“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Monday, 28 July 2014 00:00

Les Voyages de Lubylu – Natale a Taipei_8giorni in 8mail

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3° GIORNO

C’è il sole, finalmente c’è il sole, anche qui esiste, palliduccio, giallino, con i raggi storti, ma esiste.
Inizia la giornata della pazienza.
Stamattina avevamo i primi gruppi da servire, ancora non è partita la cosa ufficialmente ma già ci sono degli EJ, i nuovi modelli di Gruppintour, che vengono utilizzati. Jenadostovic corre a destra e sinistra cercando di organizzare lo staff. Non ve la descrivo perché l'abbiamo vista un sacco di volte in Vaticano; però qui si spala la posa e i cinesi l'ascoltano, non sanno a cosa stanno andando incontro; io la evito, sorrido, cerco di fuggire dalla sua ansia a mille. Tutto ciò davanti la Tzetzelchia, la vicedirettrice del Mant che vuole vedere con cronometro alla mano, se siamo veloci a servire un gruppo.
Juliuzza è allenatissima, ha passato tutta la notte ad attraversare i semafori.
La mia sopportazione stava già a mille. Pensate che poi, tra un ansiolitico ed un altro, faceva pure la spiritosa, spiritosa poi… faceva ‘e cretinate che faccio io; tipo scendeva in ascensore con lo staff e parlava con lo specchio. Nel suo inconscio devo essere il suo mito. Sta messa proprio malestovic.
Comunque il top lo raggiunge poco dopo. La Tzetzelchia, che tra l'altro è stata calinissima con noi due, mi chiede di far vedere alle guide come si utilizza il GIT. In quel preciso istante la selba mi dà una gomitata e si mette al posto mio... una gomitata! Da espulsione, da rosso diretto! Sono rimasto allibito, mi sembrava una di quelle ragazze del college che mettono il topo nell'armadietto della loro rivale di studi. Grande pazienza, mi allontano sorridendo. Ma una capata alla Zidane sarebbe stata più onesta.
Intanto arriva Chatlee Basilin, il tecnico che vuole delucidazioni sui nuovi radio sistemi; mentre mi inizia a parlare fa un rutto esagerato! Non mi sembra vero. Guardo fuori alla finestra pensando che stia ricominciando a piovere. Potevo mai immaginare che qui è una cosa normale?
Dopo 10 minuti e 7 rutti, mi chiama Julia in ufficio con la voce strozzata dalla paura: "Lu…ca pu... oi venire subi… to che stanno arriv… ando altri 3 grup…ppi?".
"Ok, arrivo! Chatlee, have you anything to say to Julia?”.
Ve lo immaginate se anche il nostro tecnico di Roma fosse così?
"Luca ce stanno 2 GIT riparati (rutto), e poi ce sarebbe da fa er inventory (rutto), chissà se sta a piove ad Edimburgo (doppio rutto).
Tolno dalla Jenadostovic che mi racconta una strana storia sulla Tzetzelchia, che è felicissima della nostra presenza (è vero), che ci ha invitato a pranzare con lei (è falso), e che si è fatta dare i soldi da lei per comprarci il cibo (è vero). In realtà si era solo prodigata a farci acquistare qualcosa di diverso dal solito, magari commestibile… Infatti tornando più tardi nell’ufficetto troviamo due piatti take-away e 2 coche.
"JJ, ma non dovevamo mangiare con la direttrice?". Silenzio.
Il fatto è che in questi giorni ho scoperto che serbo-poco-ma-serbo comprende l'Inglese ancora meno di quanto comprenda l'Italiano. Già in altre occasioni quando parlava con Shampoo e Greenpy aveva capito fischi per fiaschi, o come si dice qui a Taipei, rutti per tuoni.
Nel pomeriggio apriamo i pacchi con i nuovi EJ che sono di due famiglie diverse. Ne parlo con Chatlee che (tra un rutto e un altro) si mette subito al lavoro. Riferisco a JJ che dice ok, spalandosi la posa con Shampoo e Greenpeace; ad un certo punto, però, si incarta talmente tanto tra canali, famiglie, sistemi, frequenze, che "Wait, wait, wait July !”. La blocco e chiarisco la cosa a Peace.
Da quel momento inizia un pomeriggio diverso, con Jenadostovic più tranquilla, che non ti interrompe, che non ripete la stessa cosa che hai detto, che non chiede il suggelimento e poi lo fa passare per una sua deduzione.
Shampoo dopo poco parte per Londra, mi dice “Thanks for your help!”.
Le ricordo che mi sta per scadere il contratto e che Isidora vorrebbe farmelo partire dalla befana... Sto scherzando non le ho detto niente!
Le ho solo risposto: “It's my job". Eh? Mesi e mesi di incomprensibili corsi serali d’Inglese per dicere sta frase.
Al Mant c’è una ragazza che fa la Site Manager ed un’altra che gestisce le prenotazioni. Sono Lilly e Joyce, hanno il nome di un caffè ed una birreria, ma sono carine, nel senso di gentili e si danno veramente molto da fare. Insieme a loro e agli ab-bo-na-tiell, 1000 ricevitori GIT trovano un'anima ed una batteria. Devo dire che gli ab-bo-na-tiell oggi ci hanno piacevolmente sorpreso. A parte che si facevano le foto con me, e questo già mi ha reso felice; ma poi si mettono là e fanno quello che gli dici; hanno montato un caricatore rack enorme con una velocità disarmante, delle vere e proprie folmiche opelaie... fanno paura sti cinesi.
Anche oggi la giornata è stata tutta al Mant. Cena con Pizza Hut nell'ufficio e Woody Allen che fa foto allo staff e che magna!
Poi Julia dice vado a fumarmi una sigaretta fuori. Dopo un minuto suona l'allarme antincendio. No, non era stata lei. Erano gli operai che stanno costruendo il banco GIT. Sei metri di legno laminato con cassetti enormi, predisposizione ai collegamenti elettrici e all’inserimento di caricatori; e lo stanno costruendo con una velocità impressionante: fanno veramente paura sti cinesi!
"Luca, sai che ti dico? Ci facciamo dare il nome della ditta e ci facciamo costruire un banco uguale per il GIT in Vaticano, tanto a gennaio deve venire in Cina il direttore dei Musei Vaticani Bullonelli, e glielo facciamo approvare da qui!”.
"E poi c'o mettimm' ind' a valiggia".
Breve incontro anche con il direttore del Mant che con casco bianco da minatore è arrivato per controllare lo stato dei lavori. ‘Na cosa piccolina, cu 'na cravatta improbabile. Lo salutiamo con l’inchino, il migliore: l’inchino Brodino. Sì, il famoso inchino che JJ fa ogni volta che incontra a San Pietro S.E. Mons. Brodino, e che il prelato ripete quasi sincronicamente, credendo si tratti del saluto tipico delle aziende multinazionali.
È tardi, l'ora del consueto taxi, l'ennesimo tassista cinese con la sua foto sulla licenza che non gli somiglia mai; la musica classica; i sedili in pelle consunta; il lieve fetore; la strada sempre diversa, e l'ultima serbata della giornata:
"Luke, ma lo sai che mi ha detto Lilly?!? Che lo staff non viene pagato ad ore. No. Pensa che cosa assurda! Loro poverini possono lavorare quante ore vuoi e prendono sempre lo stesso compenso al mese!”.
"Jena, da noi si chiama contratto a progetto...".

(CONTINUA)

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