“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Saturday, 22 February 2020 00:00

“Scusate il ritardo”, il film ‘non sbagliato’ da Troisi

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Nel 1981, anno che fa da spartiacque tra la commedia all’italiana (che si conclude con il meraviglioso lungometraggio di Ettore Scola, La terrazza) e il cosiddetto “cinema dei nuovi comici” (attori-autori), comincia l’inaspettata e clamorosa ascesa di Massimo Troisi, giovanissimo artista partenopeo proveniente dal teatro e dalla televisione, al debutto nella regia cinematografica con Ricomincio da tre, trionfo commerciale ben ratificato anche dalla critica.

Troisi guida idealmente un gruppo di comici (Benigni, Verdone, Nuti, Nichetti) lanciati dalla televisione, tutti nati nella prima metà degli anni Cinquanta, che contribuiscono a rinnovare, dall’80 in poi, il paesaggio del cinema, ridando spessore alle storie e restituendo alla comicità quella gamma di toni e di corde che sembravano essere andate in letargo.
Il successo di Troisi è enorme, quasi senza precedenti, al punto che la critica arriva a stuzzicarlo e punzecchiarlo invitandolo a girare con molto cautela il secondo film, perché non è facile mantenere gli stessi standard. Due anni e mezzo dopo Trosi realizza Scusate il ritardo: il titolo, fortemente sarcastico, è una chiara allusione ai critici che lo attendono al varco. Contro ogni aspettativa, il film non delude affatto il pubblico, anzi forse supera Ricomincio da tre.
Il protagonista è Vincenzo, un trentenne disoccupato che vive ancora con i genitori. Durante un funerale a casa sua, il ragazzo conosce Anna (interpretata meravigliosamente da Giuliana De Sio), amica della sorella, e si fidanza con lei. Intorno al protagonista ruotano i suoi familiari e il suo amico del cuore, disperato a seguito della rottura di un lungo rapporto sentimentale. La storia tra Vincenzo e Anna procede stancamente fino a che lei non decide di tagliare. La vicenda si concentra quasi per intero sulla figura di Vincenzo, sul suo legame d’amore con Anna e sul suo rapporto con parenti e amici. Tuttavia, il film segue in parallelo anche le vicissitudini di personaggi che finiscono per confluire con quelle del protagonista o sovrapporsi a esse. La figura di Anna, la protagonista femminile, apparentemente più remissiva e meno emancipata rispetto alla Marta di Ricomincio da tre, dimostra comunque una certa dose di sicurezza di sé e di decisionismo: è sua infatti l’iniziativa di troncare il rapporto con Vincenzo, eterno bambinone che si fa sempre trascinare dalla partner e sfugge a ogni responsabilità, fino al punto di rifiutarsi di classificare in qualche modo il legame con la sua donna. Anna, nella filmografia troisiana, esprime il tentativo di approdare a un rapporto unico e totalizzante, spontaneo e forte, nei confronti del quale, però, il personaggio maschile si dimostra del tutto inadeguato. Nella scena finale, mentre Anna accampa le motivazioni che hanno condotto alla rottura (“Non mi dici mai che ho delle belle gambe”, “non mi sento desiderata” etc...), Vincenzo, rifiutandosi ancora una volta di assumere una posizione netta, finisce però stavolta con il concedersi spontaneamente (e definitivamente) al sentimento.
Fondamentale il contributo di Anna Pavignano, co-sceneggiatrice del film insieme a Trosi: suo il merito di aver delineato il carattere e il temperamento del personaggio di Anna.
Come nel precedente film, assolutamente unico è il linguaggio di Troisi. Alla disordinata e disarticolata sintassi si aggiunge l’utilizzo di un lessico dialettale, che spesso si avvale di ripetizioni: una stessa parola, cioè, viene pronunciata una volta in italiano e la volta successiva in napoletano, con sfumature di significato diverso.
Le gag più divertenti in assoluto sono quelle girate con Lello Arena. In entrambi i casi troviamo un inconsolabile Tonino (Arena), distrutto per la fine della sua storia d’amore, nell’atto di sfogarsi con l’amico Vincenzo. La prima scena si consuma sotto la pioggia scrosciante, la seconda su una gradinata. Memorabile l’esclamazione di Tonino-Arena, autoconvintosi di essere stato lasciato per il suo aspetto fisico, nella sequenza sulla scalinata (che oggi è intitolata a Troisi): “Mi ha lasciato pecché so’ brutto!”. La storia di Tonino serve a Troisi per continuare a interrogarsi su quella che è la molla della sua ispirazione, l’innamoramento: quel momento iniziale che diventa il centro di tutta la vita. È infatti attraverso le pene sentimentali di Tonino, più ancora che attraverso la storia tra Anna e Vincenzo, che riesce meglio l’ossessivo interrogarsi sul perché dell’amore e del disamore, un motivo ricorrente nel cinema di Troisi. Il problema è affrontato dalla prospettiva maschile, alla ricerca di una risposta impossibile.
Premiato con il David di Donatello come miglior attore non protagonista, Arena dichiarerà che Tonino è il personaggio migliore che Troisi gli abbia regalato.
Il 19 febbraio scorso Massimo avrebbe compiuto sessantasette anni: questo piccolo approfondimento su uno dei suoi film di maggiore successo vale anche come omaggio a quest’artista immortale.






Ciak si (ri)gira − Quarant’anni di cinema italiano (1945-85)
Scusate il ritardo
soggetto e regia Massimo Trosi
sceneggiatu­ra Massimo Troisi, Anna Pavignano
conMassimo Troisi, Giuliana De Sio, Lello Arena, Lina Polito, Olimpia Di Maio, Franco Acampora, Luigi Uzzo, Nicola Esposito, Valeria Veneruso, Anna Pavignano, Stefano Tosi
fotografia Romano Albani
musiche Antonio Sinagra
produzione Mauro Berardi per Yarno Cinematografica
paese Italia
lingua originale italiano, napoletano
colore a colori
anno 1983
durata 112 min.

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