“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Friday, 20 September 2013 02:24

EROTISMO IN LETTERATURA 04: Sade

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“Amanti del piacere d’ogni età e d’ogni sesso, è a voi soli che dedico la mia opera: nutritevi dei suoi princìpi, essi favoriscono le vostre passioni, e queste passioni, che i freddi e piatti moralisti vi dipingono come spaventose, altro non sono che i mezzi di cui la natura si serve per condurre l’uomo a realizzare i disegni che essa stessa ha su di lui; non ascoltate dunque che queste passioni deliziose; esse sono il solo strumento che deve portarvi alla felicità”.
(La filosofia nel boudoir, 1795, in Justine e altri scritti, p. 24)

 

Questo è Sade, questo è il suo appello Ai libertini posto come introduzione a La filosofia nel boudoir, dialogo filosofico che si propone di essere un manuale del perfetto libertino. Sade si dichiara libertino; il libertinismo è un movimento filosofico diffuso in Francia tra XVII e XVIII secolo che oppone la ragione e il libero pensare alla morale comune e alle false credenze e che pone il piacere alla base della condotta di vita. Il libertinismo è stato confuso con il libertinaggio, termine utilizzato in maniera dispregiativa per sottolineare l’immoralità e la dedizione alla perdizione del libertino. Sade fu incarcerato per libertinaggio. Ma poi egli è anche questo:

“Sono un libertino, lo confesso; tutto ciò che è possibile concepire in tal genere di cose, io l’ho concepito, ma non ho certo realizzato tutto ciò che ho immaginato e non lo realizzerò mai. Sono un libertino, non un
criminale né un assassino, e dal momento che mi si costringe a porre la mia apologia accanto alla mia giustificazione, dirò che i miei ingiusti giudici non sarebbero in grado di controbilanciare le loro infamie con tante buone azioni quante io ne posso contrapporre ai miei errori” .
(La mia grande lettera. Alla signora di Sade. Vincennes, 20 febbraio 1781, in Justine e altri scritti, pp. 762-3)

Sade ha scritto cose ripugnanti, ha commesso atti condannabili, ma ha compiuto anche azioni onorevoli. Sade è stato umano, sono gli altri ad averne fatto un mostro. Ma questo è il rischio di chi sfida la morale comune, di chi la mette alla berlina, e se poi lo fa costruendo un’opera filosofica e narrativa in cui
1 − Dio è negato e dileggiato;
2 − la virtù è utile solo a far emergere per contrasto il vizio;
3 − la violenza fisica, soprattutto sessuale, è disseminata ovunque;
4 − lo scenario è un mondo capovolto dove ogni atto deve avvenire contro-natura;
allora si capisce come mai l’uomo abbia assunto i connotati del mostro: il mostro è l’eccesso, l’oltrepassamento di ogni limite, e l’opera di Sade, in tal senso, è mostruosa.
L’uomo Sade, però, ha amato ed ha patito da umano, ha condotto una vita rocambolesca tra scandali e condanne, si è sposato, è stato abbandonato, ma, soprattutto, è sopravvissuto alla Rivoluzione Francese, cosicché ha visto tanto sangue al cui confronto la sua stessa aberrante opera svilisce (va ricordato, a tal proposito, quanto scritto da Saint-Just: “l’eccesso del Terrore ha reso il crimine indifferente”). Poi ci sono stati i tanti, lunghi anni di reclusione, in prigione e in manicomio. Quanti di noi possono realmente immaginare come reagiscono il corpo e la mente ad una tale condizione limite protrattasi per anni? Le sue opere maggiori Sade le ha scritte nelle prigioni di Vincennes e della Bastiglia, e ci si sorprende poco allora se da esse ne emerge una ‘morale della solitudine assoluta’ così descritta da Maurice Blanchot:

“È la filosofia dell’interesse, e dell’egoismo integrale. Ognuno deve fare ciò che gli piace, non ha altra legge che il suo piacere. Questa morale si fonda sul fatto primario della solitudine assoluta. Sade l’ha detto e ripetuto in tutte le forme: la natura ci fa nascere soli, non c’è alcun tipo di rapporto tra i singoli individui. L’unica regola di condotta è dunque che io preferisca tutto ciò che mi procura piacere senza tener conto delle conseguenze che questa scelta potrebbe comportare per gli altri. Il più grande dolore altrui conta sempre meno del mio piacere. Che importa se il più piccolo dei miei godimenti costa una serie inaudita di delitti, dal momento che il godimento mi blandisce, è in me, mentre l’effetto del crimine non mi tocca, è fuori di me"
.
(Lautréamont e Sade, pp. 23-4)

La posterità di Sade è cosa che meriterebbe lunga dissertazione. Nel Novecento alcuni dei maggiori intellettuali si sono misurati con la sua opera: tra di essi ricordiamo Bataille, Deleuze, Foucault, Pasolini, Barthes, Simone de Beauvoir, e la lista sarebbe lunga. C’è stato un tempo in cui non si poteva parlare di potere senza far cenno a Sade. C’è stato, oggi non è più. Albert Camus così esemplifica l’attualità del divin marchese:

“Il successo di Sade nella nostra epoca è spiegato da quel sogno che egli ha in comune con la sensibilità contemporanea: la rivendicazione della libertà totale, e la disumanizzazione operata a freddo dall’intelletto. La riduzione dell’uomo a oggetto d’esperimento, il regolamento che precisa i rapporti tra la volontà di potenza e l’uomo-oggetto, il campo chiuso di questo mostruoso esperimento sono lezioni che i teorici della potenza ritroveranno, quando dovranno organizzare l’epoca degli schiavi.
In anticipo di due secoli, e in scala ridotta, Sade ha esaltato le società totalitarie in nome della libertà frenetica che, in realtà, la rivolta non reclama. Con lui hanno realmente inizio la storia e la tragedia contemporanee”
.
(L’uomo in rivolta, p. 56)

Sembra, oggi, che l’attualità di Sade non sussista più, e da tanto. La sua potenza eversiva è venuta meno e l’interesse verso l’opera, di conseguenza, è scemata. Brandelli del divin marchese permangono ad uso e consumo di una parte dell’umanità desiderosa di destare o, meglio, di scimmiottare lo scandalo. Il Sade sopravvissuto è soprattutto quello della nota perversione sessuale e dell’estetica ad essa legata: il sadismo, ossia il piacere di indurre dolore e di umiliare il prossimo. Ma ridurre Sade al sadismo è in sé un atto di depotenziamento tale da attestarne definitivamente la scomparsa, né i tempi si prestano alla necessità di una riesumazione.







Erotismo in Letteratura


Donatien-Alphonse-Françoise de Sade
La filosofia nel boudoir
(1795) in Justine e altri scritti
a cura di Paolo Caruso
traduzione di Virginia Finzi Ghisi
Mondadori, Milano, 2006
pp. 842 (pp. 23-237)

Donatien-Alphonse-Françoise de Sade
La mia grande lettera (Alla signora di Sade)
(20 febbraio 1781) in Justine e altri scritti
a cura di Paolo Caruso
traduzione di Luigi Bàccolo
Mondadori, Milano, 2006
pp. 842 (pp. 747-65)

Maurice Blanchot
Lautréamont e Sade
(1963)
traduzione di Vincenzo Del Ninno
SE, Milano, 2003
pp. 208

Albert Camus
L’uomo in rivolta
(1951)
traduzione di Liliana Magrini
Bompiani, Milano, 2002
pp. 335

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