“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Friday, 03 July 2020 00:00

InFLOencer: quelli che voialtri non vedete

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Dietro le quinte del nostro mestiere, esiste una figura importantissima chiamata “road manager”. Lo riconoscete perché sta sempre accanto all’artista, lo accompagna ad un passo dal palcoscenico e se lo va a riprendere, in quinta o sotto le scale, quando il concerto è finito. Se il fonico, il musicista e il luciaio hanno dei compiti ben precisi e delineati, nelle medie produzioni come la nostra, in cui a lavorare non superiamo mai la decina, al road manager spetta tutto il resto.

Deve guidare, controllare l’alloggio, limitare i ritardi e vigilare che l’acqua sul palco non manchi mai. E che non sia gassata per l’amor del cielo!
Gli tocca indagare discretamente sulla cena − “che non gli salti in mente agli organizzatori di farci cenare alle sette, che se mangio prima del concerto si inchiomma il diaframma e canto una schifezza” − e che sia stato avvisato il ristorante che arriviamo tardi e non chiudano la cucina, che dopo il concerto ho sempre una fame da fabbro.
Tuttavia, la cosa più complicata che fa un road è farsi rispettare dai musicisti, dai tecnici e dagli organizzatori, senza mai creare conflitto; fare cioè il poliziotto cattivo al posto dell’artista, in modo da farci arrivare davanti al nostro bel microfono sorridenti e senza nemici.
Bruno e Salvatore, che si alternano nel ruolo di miei adoratissimi road manager, oltre a tutto questo, si devono sorbire pure la mia patetica ansia prima del concerto e la mia adolescenziale adrenalina alla fine.
Vi ho raccontato tutto questo perché in Italia − dove gli addetti ai lavori, del lavoro nostro sanno poco e male; dove l’abitudine alla professionalità è scambiata per divismo; dove il road manager non è che una frivola americanata e non uno che si fa il mazzo come una capanna, per consentire che l’evento che tu stai pagando sia perfetto − andiamo incontro a tempi duri.
Ma quando mai per l’arte e la cultura è stato diverso? Mi viene da dire.
Ci viene richiesto di abbassare un po’ la cresta, di fare un piccolo sacrificio. E quando mai non l’abbiamo fatto? Mi viene da dire, ancora.
Ma non andiamo oltre. Non andate oltre. Non mettete bocca su cosa serve e cosa no; su chi è necessario e chi non lo è; chi non sa, per favore, taccia una buona volta. Sappiate che non lo accettavo prima e meno che mai lo accetto adesso.
Andrà bene un alloggio più distante, un ristorante più modesto e sarà indispensabile elasticità e collaborazione da parte di tutti. Ma devono essere, appunto, tutti.
Non chiedeteci, di lasciare a casa quelli che per voi sono inutili, superflui, solo perché ignorate le loro responsabilità e le loro competenze. Nella musica, nel teatro, in tutti i luoghi dove si consuma una magia, la magia non è mai merito di uno solo e su quel palcoscenico ci mettiamo piede, anche e soprattutto, grazie a quelli che voialtri non vedete.

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