Il filo, non solo conduttore, che lega gli oggetti, è quello della webcam che l’attore manipola di frequente, se lo avvolge intorno al corpo, alle braccia. Il protagonista è un uomo solo, come tanti, alla ricerca dell’amore salvifico, come tutti. Ha conosciuto in una chat un uomo che si fa chiamare 'X' con cui intesse un rapporto esclusivamente virtuale scandito dal rumore leggero dei tasti del computer, riprodotto dal battito leggero dei piedi che simulano il suono veloce dei tasti, da frasi brevissime, sincopate, alternate e chiuse da emoticon.
La musica di un pianoforte è presente in tutta la partitura che segue la movimentazione fisica del personaggio, dal viso contratto dalla disperazione, gli occhi quasi sempre chiusi o socchiusi. “Un giorno solito succede qualcosa di insolito”, cioè 'X' dà un appuntamento al protagonista su un ponte ad una certa ora. La richiesta di passare dal virtuale al mondo reale agita la mente dell’uomo che si reca all’appuntamento con un’ansia febbrile che carica l’incontro di un significato troppo importante, perché l’incontro con 'X' lo avrebbe fatto diventare una falena, un essere leggero.
Il linguaggio si mescola ad accenti ed espressioni dialettali napoletane e romanesche, spesso solo accennate come interpunzioni e segue lucidamente la frammentazione del pensiero che lì, su quel ponte, dà l’inizio ad una catena di ricordi. Il latte, quindi la madre, il padre della sua infanzia e le sue canzoni anni ’60, mentre accanto a lui la vita reale passa e scorre oltre. La rosa, cioè il venditore di rose, emarginato come lui, diverso come lui perché straniero, brani di conversazione di chi gli sta camminando avanti mentre lui aspetta. Mentre l’analisi per cercar se stesso lo ha fatto perdere nella sua testa, è con una certa lucida disperazione che egli coglie che la vita sta andando via nell’attesa di una 'X', di una incognita alla quale si delega la propria felicità. La 'X' virtuale delle chat, però, è fatta di menzogne e di aria, sono “mondi di smarrimenti relazionali” quando in realtà siamo tutti disconnessi. Il mondo interiore costruito sul virtuale esplode all’esterno sulle note del pianoforte. Il testamento è scritto tra note e parole. “Così ci provo. Non c’è più tempo per nulla, solo per il silenzio e per la fragilità. Non è più tempo per i voli”. Sente di dover abbandonare il sogno di un’infanzia che, comunque sia stata, è stata felice e planare su quel ponte facendo i conti con la realtà che, ovviamente, presenta il suo conto. 'X' non verrà all’appuntamento.
Il delirio della città che gli ruota attorno è lo stesso di chi si aggrappa stregato al mondo di Internet in cui molti si sforzano di intravedere e di sperare una possibile e concreta felicità. Ma è un’incognita che resterà tale. “Punto e a capo”.
Luca Trezza ha scritto ed interpretato questo monologo con uno stile decisamente originale, evitando i tranelli della retorica e le banalità che si scrivono intorno al mondo virtuale. È risultato primo classificato al Festival della creatività – sezione Teatro Roma Capitale 2013, vincitore del XII Festival Voci dell’Anima 2014, con questo testo, con l’interpretazione e il linguaggio che formano un tutt’uno omogeneo, legato ed ancorato al palco, e non solo con il filo di una webcam.
www.testamento.eacapo
scritto, diretto ed interpretato da Luca Trezza
produzione Formiche di Vetro Teatro
in collaborazione con Erre Teatro Salerno
foto di scena Agenzia2d.it
lingua italiano
durata 1h
Napoli, Teatro Elicantropo, 5 marzo2015
in scena dal 5 all'8 marzo 2015