“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Extra

Extra La locanda delle chiacchiere

«Il viaggio s’arresta in una locanda: scoppietta la fiamma, una musica dice il suo tono, il bisbiglio di voci vi domina legando i tavoli ai tavoli, gli uomini agli uomini. È qui che i racconti s’incontrano».

Monday, 21 March 2016 00:00

ART 3.0: AutoRiTratto di Rosanna Miccolis

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In merito a Rosanna Miccolis scrive − in Arte e collezionismo 2010 − il critico d'arte Mariarosaria Belgiovine: “La sua pittura si lascia trasportare da una segnica evocativa e memoriale, sottolineando la sua bravura nel descrivere ogni particolare. La quiete della natura è sottolineata dai suoi emotivi intrecci cromatici, che si sviluppano con naturalezza ed intuito creativo. Un figurativo dal tocco romantico, testimone della vasta ed inesauribile presentazione della realtà. Le sue opere ci comunicano una suggestiva scelta sfumata di un cromatismo adatto alle energie della sua elegante espressione pittorica". Conosciamola meglio, dunque; conosciamo meglio la sua pittura.                                                                                                                                                                                                                                                         

Quando ti sei accorta di voler essere un’artista?
Da sempre ho percepito un interesse per forme e colori, disegnando su qualsiasi supporto e vivendo a contatto con la natura mi servivo anche di un ramo per disegnare sulla nuda terra, mi bastava un tizzone per creare. Quello che più immortalavo erano gli occhi. In me è nato il desiderio di possedere un pennello e un colore fra le mani, ma non c’è stato un momento particolare in cui mi sono accorta di voler essere una pittrice. 

Sunday, 20 March 2016 00:00

La Principessa Gaia e il rubino del drago

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C’era una volta...
C’era una volta in una terra lontana lontana, il regno incantato della città di Pietra. Nel regno vi era una città costruita ai piedi di un’altissima torre di roccia che da sola saliva al cielo in mezzo alla pianura verde dove tranquillo e lento scorreva il grande fiume Vallon. Gli abitanti di quella città vivevano sereni e felici perché a governarli c’erano un Re e una Regina molto buoni, che vivevano in un grande castello e avevano una figlia: la Principessa Gaia.

Monday, 07 March 2016 00:00

ART 3.0: AutoRiTratto di Guido Argentini

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Se la Bellezza del nudo femminile potesse considerarsi un culto religioso di certo Guido Argentini potrebbe esserne il Primo Officiante. La sua fotografia celebra l’estetica del femminino coniugandola in un variegato caleidoscopio di prospettive e riesce nel delicato intento di renderne l’essenza al di là dello spazio e del tempo.
Nel suo articolato iter artistico Argentini passa dalla mimesi naturalistica del corpo femminile ad eleganti pose del rituale seduttivo fino a focalizzarsi sulla complessa espressività di felini occhi di donna che contemplano le sensuali forme riflesse davanti allo specchio.
Dal “nomen omen” si dispiega il Karma artistico di Argentini giacché proprio l’Argento diventa il tema e il materiale organico principale che attraversa le sue rappresentazioni fin dagli albori. Nell’Argento liquido forgia i corpi che rappresenta come archetipi della Forma, alleggerendoli dalla connotazione individuale dell’identità e sublimandoli nella celebrazione assoluta di un estetismo estemporaneo ed essenziale.
Nelle opere più recenti Argentini instilla l’emozionalità nei suoi soggetti, colorandoli di pulsante ed umano pàthos che inizia a scorrere come sangue vivo in quei corpi che in precedenza venivano resi come geometriche rappresentazioni archetipali. È forse, proprio attraverso questa magica intermediazione dell’Emozione, che la vicenda artistica di Argentini culmina nell'alchemica trasfigurazione dell’Eros in Amore.

Sunday, 06 March 2016 00:00

Certe strade

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Alla Biblioteca Ambrosiana c’è voluto poco per entrare in contatto. Dopo la laurea mi ero preso un anno sabbatico, come si usa nei Paesi anglosassoni. Volevo riflettere senza condizionamenti. Poi avrei deciso sul tipo di lavoro che mi permettesse di puntare in alto. Valeria, che ha quattro anni meno di me, frequentava il corso di laurea magistrale in arti visive per passare in seguito a quello di filmaking.
Da qualche settimana la mattina mi fermavo un paio d’ore nel salone di lettura per fare ordine in certe mie confuse idee, consultando libri di ogni genere con particolare riguardo alla saggistica politica. Lei se ne stava seduta sempre al primo banco, seminascosta dai numerosi volumi che sfogliava con aria concentrata. Ogni tanto si alzava, puntava dritto al reparto computer che le era di fronte, premeva velocemente alcuni tasti e fissava il video per qualche secondo. Al termine dell’operazione annotava qualcosa su una minuscola agenda mentre tornava al banco. Ogni volta, prima di sedersi, scuoteva la testa come fosse delusa. Poi gettava all’indietro i capelli rossorame e lanciava un’occhiata panoramica verso il salone.

Monday, 22 February 2016 00:00

ART 3.0: AutoRiTratto di Benedetta Manfriani

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"Per offrire una definizione alla poetica di Benedetta Manfriani – pittrice, scultrice, fotografa, videomaker, cantante – artista versatile quanto fedele ad una vocazione profonda e originale, potremmo usare il termine di "ulteriorità". Fin dalle primissime sperimentazioni pittoriche nello studio-bottega di Margherita Mazzoni – dopo gli importanti corsi alla Scuola di iconografia bizantina del monastero parigino di Saint-Jervais, e quelli alla Scuola di Seriate – intrigata dall’uso dell’oro, materia simbolica per eccellenza e dotata di una evidente semantica dell’“oltre”, l’artista toscana riesce subito a trasfigurare in chiave personale il materiale narrativo cui attinge nella sua produzione (pitture, xilografie, sculture), riferito in gran parte all’immaginario ebraico.

Sunday, 14 February 2016 00:00

Quel tipo di persona

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Mi manca. Cazzo, quanto mi manca. Dico a mia moglie: “Dài, apriamo un po’ ‘ste finestre. Non vedi che sole? Godiamocelo”.
“Certo che un inverno così sarà meglio dimenticarcelo” Kitty.
Per tante ragioni, penso.
Da oggi, dopo tre giorni, scorre vivace il traffico automobilistico sotto di noi. Il blocco è cessato, le polveri sottili rientrate nei limiti. C’è stato uno smog senza tregua.
La via dove abitiamo è stretta, i marciapiedi sui due lati lasciano poco spazio ai pedoni, non è certo un luogo da movida. Mi affaccio alla finestra dopo aver aperto le tende bianche, e subito mi torna alla mente quel marciapiede diviso in due della movimentata Rambla Santa Monica di Barcellona, così largo che è un piacere passeggiare, soffermarsi davanti alle vetrine dei negozi, alle bancarelle, lanciare lo sguardo in alto dove si affacciano elegantemente bizzarri balconi dal tratto architettonico che sembrano volerti ricordare un surrealista Gaudì.

Bari. Sul lungomare, il viola del cielo si fonde con quello dell’acqua. Alle due di pomeriggio i pescatori sono ancora sul molo, ad aprire ricci e arricciare polpi dai colori iridati. Il Teatro Margherita, il Petruzzelli e il cinema teatro Kursaal si fanno compagnia, l’uno a poca distanza dall’altro, a ricordare un passato glorioso e antico. Oggi sono chiusi. Nei vicoli stretti di Bari Vecchia, sotto gli archi, edicole votive e affreschi di "San Nicolino", come lo chiama la signora Nunzia, che impasta orecchiette e ti parla, sorridendo, in un dialetto contratto e rotondo, pieno di ritmo e melodia. Tutto scorre lento, almeno a quest’ora della giornata, se non fosse per sparuti gruppi di ragazzini che giocano a pallone nelle piccole piazze che ti si aprono davanti, quando meno te l’aspetti.

Monday, 08 February 2016 00:00

ART 3.0: AutoRiTratto di Davide La Greca

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“La verità nella performance è la verità della performance in sé. Se il performer non è presente a se stesso,e dunque non aderisce come un  tutt’uno alla propria mente e al proprio corpo, in un determinato spazio e tempo, allora la performance non potrà essere valida (come espressione artistica)”. Con queste parole Marina Abramović, celebre artista concettuale serba, sottolinea come l'espressione artistica contemporanea sia limitata nello spazio-tempo, cioè “in fieri” anziché tendente alla connotazione univoca e permanente come nell'arte classica.
In tal senso la “legatura” e quindi la forma d'arte che fa della legatura il suo fulcro espressivo, diventa il simbolo perfetto di questa transitorietà espressiva.


Anche a chi non frequenta regolarmente i teatri di Napoli sarà capitato, almeno una volta, di passare un’ora o più nell’antro nero e accogliente in Vico Gerolomini, budello stretto e lungo che collega l’Anticaglia alla parte finale di via Tribunali: nel cuore antico della città. Chi ci è stato ricorderà la forma particolare di questo spazio con una platea di soli trentotto posti, ricavata su due gradinate che tagliano a metà una sala piccola col soffitto alto e profondo, una volta parte della cappella del complesso dei Gerolomini. L’imponente scenografia (di Roberto Crea) del recente adattamento di Scannasurice firmato Cerciello/Villa, probabilmente, poteva nascere solo in un posto così.

Monday, 25 January 2016 00:00

ART 3.0: AutoRiTratto di Albin Talik

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“Cosa rappresentano i nastri bianchi presenti in molte delle tue opere?” Questa è la domanda che Albin avrebbe voluto che gli fosse posta da un fruitore della sua arte.
Avendo lasciato la domanda senza risposta non possiamo che tentare di dare una interpretazione soggettiva e personale. Forse quei nastri sono i fili del destino che conducono i protagonisti dei suoi quadri nel dispiegarsi caotico delle loro esistenze, oppure sono la figurazione dei vincoli e delle convenzioni che legano e immobilizzano l'operato umano: in ogni caso, quello che è evidente, è che alcuni dei soggetti di Talik usano o giocano con tali nastri laddove altri ne sono vincolati.
Alla ricchezza dei contenuti questo giovane artista polacco è in grado di affiancare una tecnica esecutiva del tutto originale. Egli infatti non fa uso di colori ma rende le sue rappresentazioni incollando pezzi di carta colorati e opportunamente sagomati così da costruire effetti e transizioni stupefacenti. Tale effetto così genuinamente materico è frutto di una lunga ricerca espressiva che Albin ha condotto partendo dalla sperimentazione musicale, all'accademismo pittorico fino alla manualità artigianale.

Sulla scena nera si muove, compatta, una schiera, che intona canti sacri e antichi a ritmo di tamburello. Quando la schiera si rompe, i nove giovani attori, cinque donne e quattro uomini, in mutande e sottane, si dispongono in riga davanti a un fascio rettangolare di luce rossa. In dialetto lucano si passano barattoli, sputi, sguardi e imprecazioni: tutti riuniti, per le ferie, a fare la conserva “re pumm'dur". C’è chi è emigrato in Germania e non torna da un anno; chi non si è mai allontanato ma da quel paesino della Val D’Agri vorrebbe fuggire; chi a casa non è tornato mai più. Un grumo di storie e umane pulsioni compresse dentro barattoli di acqua infetta, dove gli attori soffiano, per ricreare il suono del bollore della salsa in cottura.

Sunday, 10 January 2016 00:00

Il salone del barbiere

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Nella (non troppo) amena e ridente cittadina di B. – giacché provatevi voi ad essere ‘ameni e ridenti’ quando nel vostro territorio insiste una discarica di rifiuti oltremodo invasiva, senza neanche (tra l’altro) che ne deteniate la titolarità effettiva, sicché ne “godete” tutto il lezzo senza però che la si conosca nemmeno come “la discarica di B.”, finendo così per non essere nemmeno riconosciuti come titolari di un degrado, bensì due volte vittime: dell’inquinamento e dell’oblìo – in questa cittadina, dicevamo, insisteva, oltre a detta discarica – e oltre ovviamente a tutta una serie d’altre normalissime attività – la bottega, o meglio il salone, di un barbiere.

Monday, 11 January 2016 00:00

ART 3.0: AutoRiTratto di Salvatore Virdis

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Sin dalla giovane età, non appena le sue mani hanno occasione di esperire l'arte della modellazione del legno, Salvatore Virdis inizia a interpretare lo spirito della sua isola (nasce in Sardegna nel 1947 a Bono, in provincia di Sassari) scolpendo il legno, dando forma a giocattoli e oggetti della vita quotidiana. Con il passare del tempo, grazie all’esempio paterno, va sviluppando una progressiva manualità nell'uso del primo strumento di modellazione con cui entra in contatto: il coltello che gli consente una sempre maggiore capacità di definizione dei soggetti tridimensionali che va scolpendo.

Tuesday, 05 January 2016 00:00

ART. 3.0: AutoRiTratto di Giancarlo Muzzolon

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Ad ottobre ero a Venezia. Già gli ultimi chilometri di ferrovia mi sembravano particolarmente suggestivi per non parlare della cattedrale che ti si stampa in faccia uscendo dalla stazione. Venezia è unica e passando in ogni vicolo sembra di sentir sussurrare storie. Potresti immaginare di incontrare qualcuno che si nega, respirare l’aria delle calli dove vive uno dei tuoi sogni virtuali o sperare di incontrare, perdendosi in un vicolo senza sfondo, una dama di altri tempi celata da una maschera di raffinata bellezza. Guardando i quadri di Muzzolon si ricrea questa atmosfera, ci si proietta in una situazione già vissuta di cui si riconoscono i suoni, l’odore del forno, lo sguardo di un passante che non è passato per caso, di quella persona che ci ha sfiorati senza dire una parola. Sogni che si avverano, progetti che si realizzano, trame tessute ad arte proprio come la mappa di una città che tra terra ed acqua nasconde il cielo. Muzzolon ci offre scorci dai colori vivaci e invitanti.

E stu spasso mo è fernuto: 
ce so’ gghiuto a na "Cantata",
ma però me so’ addurmuto,
aggio perzo na nuttata.
Senza cchiù chella curnice,
nun teneva cchiù sapore!
‘a "Madonna" era n’attrice,
"Sarchiàpone" era n’attore.
So’ spettacole ‘e Natale,
è na vecchia tradizione
comm’ ‘a tombola, ‘o bengale,
‘o Presepio, ‘o capitone.
Chill’ambiente, e chella gente
‘ncopp’ ‘a scena a recita’.
Chille ‘e mo nun fanno niente
pecché ‘a vonno stilizza’.

('A cantata d’ ‘e pasture, Raffeaele Viviani)


Bell’è Babbele, bella e senz’uocchie...
Vecchia, sorda e semp’annura...
E mo addò jamme?
Addò ce portane?
Da quale parte de’ mure, stanotte, amma piglia’ l’acqua d’ ‘a morte?
[...]

Lengua?
E che mi abbisogna di una lengua a me?
Ne tengo ciente,
‘e Menelicche
e una, di soppiatto, ‘e fuoco
e abbruscia,
abbruscia,
cupole e ciardine,
parucche e pettinasse,
nutricce e signore,
carrozze e ‘ciucesse [...]

(Signurì, signurì, Enzo Moscato)

il Pickwick

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