“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Saturday, 11 July 2020 00:00

“Signori si nasce”: Totò e Peppino, fratelli coltelli

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Il regista che ha il merito di aver compreso e mostrato per primo le qualità cinematografiche di Totò è Mario Mattoli. Sul set l’incontro tra i due avviene con I due orfanelli (1947); segue una lunga serie di pellicole fino al 1954. Durante questo lasso di tempo Totò lavora anche con altri registi, tra cui Steno, Monicelli e Bragaglia, ottenendo uno strepitoso successo, accompagnato da incassi da record (nonostante la stragrande maggioranza dei critici continui a deplorare i lungometraggi dell’artista partenopeo).

Nella maggioranza dei film girati in questo arco di tempo, Totò riproduce tutti i migliori numeri del suo repertorio teatrale, andando a braccio e replicando malvolentieri alcune scene. Una delle basi del successo dei film di Totò è la presenza di una “spalla”, un attore adeguato e affiatato. Il migliore di questi è senz’altro Mario Castellani, che negli anni diventa una presenza costante nei film del Principe. Questo è dovuto anche alla solida amicizia tra i due. Ma stranamente, nel 1960, quando Totò (affiancato da Peppino De Filippo), e Mattoli girano Signori si nasce, il loro penultimo film (l’ultimo sarà Sua eccellenza si fermò a mangiare nel 1961), la spalla per eccellenza non figura tra gli interpreti.
In questo lungometraggio Totò (Ottone degli Ulivi), che si fa chiamare Zazà è un nobile squattrinato, con la erre moscia, che ha dilapidato il proprio patrimonio. Peppino, invece, per l’occasione Pio degli Ulivi, fratello di Totò nel film, è il suo opposto: Pio di nome e di fatto, di professione sarto, specializzato in abiti talari, tirchio e bigotto, sposato con una donna devota e remissiva. Ottone, per evitare la galera, si rivolge al fratello (con il quale ha chiuso i rapporti da anni), simulando intenzioni suicide per avere aiuto in denaro. Pio, inizialmente reticente, preso dal rimorso, decide di aiutarlo, malgrado la scoperta di una figlia di Ottone di nome Patrizia, un’amichetta del barone (l’attrice Delia Scala). Pio e sua moglie accolgono in casa anche la ragazza e il suo fidanzato, che in realtà è il cameriere. Alla fine i due fratelli scopriranno entrambi di essere stati oggetti di bugie e inganni reciproci, ma tutto finirà per il meglio, perché Pio sovvenzionerà lo spettacolo che porterà la successo Patrizia.
Una curiosità: nei panni della moglie di Pio troviamo Lidia Maresca (Maria Luisa nel film), in arte Martora, compagna di vita di De Filippo, che convolerà a nozze con Peppino solo nell’aprile del 1971, ovvero in punto di morte. Tra gli interpreti anche Carlo Croccolo, che torna a lavorare al fianco di Totò nello stesso ruolo, quello del maggiordomo, che aveva già ricoperto in 47 morto che parla e Totò lascia o raddoppia.
Il binomio Totò-Peppino De Filippo riesce a colmare a suon di battute, gag e lazzi, un soggetto non privo di lacune come quello di questo film. Stavolta il personaggio del De Filippo, è più combattivo, meno arrendevole di quelli interpretati in precedenza. La mossa vincente di Mattoli, Castellano, Pipolo e Anton (gli sceneggiatori), è stata quella di mettere in contrapposizione al punto giusto i due fratelli “coltelli”. Difatti quest’idea dello “scontro” verrà ripetuta in altre pellicole, come Chi si ferma è perduto di Corbucci, Letto a tre piazze di Steno e Totò contro i quattro dello stesso Steno.
Anche stavolta la critica non fu benevola verso la pellicola. Una delle poche recensioni non negative è quella di Pietro Bianchi su Il Giorno del 29 Aprile 1970: “In un clima di altri tempi, ingenuo e bonario, mattacchione e patetico cui si adegua la garbata recitazione di Totò e Peppino De Filippo, calibrata per l’occasione su toni più misurati del solito, la trama della farsa all’antica si snoda senza scosse e soprattutto senza essere costellata di trivialità”.





Ciak si (ri)gira − Quarant’anni di cinema italiano (1945-1985)
Signori si nasce
regia
Mario Mattoli
soggetto Dino Falconi, Luigi Motta
sceneggiatu­ra Mario Mattoli, Castellano, Pipolo, Anton
con Totò, Peppino De Filippo, Lidia Martora, Carlo Croccolo, Delia Scala, Riccardo Garrone, Angela Luce, Luigi Pavese, Liana Orfei, Nando Angelini, Nico Pepe, Dori Dorika, Nino Milano, Ughetto Bertucci, Aldo Pini, Piero Pastore, Salvo Libassi, Renato Malavasi, Gno Buzzanca, Vera Nandi, Leopoldo Valentini, Edy Biagetti, Walter Grant, Mario Meniconi, Attilio Torelli, Emilio Cigoli
fotografia Alvaro Mancori
montaggio Gisa Radicchi Levi
musiche Gianni Ferrio
produzione e distribuzione Manenti Film
paese Italia
lingua originale italiano
colore bianco e nero
anno 1960
durata 92 min.

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