“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Monday, 02 February 2015 00:00

ART 3.0: AutoRiTratto di Lelia Secci

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E fu a quell'età. Venne la poesia
a cercarmi. Non so, non so da dove
uscì da quale inverno o fiume.
Non so come né quando,
no, non erano voci, non erano
parole, né silenzio,
ma da una strada mi chiamava
                    (Pablo Neruda)

 
Già sui banchi di scuola disegna e ritrae le compagne di classe. Durante l’ora di educazione artistica la maestra la riprende più volte perché non appunti la matita con il trincetto, ma lei replica che − in quel modo − il segno è più morbido e si adatta meglio alle sfumature.

Una delle figure più importanti della sua vita è la nonna, che fa la sarta a Roma, ma che approfitta di ogni occasione per portarla al cinema, a teatro, a rassegne d’arte e di poesia. È proprio durante una rassegna di poesia che si innamora di Neruda e ne fa la sua fonte d ispirazione. Inizia solo verso i quarant’anni a dipingere e, da quel momento, non tradirà più la sua passione.

Quando ti sei accorta di voler essere un’artista? 
Non mi sono mai considerata un’artista, piuttosto una pittrice poiché un pittore è anche un artigiano che, con le proprie mani, può creare oggetti, produrre idee manipolando il legno, facendo cornici, ma anche dedicandosi a tante altre attività ludico-ricreative. L’interesse è nato con il concorso “Una Settimana a Marina di Ravenna” negli anni Novanta. Erano presenti oltre seicento pittori da tutte le regioni d’Italia, io ci arrivai su invito di un artista già affermato. Questa rassegna prevedeva una settimana di concorsi giornalieri ai quali, ognuno dei presenti, poteva aderire liberamente. La prima sera mi proposero di partecipare a “La Tavolozza d’Oro”. Ero indecisa e titubante, ma su consiglio di un amico accettai scegliendo di presentare un quadro molto grande, I Giaggioli, realizzato con una tecnica materica a spatolate. Confesso che non mi piaceva tanto quell’opera, ma non volevo sembrare né scostante né troppo timida; di fatto vinsi il premio insieme ad altri quindici artisti. L’anno successivo abbandonai la pennellata a macchia per una stesura a toni smorzati e decrescenti come nella tecnica del “pastello Rembrandt” che, nel frattempo avevo appreso e metabolizzato. Questa tecnica nacque in seguito a un incontro in Palazzo Strozzi con un piccolo ritratto di donna eseguito da Gustav Klimt. Mi colpirono la morbidezza e la sofficità, caratteristiche di questo tipo di pastello. I pastelli Rembrandt infatti sono compatti e polverizzano e, quindi, vanno usati con leggerezza per fare emergere le mille sfumature, altrimenti, se si calca la mano, diventano come i gessi dei madonnari.

Quali sono i passaggi fondamentali della tua evoluzione artistica?
 
Sicuramente uno dei passaggi fondamentali è stato l’aver frequentato per due anni il corso di restauro e pittura a Palazzo Spinelli di Firenze. Ricordo che gli insegnanti erano veramente preparati e tutta la scuola era contraddistinta dell’internazionalità poiché, in ogni classe, c’erano studenti provenienti da diversi Paesi. Uno scambio di idee e di tavolozze perché comunque ognuno portava con sé la propria cultura, i propri colori, le proprie tradizioni e perché no, alcune tecniche nuove. Lì ho appreso − oltre alle tecniche pittoriche − anche l’incisione, l’affresco e la scultura. Ovviamente un altro momento fondamentale è stato l’incontro con il pastello Rembrandt che ancora oggi sento molto affine anche se, ultimamente, mi sto dedicando al pastello acquerellato.

Hai dei modelli a cui ti sei ispirata e perché? 

Mi sono ispirata alla pittura di Turner, perché la trovo molto naturale e capace di esaltare gli effetti più scenografici della natura anche se a volte, per me, sono un po’ troppo accentuati. A questo aggiungi la frequentazione degli studi degli amici pittori, la visione delle mostre dedicate ai grandi maestri e a volte la partecipazione ai concorsi. Tutto questo mi ha sempre stimolata a cercare di riprodurre quei segreti che si riesce a cogliere soffermandosi a contemplare un’opera. Poi, stimolata dal desiderio di riuscire a rendere un dettaglio esattamente come lo vedevo, mi piaceva proseguire il percorso inserendo qualcosa di mio, magari appena accennato, nascosto, velato, soffice e indistinto. Tra i miei modelli anche i grandi incisori italiani, francesi, inglesi e tedeschi; per fare solo qualche nome: Fontanesi, Doré e Rembrandt.

Cosa pensi del mercato dell'arte, quali sono i limiti e quali le potenzialità?  
I mercanti fanno lievitare le quotazioni di alcuni pittori da loro scelti. Non credo guardino allo stile o alla tecnica: si tratta di un investimento e come tale va difeso. Il pubblico poi si adatta e si accontenta. Non a caso, nonostante la  pluralità qualitativa e stilistica effettiva, il mercato parla e induce a parlare quasi sempre degli stessi.

Se tu potessi suggerire un'idea per valorizzare gli artisti contemporanei cosa suggeriresti?

L’unico suggerimento che vorrei dare è una selezione seria, non guidata da poteri locali, interessi e connivenze. Quando la scelta è fatta in totale onestà il giudizio finale deve essere affidato solo al pubblico che ne decreta il successo o l’insuccesso.

Qual è l'opera tua o di altri a cui sei più legata e perché? 
   
Di altri pittori ce ne sono troppe per citarle tutte, tra le mie invece quella che amo di più è Omaggio a Firenze, un olio du tela. L’ho realizzato dopo l’attentato a Firenze del 1994. In quell’occasione ebbi il permesso, come pittrice, di fotografare il luogo, subito dopo l’esplosione. in seguito dipinsi la finestra degli Uffizi parallela all’Arno, l’unica i cui vetri erano rimasti intatti. Quella finestra, che aveva resistito a differenza di tutte le altre, aveva dei giochi di luce particolari e nel dipingerla desiderai trasmettere un messaggio di speranza, divenne lo sfondo del mio omaggio ad una città che, da sempre, risponde con fermezza alla violenza e all’aggressione. Il quadro ricevette il secondo premio ad un concorso in Palazzo Vecchio, Salone dei Cinquecento, e ancora oggi guardandolo lo trovo attuale.

Se potessi scegliere, dove vorresti esporre e perché e in quale periodo dell'anno? 
Vorrei esporre in palazzi pubblici dove i visitatori potessero entrare gratuitamente. Eviterei il  periodo da giugno a settembre, a meno che non si tratti di una località di mare o di montagna.

Secondo te si può vivere di arte in Italia? 
Forse ma, di certo, non a Firenze e più in generale in Toscana: infatti, nonostante qui ci sia una storia d’arte importante, si continua a guardare troppo al passato valutando continuamente le nuove correnti con un metro che non è contemporaneo ma vive − invece − di canoni e di esigenze passatiste.

Nel processo di crescita e nel tentativo di affermazione e diffusione del proprio lavoro quali sono le difficoltà che, più spesso, incontra un’artista? 
Per una donna è doppiamente difficile: essere donna vuol dire non avere le stesse opportunità. Ci sono discriminazioni anche relative alle pubblicazioni; infatti, se hai un bel catalogo, le possibilità di accesso ai luoghi pubblici aumentano ed è un circolo vizioso. Qualche responsabilità ce l’hanno anche i critici, i presentatori e gli organizzatori che hanno il potere di decidere le liste di chi può esporre o no.

Cosa potrebbe essere migliorato nella comunicazione dell'arte?

Creare un calendario delle mostre e cercare di non sovrapporre gli eventi. Non è semplice e la varietà dell’offerta arricchisce tutti. Per gli artisti sarebbe utile se le emittenti private aprissero i loro spazi agli eventi, all’arte, alla cultura.
Credo che un ritorno di attenzione da parte dei media, sull’arte prodotta in un territorio, crei un valore aggiunto per il territorio stesso.

Puoi indicarci un pregio e un difetto della critica d'arte?
Un buon critico sa individuare tutto il senso della produzione di un “pittore” anche osservandone pochi quadri. Se il critico è dotato di questa sensibilità diventa particolarmente puntuale quando dialoga con l’artista, quando lo ascolta e cerca di entrare nel suo mondo. Purtroppo molti critici si fanno pagare e quindi parlano bene di tutti indistintamente. Il danno non lo fanno solo all’arte, ma anche a se stessi perché questo li rende meno credibili.
                                                                                                                      Cosa vorresti che i lettori conoscessero di te e della tua arte? 
Fin da piccola era la poesia a non farmi sentire sola, allora ero ancora una bambina di otto anni, ma amavo già Neruda. Verso i dodici anni mia nonna mi portò ad un incontro di ascolto di poesia dedicato a Garcia Lorca: mi affascinò la forza delle parole e pensai che forse avrei potuto esprimere anche in altro modo tutta quella intensità: per questo ho lavorato duro per recuperare tutto il tempo che non mi era stato concesso prima. Adesso cerco di dare una reinterpretazione che offra la mia visione emotiva sapendo che non sarà mai uguale al reale, ma solo una ricostruzione del mio sentire.

Infine, che domanda vorresti che ti venisse rivolta durante un'intervista?

"Come esegui la tecnica del pastello Rembrandt e perché l’hai scelta?". E risponderei che la tecnica del pastello Rembrandt si esegue con un pastello che spolvera, il pastello viene spezzato in due e si appoggia o di lato o di punta a seconda dell’intensità che si vuole ottenere. Più colori possono essere applicati e si lavora con il lato esterno della mano per spargere le polveri permettendo la miscelazione oppure per ottenere la velatura. Invece, per fissare il colore si usa la base del pollice sfregando con forza in modo da compattare e fondere sulla carta il pigmento attraverso il calore della mano. Per le parti piccole si usano invece i polpastrelli. Ho scelto questa tecnica per la praticità e l’immediatezza.

 

 

 

 

 

ART 3.0 − AutoRiTratti
Lelia Secci
in collaborazione con Accademia dei Sensi
elenco opere nelle immagini Acqua di mare (part.); Acqua fonte di vita; Uto Ughi; Architetture a Firenze; Omaggio a Firenze; Karajan
website http://www.leliasecci.it/

 

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