“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Thursday, 27 June 2013 02:00

In casa Prozorov

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Giro, giro tondo. Forse la vita che stiamo vivendo è soltanto una prova, il terreno di allenamento per un’altra vita in cui partiremo da tutto quello che abbiamo imparato in questa. È un pensiero che dà le vertigini e fa girare la testa. Lo spettacolo gira e, così come inizia, finisce. Gira la poltrona di Irina spinta da tutte le sorelle. Girano anche quelle. Gira il Teatro Senza Fissa Dimora che arriva a Napoli e ci fa sedere tutti giù sui sedili del Ridotto del Mercadante. Il testo di Anton Čechov ha girato a lungo in centrifuga e come il nome del teatro ne è uscito ridotto: un solo atto, tre sole attrici, che interpretano le tre sorelle del titolo, Irina, Maša e Olga e i fantasmi degli altri personaggi.

La rappresentazione parte dal compleanno di Irina che compie vent’anni lo stesso giorno in cui un anno prima era morto il padre, il generale Prozorov. Si sa che anche i fogli del calendario girano e ritornano i giorni. Il ricordo della perdita del padre (ma in questa recita anche della madre) unisce le tre sorelle e fa nascere in loro il desiderio di giocare insieme come da bambine e confidarsi i loro segreti e pensieri da adulte.
La centrifuga in cui ha girato il testo, ha fatto in modo che molti eventi che dovevano accadere in scena siano già accaduti. Le sorelle, riunite nella casa in cui hanno vissuto da sole con il padre, raccontano gli avvenimenti in bei monologhi oltre che dialogando. La memoria gira e torna indietro a quando un tempo, nei giorni di festa, la casa era piena di belle persone. La scena è prima di una poi dell’altra sorella e chi non parla ascolta con attenzione, pronta ad intervenire appena il monologo è concluso o ad accompagnarlo con movimenti che sottolineano le parole.
Torna il padre. Tutto quello che occorre è indossare la giacca della sua uniforme e parlare proprio come avrebbe fatto lui. Anche gli altri militari che frequentano la casa sono giocati dalle sorelle indossando l’uniforme. Il fratello Andrej è alla finestra a ricevere i saluti ma la moglie Nataša entra in casa. Le tre sorelle ne criticano il modo di vestire per introdurla e le fanno il verso ripetendo le frasi che avrebbe detto parlando del cagnolino Bobik che sta male o della cameriera da licenziare. Questo modo in cui le tre protagoniste giocano gli altri personaggi crea un'atmosfera di confidenza e a noi spettatori sembra di assistere ad un incontro organizzato in casa per spettegolare e chiacchierare leggermente. In realtà vengono toccati temi importanti come il lavoro, il senso della vita e l’amore. Le tre sorelle non eccellono in nessuno dei tre campi e non possono affrontare certe questioni se non continuando a giocare.
Irina desidera lavorare come un uomo, cresce in fretta e allora indossa il cappotto della madre. Le sorelle la ascoltano poi girano gli oggetti di scena ed ecco che è mutato il tempo e il luogo: sono tutte impiegate al telegrafo, intente a stampare i timbri sulle buste da lettera. La monotonia del lavoro che aliena e invecchia Irina prima del tempo la vivono tutte e tre. La ragazza decide di non voler mai più lavorare. Maša confida alle sorelle la noia di essere moglie da troppo tempo e il suo amore per un altro uomo. Le sorelle non vogliono ascoltarla. Olga si lamenta del suo lavoro al ginnasio e commenta che lei sì che saprebbe far felice un marito. Tutte e tre si interrogano sulle sofferenze della vita e sul loro senso.
La riscrittura del testo di Čechov, così come presentato dal Teatro SenzaFissaDimora, è molto moderno. Sorvola su certi aspetti di critica sociale, che appartengono ad un’epoca ormai passata e si concentra su temi più fondamentali. Anche se ne escono da perdenti così come ha voluto l’autore russo, le tre sorelle di questa rappresentazione sentono le cose in modo molto profondo. La rinuncia di Irina al lavoro, pur restando una sconfitta, un capriccio passato, non è vissuta in modo superficiale dalla giovane donna. Il personaggio analizza se stesso, non è invecchiato solo nell’aspetto fisico ma anche nella rigidità del cuore.
Patrizia Bollini, Lucia Lorè e Naike Anna Silipo sono splendide interpreti di questo gioco. Sono così affiatate da sembrare delle vere sorelle e finiscono col somigliarsi anche un po’.
Essenziali sono gli oggetti di scena, che ricreano personaggi, luoghi e situazioni. La poltrona rossa di Irina, tre sgabelli di diverse misure, il cappotto della madre, la giacca del padre, combinati insieme creano la sagoma di un uomo e di una donna abbracciati che nella penombra, prima che lo spettacolo inizi e poi ricostruito quando si conclude, attirano l’attenzione del pubblico. Ci sono anche i libri, sempre presenti in scena. Rappresentano la formazione, la fatica di crescere e di essere ciò che si è. Forse la vita che stiamo vivendo è soltanto una prova, il terreno di allenamento per un’altra vita in cui partiremo da tutto quello che abbiamo imparato in questa.
Giro, giro tondo. Le ultime battute sono uguali alle prime, la scena è ricomposta. Il gioco può anche ricominciare.



 

 

Fringe E45
Tre sorelle − Stratigrafia di un Vuoto
tratto da Tre sorelle
di
Anton Čechov
ideazione, riscrittura drammaturgica, regia SenzaFissaDimora Teatro
con Patrizia Bollini, Lucia Lorè, Naike Anna Silipo
produzione SenzaFissaDimora Teatro
in coproduzione con Fondazione Campania dei Festival − E45 Napoli Fringe Festival
lingua italiano
durata 1h 20'
Napoli, Ridotto del Teatro Mercadante, 20 giugno 2013
in scena 20 e 21 giugno 2013 









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