Domenico Caringella
Il rapimento di Lalo Schifrin
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Rapire il maestro Lalo Schifrin non fu la cosa più facile del mondo. Ma l’uomo che poteva farlo, farlo in quel modo, ero io. Dieci anni nel Mossad avevano affinato tutti i miei sensi; tranne quello del dovere. E così, dopo aver incontrato Selima che vendeva saponette colorate all’angolo di una stradina della parte vecchia di Nablus, ero uscito dai Servizi. Da noi, mai innamorarsi del nemico.
Il quarto nome
A volte è solo una questione di tempi. La stessa azione muta forma, e senso, da un istante all’altro; però il nucleo resta integro. Vale anche per chi agisce. Gli uomini possono avere fini più nobili e l’illusione di essere migliori di chi li ha preceduti, ma il centro che pulsa e muove è il medesimo, è un fuoco acceso mille anni indietro e che mille anni dopo non si è ancora spento. È l’ambizione, il miraggio, il vantaggio, la voglia di vincere.
Miramontes
Nella penombra, Luis appoggiò la valigia marrone sul letto della stanza e la riaprì.
Portieri di notte (dramma calcistico a tre voci)
“Descansate niño, che continuo io”
(Paolo Conte)
25 giugno 1930
Faccio in modo di passare sull’avenida quasi ogni giorno a guardare il nuovo stadio. Sono Juan Campisteguy e mi posso permettere di dare a quest’impegno quotidiano la cadenza e il vestito dell’occasione istituzionale.
Quattro mesi fa lo stadio non esisteva. L’hanno inventato i miei architetti. Quindi l’ho inventato io. Mi ci sono abituato, tanto da non riuscire più a ricordare, come quasi tutte le seicentomila anime di Montevideo, che cosa ci fosse prima in quel posto, una piazza, un giardino o semplicemente niente. Adesso c’è l’Estadio del Centenario, forse per festeggiare i cent’anni di indipendenza del paese, di certo per obliare il caos e la miseria che assediano il popolo. Diamogli templi, eroi, gesta, battaglie, e che coprano tutto.
È di Uruguay contro Argentina che abbiamo un disperato bisogno...