“Non può essere!” – esclamò rialzando il capo e lanciando al maresciallo un’occhiata in tralice – “Dopo la morte di sua madre (compianta neurologa), io, è vero, ho continuato a trascurarlo come sempre, impegnato com’ero nella mia lotta sacrosanta per diventare uno scienziato di grido. Però non credo assolutamente che lui ne abbia sofferto. Perché anzi è un giovane dal carattere forte, mio figlio. Pretendere, dunque, che si sia buttato da qui, mi sembra, lo ripeto, un autentico spropo...”.
“Eppure l’hanno visto saltare” – interloquì secco il maresciallo – “E non di gioia. Poi la corrente lo ha trascinato per due chilometri. Ora, se vuole seguirmi all’obitorio...”.
Sceldoni si guardò intorno: lì su ponte Garibaldi, la volante era accostata al marciapiede e il traffico svampito della domenica mattina rumoreggiava piano.
“Assurdo” – bofonchiò – “È vivo. Certo che è vivo! E io, per quanto meno della cosmologia e del mio ego (com’è ovvio che sia), lo amo sinceramente. Per questo condividerò con lui la mia giusta gloria, non appena le mie ricerche sulla materia oscura che, sebbene invisibile e intangibile, non cessa mai di circondarci e orbitare attorno al corpo di ciascuno, saranno giunte a pieno compimen…”.
“Dobbiamo andare, professore”, lo interruppe di nuovo il maresciallo, stavolta in tono quasi esasperato.
Ma Sceldoni insistette: “Amico mio, glielo spiegavo già in macchina: la materia ordinaria non è in grado di entrare in contatto con le particelle che formano quella oscura (e che risultano, pertanto, di difficile individuazione o rilevabilità). Ciononostante io ho ragione di ritenere che la chiave del problema siano le onde cerebrali: sì, la mente umana le produce, mentre è impegnata a pensare, e secondo la mia ipotesi (che al momento non è corroborata, purtroppo, dall’osservazione sul campo), sono esse ad avere il dono d’interagire coi corpuscoli di materia oscura; più precisamente, quest’ultima le riflette, rimandandole alla fonte. E quando dico ‘corpuscoli’, intendo ovviamente le particelle WIMPs, che della materia oscura sono gli elementi costitutivi e, fra virgolette, la struttura di fondo; come di fondo (e qui, maresciallo, stia attento a non perdersi tutto il lirismo delle mie parole) è la radiazione che permea di sé l’universo intero, sin dai tempi primordiali del Big Bang”.
Sceldoni tacque, concedendosi una pausa di silenzio ispirato; ma di colpo i suoi occhi luminosi s’incupirono e, dopo qualche istante, prese a passarsi convulso le mani fra i capelli, come a spidocchiarseli con violenza o magari scavarsi il cranio a volontà, per estrarne, freneticamente, un che d’intruso ed invasivo.
“All’improvviso” – annunciò trafelato – “io pure sono permeato di qualcosa. Un pensiero di morte, in cui mi getto dal ponte anima e corpo; mi è balenato pochi attimi fa, non so per quale buffo motivo, e adesso mi ritorna ininterrotto nella testa un secondo via l’altro”.
Colto, poi, da un’intuizione repentina, s’immobilizzò del tutto, smettendo di martoriarsi, e mentre il maresciallo lo fissava allibito, balbettò pieno d’entusiasmo: “Forse... è il riscontro... il riscontro sperimentale che mi mancava, cioè la prova inoppugnabile che un agglomerato di materia oscura mi sta transitando accanto proprio ora, riflettendo le mie onde cerebrali! E più le riflette, più io rifaccio, quindi rivedo, quel pensiero di morte! Maresciallo, ha capito? Tutti i fenomeni di déjà-vu, ma anche le idee ossessive che tormentano di continuo i pazzi e i monomaniaci, sono effetto della materia oscura! Oscura, oscurra, oscurrà! Ecco una scoperta ulteriore che, con quella (appena confermata) su come localizzare gli aggregati di WIMPs, mi renderà famoso e intramontabile! Sarò un astrofisico ricordato nei secoli! Un neurologo invidiato nei millenni! Oscurrà!! Urrà!!! Urrà!!!! Urrà!!!!!”.
E saltando di gioia incontrollabile, persino sguaiata, si ritrovò a balzare (“Chissà perché?”, si domandò) oltre il parapetto.