Lo stesso anno, Parise doveva difendersi da accuse di “disimpegno”, e lo faceva a modo suo, sostenendo un “programma non politicizzato”, fondato sulla “tanta disprezzata poesia”.
Fa effetto leggere queste parole nel 2014, in un contesto storico in cui vigono concetti come “fine delle ideologie” e “allontanamento dalla politica”. Ed appare una singolare coincidenza quella di ritrovarci in un Festival delle Idee Politiche la cui prima edizione, intitolata Alfabeti, è stata strutturata come un sillabario politico (R come Revolução dos Cravos, I come Inclusione, D come Democrazia, eccetera), un sillabario opposto a quello di Parise, un sillabario che vuole riavvicinarci, tramite concetti fondanti, a quella che oggi lo scrittore direbbe “tanto disprezzata politica”.
Il FIP (Festival delle Idee Politiche), organizzato dall’associazione Città Meridiana con il contributo dell’associazione Il Diario del Viaggiatore, si è svolto a Pozzuoli (NA) per tre giorni, dal 25 al 27 aprile. Per l’occasione ci sono stati seminari, laboratori, forum, mostre d’arte, proiezioni, passeggiate sul territorio, teatro.
Gli obiettivi del festival, secondo Giovanna Buonanno vicepresidente di Città Meridiana, sono stati i seguenti:
1. legame giovani-vecchi;
2. legame locale-internazionale;
3. legame teoria-pratica.
Scambio di conoscenza e di esperienze, dunque, ma anche recupero di una teoria che non sia separata dalla pratica.La prima lettera affrontata non poteva che essere P come Politica. La responsabilità di aprire con il tema centrale della manifestazione è gravata sul filosofo Biagio De Giovanni, il quale ha operato una analisi semantica, storica e ideologica del termine, partendo dall’attuale crisi della politica che è crisi di rappresentanza e dello spazio pubblico per giungere alle fondamentali parole di Hannah Arendt: “il senso della politica è la libertà”. Fa riflettere l’approccio tutt’altro che nichilistico di De Giovanni; a suo dire nella critica contemporaneità che viviamo si starebbe aprendo un immenso laboratorio e non dovremmo volgerci al passato quanto “guardare a ciò che il mondo ci apre”.
Il FIP è stata una di quelle esperienze che si vorrebbe rivivere, vuoi per le illustri presenze di caratura nazionale in un territorio, quello puteolano, che tende talvolta a chiudersi nel suo guscio dorato ma che negli ultimi anni sta finalmente liberando potenzialità che indubbiamente vi sono; vuoi per la sperimentazione di interazioni tra associazioni che, se potenziate, potrebbe apportare una crescita esponenziale del festival partendo dal basso (che poi è quello che già avviene per un’altra manifestazione flegrea di tipo enogastronomico: Malazè). C’è stata una risposta in termini di pubblico che può e deve migliorare, anche perché un festival supportato da tutti è un festival che cresce e che può creare indotti per molti. Senza dubbio l’idea di base, quella di ricreare discorsi intorno alla politica dialogando con un pubblico presumibilmente disgustato da ciò che è diventata la politica negli ultimi anni, è di notevole portata, e si auspica allora che quella di quest’anno non sia un’esperienza unica ma che venga riproposta periodicamente.
NB. Grafica di copertina di Federica Prota. Foto di Roberta Correale.