca.

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