“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Vincenzo Morvillo

"Scannasurice", sotto il segno di Dioniso

“Una stamberga squallidissima. Disordine e caos regnano ovunque. Per terra, pezze vecchie, sacchetti di spazzatura, cartacce, sedie rovesciate; una foto in cornice raffigurante un vecchio, una sciabola antica, una maschera bianca, un ombrellino schiuso. Su un tavolino, a destra in fondo, bottiglie semivuote, un barattolo pieno di pezzetti di carta velina rossa, una tovaglia bianca ripiegata in quattro (simile a quella che recano sul braccio, nei ristoranti, i camerieri); sotto il tavolo, a sinistra, un bottiglione dal collo sbrecciato, contenente del liquido rosso e, accanto, un bacile bianco. Pendente da un fianco del tavolino, la bandiera azzurra e bianca dei tifosi calcistici napoletani, ma impreziosita da gioielli, strass, luccichii vari. Con questa classica didascalia – che dà indicazioni sul luogo nel quale si svolgerà l’azione cui andremo ad assistere – si apre Scannasurice, testo scritto da Enzo Moscato e ambientato ai Quartieri Spagnoli, all’indomani del terremoto del 1980.

il Pickwick

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