Letteratura La bottega dei libri
«Narravano che la più misteriosa tra le botteghe fosse la bottega dei libri: da essa pare venisse un diabolico miscuglio di trame e vicende che contagiava i passanti più frettolosi tramutandoli in lettori accaniti».
Robert Walser. Il paziente confessa di sentire voci
Written by Rosella Ricci del Manso“Il singhiozzo è la melodia del bisbiglio walseriano. Ci rivela la provenienza dei suoi soggetti preferiti. La follia e nessun altro luogo. Sono personaggi che hanno attraversato la follia e per questo rimangono di una superficialità straziante, completamente disumana, imperturbabile. Se volessimo definire in una parola quello che hanno di divertente e terribile, potremmo dire: sono tutti guariti. Chiaramente non sapremo mai quale sia stato il procedimento della cura, a meno che ci si avventuri nella sua Biancaneve”.
(Walter Benjamin, Ombre corte. Scritti 1928-1929)
Di Nino Benvenuti si parla spesso, il suo nome è inesorabilmente legato alla storia del pugilato così come i suoi successi. Nino il campione. Sua è la medaglia d’oro alle Olimpiadi di Roma del 1960, suo è il titolo mondiale nella categoria dei pesi superwelter e pesi medi. È storia, ormai, la trilogia d’incontri contro l’americano Emile Griffith così come le tutte le altre vittorie dell’icona italiana della boxe.
Quando il Golem fu creato da Rabbi Löw, gli mancava soltanto la parola, cosa che però più tardi si sarebbe dimostrata un vantaggio, poi arrivò Roth, che creò Portnoy e il suo lamento.
In generale tra i vincitori e coloro che si son visti passare la vittoria sotto il naso a braccetto con un altro mentre gli fa ciao ciao con la manina, preferisco i secondi, è una cosa che probabilmente risale ai tempi in cui guardavo carrellate di Will il coyote e che forse sarebbe anche arrivato il momento di superare, ma nell’attesa funziona così. Quindi, se avesse vinto Roth, ora starei qui a parlavi della Munro, ma dato che così non è andata, eccomi qui a parlarvi di questo straordinario e prolifico scrittore e di uno dei suoi libri a cui sono più affezionata: Lamento di Portnoy.
- La creazione di un Golem
- Grazia Laderchi
- Il Pickwick
- letteratura
- Philip Roth
- Lamento di Portnoy
- yiddish
- letteratura americana
- sessualità
- Addio Columbus
- einaudi editore
- autocensura
- Alex Portnoy
- alter ego
- Dr Spielvogel
- misoginia
- figomania
- New York Times
- Portnoy's Complaint
- Roberto Sonaglia
- Francois Reumont
In un precedente articolo dedicato al Premio Strega, Walter Siti, mi ero concentrato non tanto sulla trama quanto sulle categorie letterarie. La tesi era che con Resistere non serve a niente emergono due verosimili intenti a specchiarsi l’uno sull’altro. Mentre è reale-verosimile la tradizionale dicotomia che ha retto le sorti di questo prodotto specifico della cultura occidentale: appunto, il romanzo. Possiamo porci il problema di quando cominciare a parlarne, chiederci se bastino Gargantua e Don Chisciotte a determinare l’anno zero oppure se occorra risalire al ciclo bretone o addirittura alle Metamorfosi, quelle di Ovidio non quelle di Kafka. L’ambito geografico mi pare lambisca latitudini a noi prossime.
Paideia napoletana. “Gli alunni del sole” di Giuseppe Marotta
Written by Giuseppe VarrialeGli alunni del sole di Giuseppe Marotta vede la luce – ossia il sole della realtà immanente – nel 1952, quando l’autore ha cinquant’anni ed è ormai un affermato giornalista (per il Corriere della sera), sceneggiatore (con Vittorio de Sica scrive la sceneggiatura de L’oro di Napoli, tratto da un libro dello stesso Marotta; con Eduardo De Filippo e Mario Soldati adatta al cinema Questi fantasmi) e narratore (svariate sono le sue opere: romanzi, raccolte di racconti, saggi, opere teatrali).
- Paideia napoletana
- Gli alunni del sole di Giuseppe Marotta
- Giuseppe Varriale
- Il Pickwick
- letteratura
- napoli
- Giuseppe Marotta
- Gli alunni del sole
- L'oro di Napoli
- Omero
- Fedro
- i miti greci
- Senofane
- Esiodo
- Mondadori
- vittorio de sica
- Mario Soldati
- I presocratici Testimonianze e frammenti da Talete ad Empedocle
- Alessandro Lami
- Giuseppe Zanetto
E voi? Accettereste scommesse per questo mezzo di contatto fra spazi e tempi lontani che comincia a sentire il peso dell’età? Ricordate Calvino, le sue Lezioni Americane? Scriveva nel 1985 – e purtroppo lo ha solo scritto, o meglio appuntato, visto che la morte improvvisa gli impedì di tenere le conferenze programmate negli Stati Uniti – che quello che stava per concludersi era stato il millennio del libro. Un oggetto capace di sedimentare, nell’arco di dieci secoli, valori estetico-artistici che stavano a cuore allo scrittore sanremese nato a Cuba, che avrebbe fatto di tutto per salvaguardarli e proiettarli oltre le soglie del 2000.
Ad Antonio, per “Lezioni di letteratura” di Nabokov
A Fabio, per “Vita grottesca e tragica di Victor Hugo” di Ionesco
Premessa
“I libri, in un certo senso, non stanno mai fermi. Se ne vanno in giro per la città, entrano nelle case, stanno bloccati magari per anni, per decenni, poi ripartono perché nessuno li può possedere per sempre, nessuno può bloccarne il migrare, a meno di usare le maniere forti. Ma se un libro non lo annienti, prima o poi riparte, riprende il suo giro”.
Incipit.
“Avevo sedici anni e stavano per fucilarmi, ma la cosa peggiore era che sarei morto senza neanche avere addosso un paio di mutande vere. Sotto i pantaloni portavo la stoffa di un ombrello rotto, cucita alla meno peggio: non c’era neppure un elastico. Non avevo paura, avevo vergogna”.
Cominciava così la storia più bella che mio padre avesse da raccontare. (p. 9)
Un figlio racconta la storia di un padre, Remo Gualandi, e la presenta subito come la più bella.
D’Annunzio e la lingua. Un gioco aristocratico
Written by Davide Di FalcoSe addentate un tramezzino e poi vi concedete (magro lusso, lo riconosco) un Oro Saiwa; se andate con la automobile (attenzione, sostantivo di genere femminile) a fare compere alla Rinascente; se tutto va in fumo e siete costretti a chiamare i vigili del fuoco; se la ragazza di cui amate tutto – specie il nome – si chiama Ornella, non sarà fuori luogo, tanto più perché quest’anno ricorre il centocinquantenario della nascita, rivolgere un pensiero al coniatore di queste parole, espressioni, nomi propri: Gabriele d’Annunzio.
È un romanzo indefinibile, Bambini bonsai.
Se provassi a raccontare la trama, potrebbe sembrare un libro per criaturelli.
Ma non è un libro per bambini, è un libro sui bambini, è un libro sulla presa di coscienza che “l’infanzia finisce, e che una bambina bonsai non la si può sradicare”.
Sono le ultime parole del libro.
La bambina bonsai è Sofia.
“Si è ciò che si ama. No?”, certo anche quello che mangiamo, ma a livello di midollo emotivo e materia cerebrale siamo ciò che amiamo, siamo le nostre passioni, per questo è importante scegliere con cura le proprie passioni, e per questo il più grande favore che ci offre la cultura è proprio la libertà di scelta: “riuscire a decidere consapevolmente che cosa importa e che cosa no. Riuscire a decidere che cosa venerare”. Dato che l’ateismo non esiste, è importantissimo saper decidere e imparare a pensare; l’alternativa è l’inconsapevolezza, la modalità predefinita, la corsa sfrenata al successo. Questo, in buona sostanza, diceva David Foster Wallace in Questa è l’acqua rivelando una grande verità, con la V maiuscola, che riguarda la vita prima della morte e il reale valore della cultura.
Una poco appariscente, appartata parentesi, appena da appuntare, fu la permanenza del poeta su questo piccolo pianeta politico, questo periclitante patrimonio, questo pittoresco palcoscenico pieno di persecutori e repleto di pittime.
"La distruzione è parte del processo creativo". Così afferma Donnie Darko nel film omonimo a proposito del significato del racconto di Graham Greene, I distruttori, e così recita il motto del mio blog.
Non ho mai letto Greene, ve lo dico come premessa, per cui molto difficilmente in questa mia piccola riflessione sul racconto vi parlerò del suo stile e della sua opera a me sconosciuta, mi limiterò a parlare di questo racconto, tralasciando l’ombra del suo creatore, relegandolo sullo sfondo, seduto in una poltrona mentre fuma la pipa (lo immagino così).
In sonno o in veglia questi duri pensieri?
Written by Rosella Ricci del MansoIl 3 gennaio del 1889 Friedrich Nietszche risiedeva a Torino e uscendo dalla sua camera ammobiliata di via Carlo Alberto 6 rimase così scosso dalla crudeltà con cui un cocchiere frustava il suo cavallo da gettare le braccia al collo dell’animale e perdere da quel momento in modo definitivo l’uso della ragione. In lacrime, non sopportando più la vista di quello spettacolo, disse una frase: “Madre, sono uno stupido”. Cadde al suolo e collassò. L’ultimo episodio conosciuto della vita del filosofo diviene l’inizio della sua Fine. Nietzsche ne aveva sentito il respiro tra le frustate, l’aveva riconosciuta. Il cavallo ne respirava il marcio fetore ormai da tempo. Gli uomini invece non si accorsero di nulla.
Oggi il tempo è plumbeo ma senza fuoco e piombo. Sembra che la vita faccia male a molti. Le tragedie ci colgono preparati, i nostri occhi e le nostre orecchie sono pronti a tutto, purché vi sia un filtro − uno schermo, una radio, un giornale −: noi non sentiamo sulla pelle questo tempo, il tempo degli assassini.