“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Tuesday, 02 July 2019 00:00

La scomposizione dei corpi. E i corpi che parlano

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Data unica per Un poyo rojo, spettacolo della compagnia argentina di Alfonso Baròn e Luciano Rosso, acclamato sia in Sud America che in Europa, dove ha registrato il tutto esaurito.

Ora è in Italia, al Teatro Trianon, in occasione del Napoli Teatro Festival Italia: per la seconda volta, dopo la presenza al Teatro Nuovo lo scorso anno. Una panca, un armadietto da spogliatoio, quattro bottigliette d’acqua, uno specchio, due asciugamani, due cambi sportivi e soprattutto due ballerini e una radio: questa la composizione scenica di una performance di grande valore teatrale e acrobatico, in scena il 26 giugno. Con Un poyo rojo siamo nella parte del festival che porta una ventata internazionale al settore, dunque; ventata che ben viene accolta dal pubblico napoletano, che sta affollando le sale.
“Il corpo faccia quello che vuole. Io non sono il corpo io sono la mente”: l’affermazione di Rita Levi-Montalcini purtroppo qui non regge a dimostrazione del fatto che non esistono scienze esatte quando si parla di esseri umani fatti di muscoli e sentimenti. Il corpo e la mente camminano di pari passo: il corpo vive, disegna spazi nella scena, interpreta ruoli, il corpo si innamora, soffre, si commuove, cerca l’altro, prova ad afferrarlo, si dispera, si entusiasma e tutto questo lo fa a braccetto con la mente e col cuore. Le braccia e le gambe diventano estensioni del pensiero, ma anche lancette di un orologio; il collo di un uomo diventa il collo di una giraffa; le mani sono il becco di uno struzzo, gli occhi sono – sempre − lo specchio dell’anima.
La performance dei due artisti è di grande prova fisica: Alfonso Barón e Luciano Rosso tengono il ritmo per sessanta minuti in maniera serrata con grande precisione dei gesti, mostrando nel contempo capacità di improvvisazione. Quest’ultima viene determinata tramite l’espediente della radio che viene accesa e ascoltata live per buona della seconda parte dello spettacolo determinando − col suo flusso sonoro − espressioni, movenze, partiture solitarie e di coppia. L’intuizione è semplice, il risultato godibilissimo e divertente. I due improvvisano infatti gesti e reazioni a seconda che la radio trasmetta canzoni d’amore o brani rock, notiziari giornalistici o spot pubblicitari.
I movimenti in scena sono impeccabili, magistralmente precisi: in essi ci sono la danza classica e contemporanea, la break, l’acrobatica, il teatro e anche la dinamica del corteggiamento e della lotta animale, la clowneria e le arti marziali: tutto si fonde attraverso i loro corpi scomposti e ricomposti continuamente, seguiti da un impianto luci essenziale. Ma cosa c’è dietro tutto questo?
La commistione di generi differenti, la voglia di sperimentare, il desiderio di intrecciare linguaggi e respiri per portare a galla l’animo umano tra attese e prese di posizione così dando forma alle paure e ai desideri, alle contraddizioni e ai ripensamenti, agli slanci e alle titubanze, alla difficoltà di gestire le proprie emozioni, e ancora: in scena ci sono il conflitto, la gara e la tregua, il dubbio e il desiderio di tuffarsi nel vuoto, la sfida di bravura (svolta al cospetto del pubblico) e la voglia di schiantarsi tra le braccia di un altro.
Tutto si chiude in un bacio finale − in piena luce rossa − come dovrebbe, come quasi mai accade: accettando dunque il rischio dello schianto, abbattendo il muro dell’ostinato conflitto contro se stessi, correndo il pericolo di poter essere felici.






Napoli Teatro Festival Italia
Un poyo rojo
coreografia Luciano Rosso, Nicolás Poggi
regia e disegno luci Hermes Gaido
produzione Un Poyo Rojo/T4, Jonathan Zak, Maxime Seuge
paese Argentina
durata 1h
Napoli, Teatro Trianon-Viviani, 26 giugno 2019
in scena 26 giugno 2019 (data unica)

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