La parabola di questa strana fratellanza − che di parabola si tratta, perché a un certo punto si giunge a una separazione che separazione non può essere: i due continuano a seguirsi, a contare nella presenza l’uno dell’altro, fino a ritrovarsi, diversi, segnati dagli anni e dalle esperienze, distanti e indissolubili − è ben tracciata sull’ancora inestricabile piano cartesiano dell’Italia disfatta degli ultimissimi decenni, quella che permette per colmo di paradosso a un uomo di diventare capo di una setta religiosa, di trovare una certa prosperità economica e di raggiungere una fama televisiva, di cadere, di fare una vita da barbone e poi, ancora, di rifondare una setta e di ritrovare una fama televisiva. L’Italia è un Paese che perdona, forse, oppure, semplicemente, un Paese che tende a dimenticare.
Carraro ci pone al cospetto di una realtà sinceramente brutta, banale, volgare, in cui il cinismo e la rabbia costituiscono i sentimenti dominanti, ed attraverso una sottile vena di sarcasmo, acidula, rende il tono della narrazione ancora più greve. Sovviene quanto dice Walter Siti del ‘realismo’: “La verità del mondo viene fuori controvoglia, affermando diritti e desideri che le convenzioni conculcavano: il diritto di parola per la povera gente, il diritto del sesso a esser preso sul serio, dell’infamia e della noia ad affacciarsi in primo piano” (Il realismo è l’impossibile, Nottetempo, 2013, p. 12). Questo realismo che urge per far emergere ‘la verità del mondo’ è forse ciò di cui parla Andrea, in maniera ambigua, a Dario:
“Il realismo che intendo io va scritto con la maiuscola, − sentenziava − è quasi una categoria del pensiero, capisci Dario? È una cosa da cui non si può prescindere, un po’ come per te la Fede. È un realismo che viene ineluttabilmente dopo, beninteso, dopo il naturalismo, dopo le avanguardie, dopo qualunque avanguardia…” (p. 37).
Da un lato Dario ha una missione evangelica, dall’altro Andrea sembra avere una missione letteraria. Dario affida ad Andrea il compito di farsi evangelista scrivendo di lui, il profeta di Xiva. Il libro che i due progettano, non è un caso, reca il titolo Come fratelli, e ci si chiede allora se Carraro non mirasse, infine, a un ambizioso obiettivo tentato da molti e forse non ancora raggiunto: descrivere/decrittare l’ultima Italia. Come fratelli è un romanzo di formazione in cui i protagonisti, come l’Italia, mutano male adattandosi a un paese in declino sotto lo sguardo ipnotico della TV che guarda senza indurre disagio: fino a quando gli italiani saranno spettatori del disastro? Non è questa, però, la domanda che si pone Carraro, e ciò, per colmo di paradosso, rende più potente e inquietante la rappresentazione dell’Italia che crolla sullo sfondo.
Andrea Carraro
Come fratelli
Barbera, Siena, 2013
pp. 253