“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Paola Spedaliere

Se l'amore è un diritto

Fedra, antico mito ellenico, non è così lontana da noi, in fondo. Solo una membrana messa come quarta parete ci separa da lei, ci ricorda lei dovunque, anche sui pannelli laterali dove si staglia l’immagine marmorea della donna cretese con occhi vivi e reali.

Tre punti sospensivi

Sul palco del Teatro Nuovo, in fondo, quasi poggiate a terra, vi sono delle lettere bianche con delle piccole lampadine che formano il nome del protagonista Tony P., Tony Pagoda, che si trova a sinistra mentre fuma una sigaretta ed ha di fronte una ragazza che lo assiste. Indossa una vestaglia, sotto cui si intravede una camicia rossa ed un vestito scuro. I capelli sono lisci, di colore castano-rossiccio, con un lungo ciuffo attaccato alla fronte che quasi poggia sulla montatura scura degli occhiali simili a dei Rayban.

Futuro remoto presente

La scenografia di Arancia meccanica non c’è perché il palco è una scatola nera dove la scena è dipinta da fasci di luce bianchissima, tridimensionalizzata dalla musica quasi sempre presente e chiaroscurata dalla gestualità, dagli abiti e dai pannelli scorrevoli come altri elementi di scena. In questo modo l’attenzione è tutta rivolta all’analisi dei personaggi completamente calati in un quotidiano fatto di slang linguistico chiamato Nadsat, di violenza allo stato puro che decontestualizza l’asse temporale della vicenda, ambientata in un futuro ormai divenuto presente.

Tre riflessioni sull'amore

Al Nuovo Teatro Sancarluccio si è svolta la serata di premiazione del Positano Teatro Festival, giunto alla XI edizione. La serata, curata da Gerardo D’Andrea e dedicata al “Teatro che verrà”, ha visto la messa in scena di tre corti teatrali selezionati al festival La corte della formica 2013 di Gianmarco Cesario, che ha presentato la serata.
Isa Danieli ha premiato a fine serata i tre autori con il premio intitolato ad Annibale Ruccello.

Una notte di follia

Notturno di donna con ospiti di Annibale Ruccello è del 1982 ed è stato variamente rimaneggiato nel corso degli anni successivi. In questo testo è evidente come il teatro, come ogni forma artistica, arrivi prima di tutti a cogliere l’anomalia e l’alterità che si stanno sviluppando dalle mutazioni strutturali della società. La pièce di Ruccello, messa in scena al Teatro Bellini con la regia di Enrico Maria Lamanna con una Giuliana De Sio che la porta in scena dal 1996 come se fosse una seconda pelle, sintetizza, senza perdere la sua analisi lucida e commossa, la vita di una donna come tante che nel matrimonio crede di essersi realizzata, come si usa dire ancora in tanti ambienti per rimarcare la sua “naturale” inclinazione al sacrificio, invece si è rinchiusa (o è stata rinchiusa) in una gabbia.

Macelleria Napoli

Una nebbiolina evanescente si incunea tra gli spazi del Teatro Elicantropo ed invade la scena occupata dagli attori del primo quadro, “Bell’è Babbele”, di Signurì Signurì di Enzo Moscato, liberamente tratto dal romanzo La pelle di Curzio Malaparte.

Antropologia applicata alla Mamma

Per la rassegna Il Teatro cerca Casa, il salone di casa Santanelli si trasforma in palco e platea. Sul primo un telo celeste funge da scenografia, creando quasi una dimensione atemporale in cui si svolgono le storie di Mamma. Piccole tragedie minimali di Annibale Ruccello, interpretato da Rino Di Martino. In realtà una dimensione storica è ben delineata e circoscritta perché, queste donne-madri, incarnano parecchie declinazioni di tale status: a partire dalla favola di sapore seicentesco di Giovan Battista Basile, fino alla mamma moderna,“di plastica”, dei primi anni ’80.

Quando il salotto diventa un castello

Un modo per avvicinarsi al teatro e affezionarsi ad esso. È lo scopo della rassegna Il Teatro cerca Casa creata da Manlio Santanelli giunta alla terza stagione in un crescendo di pubblico e di successo. Il primo spettacolo di questa stagione si è svolto nell’accogliente salotto di casa Bonadies, trasformato in un castello inglese di fine Ottocento con le atmosfere gotiche del romanzo Giro di vite di Henry James.
Solo due luci: una lampada su un piccolo scrittoio e l’altra su un leggio posto al suo fianco. Solo una voce, quella calda e spessa di Margherita Di Rauso. Fogli di carta si trovano sullo scrittoio ed altri sono accartocciati a terra.

La noia esistenziale di Emma Bovary

Il palco nero è tagliato a metà da una bassa passerella bianca che parte dal fondale per arrivare quasi al proscenio. Su di essa si trova la protagonista Emma Bovary, con una lunga gonna grigia ed un grigio lungo cappotto. Ha i capelli raccolti in una coda di cavallo, il viso tirato, le mani nervose. Emma è uno dei personaggi più famosi della letteratura europea, è la personificazione dell’insoddisfazione e della noia in cui Flaubert si riconosce fino a fondersi con lei. È anche la rappresentazione spietata di quella borghesia francese di fine Ottocento che si è involuta, che è diventata mediocre, senza luce. Emma è oggetto, parte integrante di quella borghesia che denigra, che rifiuta, diventandone la vittima.

Fuoco di gioventù

Il palco è completamente vuoto ad eccezione di due taniche di plastica poste sulla destra del proscenio. Assito, sfondo, quinte, tutto è nero e spoglio. Mouvma! inizia con l’ingresso a piedi nudi di un giovane alto, con una selva di capelli ricci, magrissimo, in jeans e canotta nera, che chiede al pubblico:”Ça va?”, come va? Quasi subito dopo dalle quinte a destra entra una ragazza vestita allo stesso modo, immediatamente seguita dall’ingresso sulla sinistra del terzo attore ripetendo la stessa domanda insistentemente.

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il Pickwick

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