I danzatori che il ROF ha selezionato tra oltre trecento domande di partecipazione hanno dimostrato che la danza contemporanea italiana può trovare un’onesta collocazione anche all’interno di una piéce a più mani che conferisce a loro un ruolo non subalterno ma di totale collaborazione con gli altri artisti. La presenza di danzatori esteri concede all’intera opera un respiro più ossigenato e ne rilancia il livello su scala mondiale.
Ho deciso di intervistare i due danzatori stranieri Maxime Freixas (Ballet de Geneve, Ballet Actuel de Nathalie Bard, Compagnia Artemis danza), francese e Maria Eugenia Rivas (Sasha Waltz, Carolyn Carlson), venezuelana, per condividere con i lettori del Pickwick, amanti dell’opinione del mondo della danza e non solo, una prospettiva che dia voce a coloro che per parlare utilizzano il loro corpo. Credo che essere danzatore oggi significhi avere coraggio nell’accettare la propria missione artistica e sociale e per poter comprendere i vantaggi e talora le problematiche di questa professione è utile parlare direttamente con chi ha scelto di vivere una vita nomade.
Conoscevi già il ROF?
Maxime: No, non conoscevo il ROF prima di quest’esperienza, sebbene sia venuto a conoscenza della sua importanza grazie a dei colleghi italiani molto gentili che mi hanno parlato dell’audizione e mi hanno aiutato a partecipare alla selezione. Il loro aiuto è stato necessario perché ero in Italia solo da due mesi e non comprendevo né parlavo l'italiano.
Maria: Sì, conoscevo il ROF ma non avevo avuto l'occasione di partecipare. Ho Saputo dell’audizione tramite e-mail. Ho Ricevuto l'invito da alcuni colleghi.
Che ruolo interpreti da danzatore all’interno dell’Opera?
Maxime: Nel primo e nel quarto atto sono un popolano svizzero. Nel terzo atto sono un ufficiale austriaco. Le coreografie che danziamo sono molto dinamiche e mi diverto ad interpretare questi ruoli.
Maria: Nel primo atto interpreto il ruolo di popolana svizzera che sta per sposarsi e nel terzo atto, sebbene il ruolo sia lo stesso, indosso un costume tradizionale svizzero per danzare.
Come si svolgono le prove e quindi il processo creativo? Credi sia marginale la presenza dei danzatori all’interno dell’opera, oppure in quest’esperienza la collaborazione con gli altri artisti è alla pari?
Maxime: Devo premettere che l’organizzazione del ROF è davvero esemplare perché abbiamo degli orari lavorativi molto precisi e questo per me è importante perché denota un profondo rispetto del danzatore e dell’essere umano. Dico e preciso questo perché generalmente quando si lavora nel mondo della danza la tendenza generale è quella di far sforare le ore di lavoro senza che vengano retribuiti gli straordinari. Il training del corpo di ballo è una lezione di danza classica o contemporanea seguita dalla pulizia delle coreografie e dalla ripetizione delle parti che il coreografo intende perfezionare; poi secondo l’esigenza si fa un filato dell’intero spettacolo. Il processo creativo è stato molto stimolante perché il coreografo ci ha permesso di creare valore attraverso il nostro personale contributo, dandoci l’opportunità di presentare nostre coreografie nate durante i laboratori di ricerca sulla tematica dello spettacolo. La collaborazione è stata assolutamente alla pari. Lavorare con i figuranti speciali e con i cantanti è stata una possibilità per condividere differenti esperienze artistiche apportando allo spettacolo diversità e colore.
Maria: abbiamo lavorato col coreografo Ron Howell che ci ha fatto improvvisare su delle sensazioni precise e il materiale coreografico che abbiamo portato in scena è stato il frutto di questo processo; poi si è costruito il tutto. Devo dire che in quest’opera i danzatori hanno lavorato alla pari degli altri partecipanti dell’opera, cantanti, coristi e così via… anche se generalmente nelle opere italiane e non solo non si dà al danzatore il giusto valore.