Brother & Sister Art è una galleria di tipi umani estrapolati dal mondo di Benni. Qual è il filo rosso che li collega tutti? Cos’è che fa di Beatrice, della suora assatanata e della vecchia personaggi di uno stesso spettacolo? Sono donne, non proprio tutte. E il barman, l’imprenditore, il motociclista e gli altri? Sono uomini e tutti esseri umani. Questi esseri umani non si incontrano mai. Ognuno entra in scena, racconta la sua storia e va via, senza legarsi mai all’altro, lasciandogli soltanto gli oggetti usati in scena, abbandonati in modo disordinato. La vecchia, allora, investe i tarocchi di Beatrice con la sua carrozzina, il motociclista cammina sulle piume perse dal volo dei vecchietti e così via, dal primo all’ultimo. Si è in tanti ma si è soli quindi in Brother and sister Art, metafora della vita moderna, caotica e complicata. L’impressione che si ha durante il susseguirsi dei monologhi è quella di assistere ad uno strano spettacolo di cabaret, in cui i comici dicono parole amare. Gli attori in scena, spesso interagiscono con il pubblico, chiamando uno spettatore a salire sul palco o facendo battute mirate a qualcuno seduto in platea. Se ci si lascia andare e non si è troppo critici, di tanto in tanto si ride. La musica ha un posto d’onore e accompagna ogni pezzo.
Il lavoro di regia di Iavazzo è davvero scarno, si concentra nel tirare fuori elementi impressionanti dal cilindro, come una rosa che brucia in scena, ma non a dare un senso al tutto. Manca la linearità e si procede di salto in salto, molto spesso in salti nel buio.
La prova attoriale non è perfetta, come si richiederebbe a chi ha la pretesa di incantare da solo sul palco un’intera platea, seppure piccola. C’è chi tiene la voce troppo alta, chi esagera in drammaticità, chi incespica con le parole. Spicca tra tutti un danzatore, magrolino col visetto simpatico che quando arriva il suo momento fa i gesti giusti e con la giusta convinzione, risultando davvero divertente, finalmente. Potrebbe benissimo trattarsi dello spettacolo conclusivo di un corso di recitazione, in cui ogni attore, a fine percorso, mette sul tavolo quello che ha imparato, sfoderando le sue armi migliori. Se così fosse, un plauso a tutti tranne a questa recensione che non ha più senso di esistere. Allora, però, precisiamo che non si tratta di un vero e proprio spettacolo teatrale. Ma questo è solo un mio piccolo dubbio.
In questo periodo in cui le sale sono vuote, anche quando in giro ci sono tante cose belle, dire la verità è doveroso. Bisogna distinguere il buon teatro da quello cattivo, perché troppo spesso le persone si lamentano del teatro come di qualcosa di noioso e senza interesse, per giunta troppo caro. La colpa è di un proliferare di spettacoli egocentrici e senza amore, realizzati da persone che vogliono soltanto apparire e non darsi completamente. Questi spettacoli sono solo una bassa imitazione del teatro ed è una di queste imitazioni Brother and sister Art. Una prova amatoriale che oltre a lasciarci perplessi sulla bontà del teatro, porta a chiedersi: “Ma i monologhi di Benni sono così brutti?”.
Brother & Sister Art
di Antonio Iavazzo
con Giovanni Arciprete, Vincenzo De Marco, Raffaele Iavazzo, Carmine Losanno, Antonio Nardelli, Claudia Orsino, Angelo Rotunni, Daniela Vallo
produzione Associazione Il colibrì, Gruppo Teatrale Il pendolo, Centro Musicale Pro Arte
danzatori Giuseppe Cirillo, Andrea Orsini
assistenti alla regia Alessia Gambella, Marilena Gambella, Rosanna Pezzella
Napoli, Teatro di Sotto, 16 febbraio 2013
in scena 8-9 e 16-17 febbraio 2013