Extra La locanda delle chiacchiere
«Il viaggio s’arresta in una locanda: scoppietta la fiamma, una musica dice il suo tono, il bisbiglio di voci vi domina legando i tavoli ai tavoli, gli uomini agli uomini. È qui che i racconti s’incontrano».
Percoto Introspettiva
Ministorie adolescenziali e non solo: introspettive, noir e surrealiste.
Ambientate nel cortile della Percoto e non solo e con i soliti protagonisti: Dario, Ale, Seo, Qualli ed altri...
Dove la Natura è Famiglia
L’indigeno fiero resiste
Quando si minaccia la Fonte
I guerrieri raffinano il diamante
Nell’ignoranza che consuma
Nell’attaccamento che acceca
“Prima dei quaranta, ehi bella, quando un ragazza mi permetteva di rivolgerle anche soltanto una parola io non mi fermavo lì...“ mi dice con fare vagamente scherzoso.
“Ma te la facevi. No?”.
“Mi è capitato un sacco di volte. È El Macho che ti sta parlando!”.
“Certo Federico, l’ho capito”.
Ci guardiamo di sguincio, e giù a ridere che è un piacere.
Lui con me ci ha provato, i suoi messaggi più o meno subliminali. Ma non c’è stato niente da fare. Dopo essermi laureata a Londra in Scienza e Tecnologia della Comunicazione, mi sono messa in testa ben altro. Niente distrazioni fugaci o peggio ancora avventure allo sbando.
Miti e retoriche del referendum
Written by Gianmarco Thierry GiulianaGiorno 4 dicembre saremo a chiamati a votare, a esprimere le nostre idee dunque e a far contare la democrazia. Ma ecco un problema poco considerato: da dove vengono queste idee? La nostra scelta, già ridotta a una crocetta fra due alternative imposte da altri, potrà davvero dirsi libera e coscienziosa? Ingenuamente si potrebbe essere certi di sì, e pensare che essendo nostre queste idee vengano esclusivamente da noi, dalla nostra intelligenza e sensibilità, al massimo dalle esperienze del nostro vissuto e dalle persone a noi più vicine capaci d'influenzarci. O ancora si potrebbe credere che tutto dipenda dalla propria capacità d'informarsi.
Nulla tuttavia è più lontano dalla verità.
- Miti e retoriche del referendum
- referendum costituzionale
- Giorgio Gaber
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La Costituzione scritta col sangue
Di chi la guerra la fece
In trincea sugli aerei
E a resister sui monti
Contadini e operai fratelli
Nell’ardente coscienza politica
Scegli il Sì
Scegli di cambiare
Scegli 80 euro in busta paga che dovrai ridare
Scegli i bonus che alimentano astio, arrivismo e sudditanza
Scegli l’alternanza scuola lavoro nei McDonald
Scegli di tagliare costi e diminuire servizi
Scegli nuovi posti di lavoro senza diritti
Scegli la stabilità di quello che ti manca
Scegli di essere un bambino delle elementari
Instabili vaganti, l'urgenza di un teatro davvero "civile"
Written by Michele Di DonatoEsiste un teatro che per dirsi “civile” non si limita a salire su un palco come fosse il podio d’un comizio da cui parlare ad un pubblico che – normalmente – già conosce e condivide determinate idee. Esiste un teatro che per dirsi “civile” sceglie che l’azione scenica da compiere non sia disgiunta da un’azione “pratica” che vada dalla scena fin fuori dalla scena. Esiste un teatro che cerca, rischiando in proprio, di essere davvero “civile” andando a portare, con la voce della propria poetica, la propria parola laddove il suo senso si fa più pregno e la sua eco rimbomba con maggiore fragore.
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Un giorno nell'orto...
Albeggiava e nell’orto di Mino si stavano formando le prime gocce di rugiada. La casa era ancora immersa nel silenzio e tutti i suoi abitanti dormivano profondamente. Anche il gallo taceva. D’altra parte Aristide, questo il suo nome, non cantava mai all’alba, ma lo faceva ad orari improbabili come le 12 o le 13. Lui era un nottambulo e la mattina faceva fatica a svegliarsi e, di conseguenza, a svolgere il suo lavoro di gallo. Erano inutili i rimbrotti di Mino: “Ma che gallo sei se non canti all’alba? Domani ti metto la sveglia e vediamo se impari a comportarti!”. Niente da fare. Aristide era un sognatore, un gallo davvero poco pratico. Trascorreva le sue serate guardando le stelle e interrogandosi sui misteri della natura (perché il giorno e la notte si susseguono sempre nello stesso modo? Perché ho questa cresta rossa se non posso metterci la gelatina?... e via dicendo). Insomma, pensa e ripensa, finiva per addormentarsi sempre verso le quattro della mattina e va da sé che non ce la faceva a svegliarsi alle cinque per cantare.
Percoto Introspettiva
Ministorie adolescenziali e non solo: introspettive, noir e surrealiste.
Ambientate nel cortile della Percoto e non solo e con i soliti protagonisti: Dario, Ale, Seo, Qualli ed altri...
A quattrocento anni dalla scomparsa del più celebre drammaturgo inglese Scene da Romeo e Giulietta, un percorso sulle parole di Shakespeare è un progetto che vuole celebrarlo coinvolgendo la città di Bologna: si snoda in teatri, biblioteche, musei, scuole e luoghi inattesi e simbolici della città e attraverso un ricco percorso di spettacoli, incontri, installazioni, laboratori e azioni a cura di Elena Di Gioia, Associazione Liberty e Teatrino Giullare.
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Ci siamo salutati attorno alle due, o giù di lì, non ricordo bene. E quando con una pacca sulle spalle ho sparato: “Augusto ha un livello di emotività di una scarpa vecchia e scalcagnata”, Luigi, aprendomi la porta di casa per farmi uscire, ha accennato una smorfia di non facile interpretazione. Che fosse dovuta alla bottiglia di Irish Whisky ormai al capolinea, e tristemente abbandonata sul tavolino del suo salotto, non sono in grado di darlo per certo.
Quella serata sul fine settimana non è stata diversa dalle altre. Ci incontriamo alternativamente a casa di Luigi, di Augusto o da me. Amichevoli meeting senza ordine del giorno, se non l‘impegno di cazzeggiare vaneggiando. Tuttavia con un comune interesse per la letteratura sia pure variamente orientato.
– Beh, dài, adesso non esagerare. – Si aggira nervosa in cerca di un angolino ben protetto dove posare tutto quanto hanno portato lì per farsi un tranquillo picnic e discutere – dopo aver ottenuto da pochi giorni il tanto atteso dottorato – sul modo di organizzarsi in tempi brevi dove completare gli studi con le necessarie esperienze sul campo. Lei è Flora, ventitré anni. Mavis è la sua amica di sempre, stessa età, porta un nome canadese perché quando è nata suo padre lavorava come project manager in quel Paese per conto della casamadre italiana. In quell’angolo per così dire protetto. Le due, che abitano a Torino, ci sono state più volte. Da sole, quando avevano bisogno di isolarsi, o in intima compagnia di ragazzi occasionali e non. La folta vegetazione su quell’argine della Dora Riparia è sempre stata per loro un sicuro rifugio lontano da occhi indiscreti.
Pensiero critico. Il mio professore di storia dell'arte del liceo pretendeva che, durante l'interrogazione, corredassimo di pensieri critici un'opera. Di Brunelleschi o di Füssli dovevamo saperne parlare per un'ora intera. Cosa dire in un'ora, per noi, era un mistero. Divagavamo inserendo argomenti tra i più disparati: dalla geopolitica all'antroposofia. Guadagnando, quando andava bene, un bel cinque; quando andava male, uno striminzito due; quando andava tragicamente, una passeggiata in corridoio. Più avanti negli anni capimmo che egli desiderava addestrarci al cosiddetto "pensiero critico". E invece, per cinque anni, pensammo criticamente che fosse folle. Gliene dicemmo...
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Giulio Rincione è fumettista e illustratore palermitano. Collabora come autore di fumetti con la casa editrice Shockdom, per la quale ha realizzato la sua prima graphic novel Paranoiae e la trilogia Paperi, scritta da suo fratello Marco Rincione. Ultimamente ho iniziato a collaborare con la Sergio Bonelli Editore, per la quale sta realizzando una storia di Dylan Dog, scritta da Michele Monteleone.
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1. Perché dare tanta importanza alla comunicazione dell’esperienza?
Oggi, attraverso i social network (fb, wap, twitter, ecc...) non si fa altro che comunicare esperienze acerbe e stati d’animo vacui. Vittime del vortice mediatico, anneghiamo senza possibilità di riconoscimento in un prima e in un dopo.
Nella fretta di comunicare non si vive.
La parola leggera va più veloce. Un soffio di vento se la porta via, perché non ha densità che la trattenga e la faccia germogliare.
Sembra sia passata un’eternità da McLuhan, Warhol, Pasolini e Debord. La frattura insanabile che da veggenti questi avevano intravisto, noi non la vediamo più, perché l’abbiamo completamente interiorizzata, rendendo totali la schizofrenia e l’alienazione.
Non sarebbe forse più utile insegnare a far sedimentare l’esperienza prima di comunicarla? Insegnare l’inutilità dell’attualità e la potenza imperitura dei classici?
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