“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Thursday, 02 September 2021 00:00

L’età femminile nella cultura mediale italiana

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Basta navigare sul web o sfogliare qualche rivista che dichiara genericamente di occuparsi di “costume” e di “attualità”, ma che nei fatti riconduce i due ambiti praticamente al solo mondo dello spettacolo audiovisivo e quasi nei soli suoi aspetti gossip, per rendersi conto dell’insistenza con cui viene esplicitata l’età delle celebrità femminili.

Quella che nel panorama italiano sembra essere una vera e propria ossessione per l’età femminile rimanda a un particolare rapporto con l’invecchiamento che, restando nell’ambito dello spettacolo audiovisivo, ha dato luogo a un massiccio ricorso a interventi estetici letteralmente deformanti corpi e volti al punto da annullarne in numerosi casi la mimica facciale. Qualche scheggia di Blob o qualche sequenza di un film di Paolo Sorrentino, nel loro oscillare tra sgranato o patinato compiacimento e ironia trash, offrono un potente concentrato di volti deformati all’inverosimile di celebrità dello schermo che però, nonostante possano risultare grotteschi o fin anche mostruosi, si fanno portatori di un’estetica che forse proprio per la sua extra-ordinarietà viene in fin dei conti accettata dal pubblico finendo paradossalmente per ricondurre per via artificiale le celebrità alle supposte brutture dei corpi e dei volti comuni, quasi si trattasse di una rassicurante conferma dell’essere tutti diversamente imperfetti. Sin dall’antichità sull’età si è imposto uno sguardo pressoché esclusivamente maschile che nella sua pretesa di neutralità e universalità ha decisamente orientato lo sguardo e gli studi nei confronti del soggetto femminile. Se è vero che l’ossessione per l’età femminile e il ricorso a interventi estetici finalizzati al suo occultamento sono fenomeni di certo non esclusivamente italiani, è altrettanto evidente che in questo Paese tutto ciò assume caratteristiche specifiche derivanti, almeno in parte, da una peculiare tradizione culturale.
Il recente volume Aging girls. Identità femminile, sessualità e invecchiamento nella cultura mediale italiana (Meltemi, 2021) − curato da Paola De Rosa, Elisa Mandelli e Valentina Re − si propone di verificare quali norme sociali regolino il processo di invecchiamento, come vengano registrate nell’ambito mediale e con quali reazioni da parte delle donne. Le aging girls a cui fa riferimento il titolo “sono donne che gestiscono i processi di invecchiamento del corpo, pur restando ‘ragazze’ (e ammesso che tale dicotomia sia sostenibile) nello spirito? Oppure donne che si sforzano di ‘sfidare’ il tempo per restare nel corpo di ‘ragazze’? E ancora, [...] chi decide come ‘far invecchiare’ le ‘ragazze’?”. Inoltre, quali norme sociali regolano questo processo e con quali ricadute in ambito mediatico ed extra-mediatico? “Quali sono, dunque, le rappresentazioni mediali dei modelli identitari femminili? In che modo la donna italiana viene investita dell’onere di rappresentare un ideale di femminilità matura? Attraverso quali espedienti narrativi la cinematografia ha messo in scena i temi dell’aging e della sessualità ‘al femminile’? E, parallelamente, con quali strumenti ha contribuito a orientare, veicolare, amplificare le trasformazioni dei costumi nella società italiana?”.
Nel volume la complessità dei fenomeni indagati viene affrontata in un susseguirsi di analisi riferite a particolari case study. Il saggio di Clementina Casula esamina il processo di aging italiano dal secondo dopoguerra a oggi individuandovi elementi di continuità discriminatoria e di elevata esposizione delle donne ai pregiudizi negativi sull’età. Marica Spalletta e Paola De Rosa propongono un’analisi sociologica della campagna di comunicazione istituzionale del 2016 inerente al Fertility Day a cui un’ondata di indignazione sui social network ha saputo contrapporre una contro-campagna, denominata Fertility Fake, capace di oltrepassare gli schermi e raggiungere le piazze fisiche.
L’intervento di Maria Elena D’Amelio analizza criticamente la youth culture che imperversa nelle pubblicità a partire dal caso specifico degli spot Lancôme con Isabella Rossellini in cui, secondo le studiose, “l’esaltazione della donna matura, che in apparenza sembra riscattare la visibilità delle perennials, non si accompagna alla decostruzione di quei paradigmi narrativi e canoni di bellezza tipici dell’industria della moda, che tende invece a stigmatizzare l’invecchiamento del corpo femminile”. Dalila Missero si sofferma invece sulla rappresentazione mediatica dell’invecchiamento di Catherine Spaak evidenziando come la sua figura pubblica contemporanea resti inesorabilmente associata ai suoi “ruoli trasgressivi” nel cinema degli anni Sessanta. “Una strategia che riflette quella ‘retorica tradizionalizzante’, tipicamente italiana, che tende a ricondurre il cambiamento sociale a una conquista del passato”.
La rappresentazione della “femminilità matura” viene indagata da Danielle Hikpins esaminando i film Assolo (2016) di Laura Morante e Amori che non sanno stare al mondo (2017) di Francesca Comencini, caratterizzati da “una posizione apertamente critica rispetto alla formula standard della commedia romantica”; si tratta di opere che “volgono uno ‘sguardo interiore’ alla psicologia femminile, mettendo in luce come il ‘lieto fine’, soprattutto sul fronte sentimentale, non rappresenti per le due protagoniste un esito obbligato, soprattutto laddove questo si pone in contrasto con le proprie aspirazioni di donne indipendenti, che non sembrano condizionate (unicamente) dall’ideale dell’amore romantico, né dai dettami imperanti della sessualità”.
A proposito del rapporto tra aging e celebrity, mentre Roy Menarini indaga l’evoluzione dell’attrice Sabrina Ferilli da una dimensione “divistica-erotizzante” a una rappresentazione “domestica” coincidente con una trasformazione simbolica, prima ancora che anagrafica, Luca Barra si sofferma invece sulle varie tappe della carriera di Pamela Prati che nel momento in cui inizia ad eclissarsi il suo rappresentare il “desiderio proibito” degli italiani negli anni d’oro del varietà televisivo, inizia a partecipare ai reality show per poi divenire espressione di un “desiderio che invecchia” nel tentativo di “trasformarsi illusoriamente in moglie e mamma, tra catfish e shaming”.
Restando all’ambito televisivo, Veronica Innocenti prende in esame Uomini e donne di Maria De Filippi, “con un focus sulla formula del Trono over (che ha favorito l’inserimento di una categoria di concorrenti più maturi) e sui ruoli stereotipati ricoperti dalle donne nell’ambito di tale format televisivo, rappresentate quali ‘dame’ (in contrapposizione ai ‘cavalieri’ maschili), caratterizzate da un’‘apparenza omologata’ (requisito chiave ai fini della ‘desiderabilità’) e spesso esposte a giudizi derisori nelle loro relazioni con uomini più giovani”. La rappresentazione della sessualità femminile in età matura nella serialità televisiva italiana viene infine analizzata da Sara Casoli che approfondendo la serie Imma Tataranni. Sostituto procuratore (dal 2019-in produzione), diretta da Francesco Amato, mette in luce come il modello di femminilità matura messo in scena dalla serie si riveli più complesso e realistico rispetto ai classici stereotipi di genere.
Nel suo complesso il volume propone dunque un’analisi delle aging girls che palesa un difficile equilibrio tra subire il “tempo che passa” e reagire ad esso. “Ed è esattamente lungo la linea di confine tra ‘passività’ e ‘re-attività’ che l’universo femminile italiano (e non solo) vede collocata la propria rappresentazione identitaria, alle prese con un gioco di equilibrio, troppo spesso precario, tra quella ‘transitività’ che dell’aging rappresenta un passaggio obbligato – l’invecchiamento quale naturale evoluzione della condizione umana –, e quella ‘intransitività’ che si esplica attraverso il predominio di norme socio-culturali che prescrivono alle donne ‘come invecchiare’ e, al contempo, pongono la cultura mediale di fronte alla sfida di una complessa – e quanto mai necessaria – inclusiva rappresentazione”.





Paola De Rosa, Elisa Mandelli, Valentina Re (a cura di)
Aging girls. Identità femminile, sessualità e invecchiamento nella cultura mediale italiana
Meltemi, Milano, 2021
pp. 260

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