“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Il Pickwick

Enzo Moscato

“Pecché, vedite, 'e puttane, soprattutto chelle napulitane, so' fatte proprio accussì: a loro, in fondo, non ce ne fotte niente d' 'e denare, d' 'e solde, no... Lloro so' 'nnammurate sulo d' 'e pparole, 'e chilli sciusce d'aria senza cunsistenza ca so' 'e pparole, meglio ancora si so' forestiere”.

Fondamenti del Teatro: cosa ci resta di Eduardo

Non potremo più pensare, dunque, che Eduardo è là, esiste; che in un angolo di Roma o di Napoli − le due città della sua vita − si staglia quel volto fragile e scavato, ormai diventato da miniatura e da medaglia, prosciugato e reso essenziale dal tempo; quel volto che, comparso infinite volte sotto i riflettori delle ribalte, sul rettangolo del video, nelle foto dei giornali, era diventato un emblema e un valore inalterabili, qualcosa di fisso e significante per tutti. Questa è la constatazione più dolorosa di quest'ora. È scomparso quel sopracciglio che sul suo arco nobile e crucciato alzava il peso del dolore più antico d'Italia, quello del Sud; e della sua più antica allegria, dalla quale si leva sempre, come dal mosto da cui balzavano con la faccia tinta gli antichi mimi contadini, una zaffata di zolfigno, un fumo amaro.

Tadeusz Kantor

“Quello che mi ha emozionato. Quello che devo dire. E quello che mi resta”.

Fino alla fine, discutendo di R.OSA

Una donna avanza dal fondo al proscenio, poi torna a mezzopalco, poi di nuovo in proscenio, utilizzando progressivamente l'intero assito. Parla in inglese, frontale, stabilendo subito l'assenza di quarta parete. Compie una decina di "esercizi", così li chiama: ora in solitudine − bestia che si lascia guardare, carne offerta al macello del pubblico, artista venuta alla luce, oggetto di giudizio altrui, lei di fronte a noi − ora invece coinvolgendo in maniera evidente o più celata la platea, che viene invitata a danzare all'unisono, a battere ritmicamente le mani, a prendere coscienza del progressivo vincolo di dipendenza dello spettatore dal teatrante che agisce. Alla fine sono applausi. E poi dubbi, il giorno dopo

Domande e considerazioni di noi giganti pirandelliani

“Oggi il pubblico non crede più a niente” è la frase dalla quale partiamo, estratta dallo spettacolo Opera Nazionale Combattenti presenta I giganti della montagna − Atto III: perché Pirandello s'interroga sulla relazione palco-platea e perché lo spettacolo prevede i "giganti" come presenza rumorosa oltre il velo di fondo; di più: perché questa frase ci chiama direttamente in causa come spettatori, dicendoci quanto ora sia più difficile stupirsi, quanto sia più difficile credere in teatro che un cono segnaletico sia un'autobotte soltanto perché viene usata la parola “autobotte”, quanto sia più difficile stringere il patto comune della menzogna su cui ogni spettacolo messo in scena fonda la propria esistenza.

Il West dei Forman: cosa resta dello stupore?

Lo spettacolo dei Fratelli Forman Deadtown prometteva di essere il più difficile di cui parlare tra quelli a cui abbiamo assistito finora: non per la complessità dell'operazione in sé ma, paradossalmente, per la sua composizione immaginifica, a tratti esteticamente esaltante, in grado di indurre all'acriticità, a una mancata messa in discussione dello spettacolo. Ho talmente pieni gli occhi di ciò che ho visto che sospendo ogni altro giudizio, evito ogni altra riflessione, non aggiungo una parola. Ma non ci accade questo.

Il gioco dei quattro moschettieri a teatro

I 4 moschettieri in America della compagnia I Sacchi di Sabbia ci ha messi in relazione con la dimensione del gioco del teatro che si mescola alla realtà, un gioco fatto di elementi semplici, poveri, fanciulleschi (la carta, il legno, i disegni), propri del tempo dell'infanzia quanto dell'artigianato artistico; lo ha fatto con una chiave d'accesso immediata e divertente, ma inscenata con un livello di perizia tecnica altissimo, mostrato su vari livelli: l'illustrazione dal tratto preciso e veloce, le musiche, i giochi d'ombre, l'uso delle maschere, l'entra-ed-esci dalla parte, le trasformazioni a vista, le animazioni mediante i disegni pop-up, i meccanismi del fumetto, il canto degli stornelli ad accompagnare l'azione in scena.

Una bellezza crudele

Biancaneve, la vera storia è un esempio di come una fiaba teatrale possa raccontare il rapporto che c'è tra il teatro e la vita. È uno spettacolo destinato ai bambini che si propone dichiaratamente di metterli di fronte alla realtà, senza mentire loro e senza edulcorare il vero (crudele) della storia.

Misteri e memoria

GUL: il giallo e il nero. GUL: Stoccolma, 1986, un politico viene ucciso e non si sa da chi. Olof Palme, Primo Ministro svedese, socialdemocratico, viene assassinato in pieno centro mentre si accinge a far ritorno a casa insieme alla moglie Lisbet dopo essere usciti dal cinema. Molti i testimoni, nessun colpevole. Un caso ancora oggi irrisolto.

Fondamenti del Teatro: Leo e l'attore

È attore chiunque entri in un contatto psicosomatico col fuori di sé. 

[...] La dimensione collettiva è importante per l'attore. È come se, nel raccogliersi in un luogo comune – lo spazio comune dell'appuntamento –, questa collettività, accomunata dall'interesse per quell'appuntamento, delegasse qualcuno. Un “delegato” in cui specchiarsi. Questo qualcuno è l'attore, che a sua volta deve specchiarsi col pubblico non per la ricerca di un consenso ma per addivenire alla specchiatura classica, al conoscersi.

il Pickwick

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