“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Monday, 29 September 2014 00:00

ART 3.0: AutoRiTratto di Antonella Lomonaco

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"Frequento da anni il Laboratorio di Arti Visive diretto da Claudio Giomi e ho partecipato a molte collettive tra Firenze, Siena, Casole d’Elsa, San Gimignano e Colle Val d’Elsa, ma le mostre più importanti sono state una personale nei locali della Regione Toscana, a Palazzo Panciatichi e alla Limonaia di Palazzo Strozzi a Firenze. I miei soggetti preferiti per anni sono stati i paesaggi, le marine e la natura in genere, ma da qualche tempo mi sono avvicinata alla figura femminile in una ricerca di quelle  emozioni che anche in una figura ritratta di spalle si possono percepire".
(fonte: ilcenacolo.wordpress.com)


Quali sono i passaggi fondamentali della tua evoluzione artistica?
Il mio incontro con l'arte è stato casuale, sicuramente non cercato. Ero una bancaria che viveva in un mondo fatto di numeri, di budget e di bilanci, poi come per incanto il mio mondo si è riempito di colori. Devo ringraziare un'amica che mi ha spinta a frequentare un corso di pittura in un momento particolare della mia vita e da quel momento ho cominciato ad amare tele, spatole e pennelli ma soprattutto i colori ad olio, morbidi e pastosi. Dipingendo è cambiato anche il modo di guardarmi intorno e ho cominciato a rallentare la corsa e ad osservare. Ho scoperto un mondo che non conoscevo, in cui perfino una goccia di rugiada, un filo d'erba, una nuvola di passaggio acquistano un fascino speciale. Dall'osservazione dei particolari è nata la voglia, anzi l'esigenza di fermare l'immagine per non perdere neanche la sottile emozione legata a quel momento. Se dovessi pensare ad una personale, oggi, la chiamerei Pagine di vita perché ogni tela rappresenta il mio percorso, anno dopo anno, la mia crescita personale oltre che artistica.
Sono passata nel corso degli anni dalla pittura informale a quella figurativa. Affascinante la prima perché immediata, istintiva e libera da ogni regola. Appassionante la seconda per la ricerca, lo studio della luce, l'attenzione alle proporzioni e alle forme. Comune ad ambedue il piacere sottile del risultato finale quando l'opera rappresenta compiutamente il proprio stato d'animo. È lo stesso piacere che trovo nella poesia. Sì, perché ad un certo punto alla pittura si è affiancata la poesia, e i primi versi hanno cominciato ad accompagnare le mie emozioni contingenti, raccontando in forma diversa le stesse sensazioni dettate da ricordi, nostalgie o semplicemente dalla natura che ci circonda.
A dire il vero non ho mai pensato di voler diventare un'artista. Il mio approccio con le arti visive é avvenuto per necessità. La necessità era quella di trovare una forma d'espressione che mi permettesse di comunicare in maniera naturale ed immediata. Sentivo l'esigenza di dare forma ai miei pensieri, ai sentimenti, alle sensazioni che altrimenti sarebbero rimasti imprigionati dentro di me per la difficoltà di esprimerli a parole, per la difficoltà di trovare qualcuno disposto ad ascoltarli.
"La riservatezza, una elegante misura nei gesti sono le caratteristiche esteriori di Antonella, talvolta schiva e timida nell'esprimere palesemente le proprie emozioni. Lo era forse ancor più anni fa, prima di trovare nella poesia e nella pittura la possibilità di comunicare ciò che verbalmente non sempre riesce a fare in modo diretto", questo lo stralcio di una presentazione della storica dell'arte Patrizia Agnorelli.
La tela bianca è là davanti a me "pronta all'incontro fra il cuore e la materia" e forse è proprio dai versi di questa mia poesia che si può capire il valore che io do a quella tela, a quei colori, a quelle emozioni mai dimenticate.

Emozioni.
Bianche, eteree ancora pure, anonime tele attendono
una macchia di colore, un segno, una pennellata.
Anonime tele attendono una mano, un pennello,
un’emozione mai dimenticata.
Una di loro è là, sul cavalletto seria,
pronta all’incontro tra il cuore e la materia.
Tinte forti e calde si alternano ai pastelli,
giocando allegramente con spatole e pennelli.
Intanto prende forma la passione, il sogno, l’idea,
frammenti di vita,
tradotti dal cuore e dal pennello
che scorre fra le dita.


Ho iniziato il mio percorso artistico con la pittura informale, con tinte forti, calde, i gialli, i rossi, gli arancio nelle mille tonalità dei tramonti che ti lasciano senza fiato, in quella dimensione di stupore che ti fa sentire una bambina davanti al miracolo della natura. Poi è venuto il mare, e lo stupore ha cambiato colore, dando spazio ai verdi, agli azzurri, l'indaco e l'oltremare, al bianco spumeggiante delle onde. Ma quel mare che da quarant'anni mi accoglie nel periodo estivo, ha, alle sue spalle, una pineta che per anni non avevo visto con occhi da artista e poi d'un tratto si è rivelata in tutta la sua magia. Le luci, le ombre, le chiome dei pini battute dal Maestrale, i rami  contorti:

Colori caldi, toni pacati,
rami contorti ad abbracciar la chioma.
Tronchi in ombra, altri illuminati,
ombre e luci si alternano sapienti
immobili e severe, se non si alza il vento.
Un refolo li anima leggeri e gli dà vita,
il soffio del Maestrale scompiglia allegramente
rami, pensieri, cuore e mente.
Al calar della sera la scena è affascinante,
ancora luci e ombre ma tutto è più intrigante.
A far da sottofondo si odono i richiami,
le voci della notte che corrono sui rami.
Lontano echeggia il mormorar del mare
nel suo perenne, lento ondeggiare,
a simular la vita che spesso ondeggia
fra opposti sentimenti.


Pittura e poesia hanno cominciato ad accompagnare le mie emozioni, a fare quasi da fermo immagine, per custodire ricordi perché non andasse persa neanche una fugace percezione.

Hai dei modelli a cui ti sei ispirata e perché?
Ho amato e continuo ad amare gli Impressionisti, che hanno saputo intessere un dialogo confidenziale, entrando in comunione diretta, con la natura, potrei fare dei nomi ma è superfluo citare Van Gogh piuttosto che Monet, Cezanne piuttosto che Renoir, Pissarro piuttosto che Degas. È la ricerca della luce, dell'attimo fugace, la ricerca del contatto diretto con la natura, il loro approccio personale alla materia, il dipingere en plein air che li rende affascinanti e rivoluzionari al tempo stesso.
Non ho mai provato a riprodurre un'opera di qualcuno di questi "mostri sacri" ma sicuramente ne sono stata influenzata, in occasione dalla visita dell'Ermitage, del Museo d'Orsay, del British Museum, del Pushkin di Mosca ho assaporato sensazioni che in certi casi hanno quasi sfiorato la Sindrome di Sthendal.

Secondo te si può vivere di arte in Italia?
Vivere d'arte in Italia, ma non solo in Italia, credo che sia riservato a pochi. Bisognerebbe avere la fortuna di entrare in contatto con una galleria o un critico d'arte a cui potersi affidare. Ma questo aspetto non lo conosco per esperienza diretta perché non me ne sono mai interessata.

Nel processo di crescita e nel tentativo di affermazione e diffusione del proprio lavoro quali sono le difficoltà che, più spesso, incontra un artista?
Al di là del momento storico particolarmente difficile che stiamo vivendo, dove impera la crisi economica ma anche quella intellettuale, non è facile trovare la strada giusta. Bisogna anche tener conto delle tante opportunità che vengono offerte, e che spesso sono proposte da persone inaffidabili, poco serie e incompetenti, è un rischio che bisogna mettere in conto. Ci vuole talento ma anche un po' di fortuna.

Cosa vorresti che i lettori conoscessero di te e della tua arte?
Vorrei che il lettore avesse una percezione del mio modo di sentire, che forse cela sentimenti comuni a tanti, ma si mescola alla voglia di condividere sensazioni, attraverso un linguaggio immediato, semplice e comprensibile per tutti, come ha voluto scrivere di me il giornalista Giovanni Cencetti:"Un'artista che racconta dipingendo e dipinge scrivendo". Questo per me è già un traguardo perché sono fermamente convinta che l'arte rappresenti un linguaggio universale, uno strumento di conoscenza e di crescita e riuscire a suscitare un'emozione, un interesse, una curiosità nei confronti di un mio lavoro, per me è già gratificante. Poi ci sono le mostre, i cataloghi, gli eventi a cui partecipare e ogni volta l'emozione si rinnova come la prima volta. È come mettere in piazza la propria anima, le debolezze, i punti di forza, i momenti di solitudine, gioia e tristezza il tutto raccontato da pennellate, tele e colori, ma anche queste sono prove, esami, momenti di confronto da cui trarre forza e nuova energia per andare avanti.

 

 

 

 

ART 3.0 − AutoRiTratti
Antonella Lomonaco
in collaborazione con Fiogen Onlus, Accademia dei Sensi
elenco opere nelle immagini Ritorno dal souk; La sconosciuta; Sulla via di Jaisalmer; Dune; L'attesa; The Princess; Pensieri; Oceano

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