Le motivazioni erano evidenti: sul piano emotivo e cognitivo un ambiente agiato incide positivamente, mentre un ambiente precario negativamente. E indagando nell'intimità dei singoli individui, infatti, fu appurato quanto segue: il test con il punteggio più alto era stato compilato proprio da colui che viveva in ambiente agiato. Il problema sorse quando, nella seconda analisi, lo stesso test di intelligenza fu sottoposto a un individuo di buona capacità intellettiva, che viveva in ambiente precario, e a un individuo di scarsa capacità intellettiva, che viveva in ambiente agiato. L'individuo di ambiente precario, malgrado la buona capacità intellettiva, compilò il test raggiungendo comunque un punteggio più basso rispetto all'individuo di ambiente agiato. Il test fu ripetuto numerose volte, rispettando questi ultimi parametri, e il punteggio in favore di individui di scarsa capacità intellettiva, che vivevano in ambiente agiato, venne riconfermato. Inutile aggiungere che tale errore non avrebbe dovuto verificarsi.
“Alla fine dell'autunno, nel mio vaso è cresciuta spontaneamente una tenera pianta. Sono pieno di stupore: cosa la spinge a vivere? Desidererei conoscere il suo nome, affinché possa salutarla quando la annaffio; è bello avere a cura qualcosa. Lei ha un racemo pendente, di color rosso, che pare sangue coagulato; solo con quei pastelli che incontro nei miei sogni potrei ritrarla. Le foglie sono ovate e, anche se secche, immerse in acqua rinverdiscono. Per questa meravigliosa caratteristica la pianta simboleggia l'immortalità. [...]. L'incerto ci riempie di ansie, offuscando la fine. Nascondo i miei passi cancellando le orme. [...] E urlo”.
Per risolvere l'errore ricavato dal secondo test, che ha colto in fallo l'ambiente, si ipotizza dunque che esso, similmente all'intelligenza umana, abbia una sua autonomia; e che sia la reale causa del cosiddetto “destino avverso”. Può l'ambiente essere beffardo? Se così fosse, sarebbe davvero spaventoso; perché significherebbe, per esempio, che non necessariamente siamo il seme della nostra infelicità. Eccetera.
(La vignetta è di Sergio Criminisi)