“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Teatro

Teatro La ribalta di legno

«Le quinte di stoffa con le porte in rilievo, le finestre di vetro dipinto, i vasi coi fiori di carta. In alto una lampada faceva da giorno mentre la notte veniva con la parola “notte”. In terra, una botola, dalla ribalta portava sul retro, dov’erano pronti gli attori».

Monday, 13 April 2015 19:56

Appunti su La Ballata dei Lenna

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De La Ballata dei Lenna e del loro Cantare all’amore mi colpì – un anno fa – la caratterizzazione morale, figurale e gestuale dei personaggi, capaci d'essere emblemi e metafore, caricature e figure tuttavia veritiere; mi colpì l’uso dei fari e dei neon, impiegati come strumento di proiezione, sottolineatura visiva del dettato verbale o come mezzo per scavare il volto o parte del volto, realizzando così una continua mascherata carnale; mi colpì la natura ambivalente della trama, intenta ad accentuare il contrasto tra sorella e sorella e, contemporaneamente, a definire una delicatissima storia di attenzione e di affetti. Quella favola, dolce e cattiva ad un tempo, aveva anche limiti di scrittura, certi momenti di composizione che mi parvero troppo facili per ideazione, qualche superficialità momentanea nel fare scena coi luoghi comuni: mancanze riscattate dalla capacità di stare in palco per più di un’ora realizzando un’attenda gestione dello spazio (tra movimenti in sincrono, scene in ribalta e controscene sul fondo, partiture a due con il terzo attore/la terza attrice a fare da spettatore interno). Interessante mi sembrò anche la definizione dell’ambiente di recita: un perimetro rettangolare con delle scalette che servivano a dare la dimensione dell’anfratto interrato, della tana più che di una casa vera e propria.

Al Teatro Stabile di Innovazione Galleria Toledo di Napoli è approdato il lavoro di Marco Chenevier, danzatore e coreografo del TIDA (Teatro Instabile d’Aosta). Marco è un giovane artista, simpatico, ironico, che vuole portare innovazione contenutistica, stilistica e qualitativa sulla scena della danza contemporanea attuale, mischiando drammaturgia al movimento ed alla performance, sperimentando che arte significa mettere in scena la realtà della vita, delle emozioni che si vivono tutti i giorni in un mondo dinamico ed a volte pesante.

Tuesday, 14 April 2015 00:00

Parole vuote e linguaggi del corpo

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All'interno della programmazione prevista per l'edizione 2015 della rassegna Quelli che la Danza, promossa dall'associazione Teatro Pubblico Campano e CDTM – Circuito Campano della Danza, compare in cartellone Lost for Words – L'invasione delle parole vuote, noto lavoro realizzato dal coreografo Mauro Astolfi per la propria compagnia di danza, la Spellbound Contemporary Ballet che lo scorso anno ha compiuto vent'anni di produzione.

Sunday, 12 April 2015 00:00

Le regole della libertà

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Il sipario rosso è chiuso, il limitare del proscenio è sottolineato da una scritta grigia che sembra scalpellato nel marmo: 'Ospedale Psichiatrico'. Quando il sipario si apre il pubblico già si aspetta ciò che vedrà sul palco: la sala dell’accoglienza diurna a forma circolare del Manicomio di Aversa con un gabbiotto a vetri in secondo piano a destra, due tavoli rotondi con delle sedie a destra e a sinistra, due enormi porte-vetrate ai lati delle quinte, una che conduce verso l’esterno e l’altra all’interno dei reparti. La parte superiore è formata da un corridoio su cui si affacciano delle piccole celle quasi sempre buie: sono i ricoveri dei malati cronici, quelli resi completamente incoscienti da metodi brutali come l’elettroshock e la lobotomia.

Monday, 13 April 2015 00:00

"Amami quant'io t'amo"

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Monica Casadei è un altro dei famosi nomi della danza contemporanea italiana che è stato invitato alla rassegna organizzata al Teatro Nuovo da Mario Crasto De Stefano. La coreografa di origine ferrarese che dal 2014 è in residenza con la sua Compagnia Artemis Danza al Teatro Comunale di Bologna, ha portato sul palcoscenico napoletano il suo cavallo di battaglia, Traviata, un lavoro che ha già partecipato a numerosi festival e rassegne italiane ed estere e che racconta l’amore travagliato tra Violetta ed Alfredo su musiche autentiche dell’opera di Verdi.

Sunday, 12 April 2015 00:00

Come Tolstoj partorì Anna Karenina

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Come nasce un personaggio nella mente del suo autore? Come viene posto il seme che lo fa diventare lo specchio nel quale si riflette un’intera società e un’epoca? Come si fa a essere eternati, a diventare un archetipo? In conclusione, come nasce Anna Karenina?

Sunday, 12 April 2015 00:00

La recita di Salvatore

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Letizia nasce a Palermo, il sei gennaio del millenovecentosessantatré: il giorno di Santa Raffaella, che “ha inventato il Sacro Cuore di Gesù”. Quel sei gennaio fa caldo, sembra estate, si suda: “È il sei gennaio più caldissimo della storia di Palermo”. D’intorno i parenti e, tra i parenti, zia Rita, intelligente perché legge – a dispetto degli altri – e legge Grand Hotel e quando qualcuno ha un problema, un quesito, una questione seria e gravosa zia Rita apre Grand Hotel e, letta una frase a caso, la interpreta facendone consiglio, risposta o soluzione.

Saturday, 11 April 2015 00:00

Drammaticità e Burlesque

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Ad inaugurazione della rassegna napoletana Quelli che la Danza, dedicata interamente alla danza contemporanea ed organizzata dal direttore artistico del CDTM (Circuito Campano della Danza), Mario Crasto De Stefano, è andato in scena sul palco del Teatro Nuovo il Bolero di Michele Merola interpretato dalla MM Contemporary Dance Company, una delle realtà più affermate della scena della danza contemporanea italiana.

Friday, 10 April 2015 00:00

La società (teatrale)

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Premessa
Il demone dell'Io, che si insinua tra Noi e le norme economiche dell'Occidente, il conflitto tra Etica ed Economia, tra le utopie e i bisogni, tra le necessità che appartengono all'anima e quelle indotte da un sistema sociale basato su domanda ed offerta calcolata solo e soltanto in denaro. Tutto ciò è stato scritto da chi ha già recensito La società. Tento, dunque, una lettura diversa e del tutto basata su alcune fortissime suggestioni che lo spettacolo mi ha donato.
Dopo una notte insonne, trascorsa a rivedere mentalmente la messinscena, a risentirne alcune battute, passata a rileggere gli appunti presi in platea e cercando e ricercando un’altra interpretazione possibile, La società per me continua ad essere – ora, a mattino inoltrato – uno spettacolo che parla del teatro: delle sue miserie e dei suoi conflitti, delle sue incertezze e del suo destino, della sua programmazione, delle sue prospettive, della sua propensione alla commerciabilità e del fallimento delle sue illusioni culturali. Continua – La società – a dirmi che questo locale che un nipote e i suoi amici si trovano a dirigere per volontà di uno zio, con aggiunta della badante rumena in “quota di minoranza”, rimanda a un palco con davanti una platea, magari a uno di quegli spazi medio-piccoli in cui l’arte di scena viene messa in pratica da trenta-quarantenni che hanno idee, coraggio e ostinazione ma sanno che idee, coraggio e ostinazione non bastano e che – presto o tardi – verrà il momento di fare i conti con il vuoto della cassa. 

Friday, 10 April 2015 00:00

Paradossi temporali ed altri dèmoni

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Possiede tutto il fascino leggermente esotico e fondamentalmente estraneo – come provenisse da un tempo e uno spazio lontano e velato d'ovattate debolezze – il dipanarsi sincronico di questa pièce che Paolo Coletta con magistrale arte di scomposizione e crossing-over sapientemente trae da alcuni ricombinati frammenti di Fiori giapponesi: origine letteraria già di per sé franta, nel prezioso inanellarsi dei racconti brevi di Raffaele La Capria, ma che ancor più si (ri)mescolano traendo maggior forza proprio dal comporsi rimanendo tuttavia divisi e scissi, come inconfessato peccato originale che non del tutto riesce a lavare e salvare il ritessersi in accennata e rotta narrazione.

Wednesday, 08 April 2015 00:00

L'oblio esemplare di un critico

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(un articolo)
Giorgio Strehler – il divo, il mostro sacro, l’artista che è sempre negli sguardi della gente, al centro del fragore degli applausi e delle polemiche – è un uomo solo e non importa che il teatro sia un lavoro collettivo, che sia un incontro, che sia l’arte corale per eccellenza: egli rimane un uomo solo. “Vivevo nel sotterraneo del Piccolo” – racconta – “fra la platea, a dirigere le prove, e il sottopalco, a dormire a strappi, magari sul rotolo d’un tappeto da scena o sul coperchio d’una cesta per i costumi. Facevamo sette-otto spettacoli per stagione, con venticinque giorni di prova per spettacolo; dunque provavamo sempre, la mattina, il pomeriggio, la notte dopo la chiusura dell’ultimo sipario. Era una vita assurda, tagliata dal mondo, solo artificio, immaginazione e mestiere”.

Thursday, 02 April 2015 00:00

La nuova forma di un mito

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Il testo La vela nera di Teseo, di Valeria Moretti, vuole essere una re-interpretazione moderna del personaggio di Teseo. È stato scritto per un solo interprete − Gianni De Feo − che accoglie il pubblico del Teatro Elicantropo indossando sul volto una benda e, sul corpo, una veste svolazzante e roteante stile-Dervishi. Dopo il suono del mantra buddista “Nam Myoho Renge Kyo”, che segna l’inizio del percorso di autocoscienza del personaggio, l'interprete danza al ritmo greco del Sirtaki (“destra... sinistra, droitegauche) volteggiando nella gonna ed esponendo una verbalità in doppia lingua (italiano e francese).

Friday, 03 April 2015 00:00

L'amore ai tempi della pornosfera

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Per parlare di Sì l’Ammore no bisogna partire dal titolo, da questo titolo che, all’apparenza afferma e nega e che in realtà non spiega, allude, ma non insegna, spogliandosi preventivamente di qualsivoglia intento didascalico. Fotografia con l’effetto seppiato del grottesco, quella a cui la coppia (nella vita, sulla scena) Frosini/Timpano  dà vita è un’istantanea dinamica dell’universo relazionale contemporaneo, così come è venuto sviluppandosi e formandosi, plasmato e viziato, dalle influenze molteplici, variegate e contrastanti con cui il Novecento ha bombardato l’uomo moderno.

Friday, 03 April 2015 00:00

Identità (superficiali)

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" Chi sei tu?"
"E questo chi è?"
"Chi sei tu? Di cosa vivi?"
"Ehi tu, lassù, chi sei?"
"Sono io, mi ricordi?".
Il tossico pestato dai poliziotti e il bambino che interroga gli animali (uno scarabeo, un verme, un topo); un uomo che ha perso la propria carta d’identità e una donna che sta per essere uccisa dal marito; l’amico che racconta l’amico, interrogandosi su chi sia diventato, e Baliani che dice di Baliani. Ancora: un bambino ebreo e la sua fuga dalla storia di famiglia, in pieno nazismo; il giovane kamikaze, che si prepara specchiandosi, prima di ridursi in poltiglia; l’Io frantumato nei suoi molti; un rospo e una fanciulla, alle prese col bacio e con una trasformazione che non avviene.

Introdurre esaustivamente la versatilità da 'uomo del rinascimento' di Pippo Delbono sarebbe un'impresa troppo lunga – per chi scrive – e tediosa – per chi legge – pertanto mi limiterò a rammentare che ci troviamo di fronte ad un artista che draga orizzontalmente, ma anche verticalmente e diagonalmente – insomma da ogni prospettiva – cinema, teatro, danza, sperimentazione musicale, poesia e giornalismo (non ho approfondito su eventuali esperienze pittoriche ma non mi stupirei se anche lì avesse lasciato una sua impronta avanguardista).

il Pickwick

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