“Ora la critica, ciò che comunemente s'intende con questo termine, è quasi sempre dentro l'alta velocità e l'alta velocità condanna alla superficie. Bella anche la superficie, certo, ma lì la critica non sembra più necessaria all'opera: può invece servire il mercato. L'alta velocità costringe il critico a un'intelligenza rapida, astuta, competitiva e nevrotica, cioè a quella intelligenza fondamentale oggi nella costruzione di qualunque Potere, ma così lontana dalla comprensione vera”.
“Scegliere modi di non agire è sempre stata l'attenzione e lo scrupolo della mia vita”.
“L'attore, ad un certo punto, per il pubblico e i teatranti si identificava con la sua maschera. Per Marcello era quasi una condanna. Ricordo la sua tristezza, talvolta, dopo un travolgente successo. Diceva: 'E quando sarò vecchio e non potrò più fare l'Arlecchino?'. Non c'era in questa domanda soltanto la semplice paura del'attore che invecchia e che deve lasciare il suo ruolo. C'era lo smarrimento del vero attore davanti a tutti i personaggi che non aveva e non avrebbe mai potuto fare”
“La cosa forse più importante è che l'opera d'arte debba essere esposta al contatto della vita via via che gli uomini di ogni epoca s'imbattono in essa, non come un'astrazione ma come un impegno inevitabile”.
"Je songhe tutto chello ca nun songhe".
“Lumino oscillante, un uomo camminava di notte sulla riva del mare tenendo una pila puntata su un libro. Chi cazzo è? Italo Calvino, mi dissero”.
"Non posso non chiedermi cosa rimarrà di ciò che ho fatto. Probabilmente nulla".
"Che m'importa della gloria quando io scrivo per il pane?"
"Sto sempre dalla parte delle cose che non si dovrebbero fare".
"Pupi siamo, caro signor Fifì! Lo spirito divino entra in noi e si fa pupo. Pupo io, pupo lei, pupi tutti".