“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Paola Spedaliere

Play on!

Il programma di Benevento Città Spettacolo presenta la drammaturgia della The Hats Company diviso in due parti apparentemente scollegate. La prima è intitolata Don’t Say That Name, Please! – Introduzione a Macbeth di Shakespeare e la seconda a seguire Wrong play, My Lord – da Hamlet sempre del Bardo. Anche la messa in scena avviene in due diversi spazi del Teatro De Simone, la prima sulla balconata che dà sul foyer e poi nell’atrio vero e proprio a diretto contatto con il pubblico, e la seconda nella sala canonica con platea e palcoscenico.

Una trascendenza in venticinque minuti

Al cinema Metropolitan lunedi 8 settembre è stato presentato in anteprima nazionale il corto Guado, opera prima del trentacinquenne Egidio Carbone. Drammaturgo, regista, attore del dramma che ha debuttato al San Carlo nel 2010 La bufaliera, negli ultimi anni si è dedicato alla sperimentazione cioè alla ricerca di una nuova forma da dare al personaggio. La sua innovazione, di cui questo corto è la realizzazione cinematografica, è la teoria dell’attore costitutivo.

Questo premio chi premia?

Il Teatro di San Carlo per la quarta volta ha ospitato la serata finale per l’assegnazione del premio Le Maschere del Teatro Italiano che, come le precedenti, è stata organizzata dalla Fondazione Campania dei Festival in collaborazione con l’AGIS e con il Teatro di San Carlo di Napoli. Questo premio in realtà è già giunto alla X edizione come prosecuzione del Premio Eti – Gli Olimpici del Teatro, nato nel 2003 da un’idea di Luca De Fusco e Maurizio Giammusso.

Cosa significa essere coppia

Irène Némirovsky ha avuto una vita difficile ed errante. Nata a Kiev in Ucraina nel 1903 da una famiglia di ricchi banchieri ebrei, fu una perseguitata per tutta la vita. Nel 1918 dai Soviet che costrinsero la famiglia Némirovsky alla fuga prima in Finlandia, poi in Svezia ed infine a Parigi dove iniziò la sua attività letteraria e dove negli anni ’30 e ’40 divenne una delle scrittrici più famose del secolo. Infine fu perseguitata dai nazisti a partire dal 1940 per terminare la sua vita giovanissima nel campo di concentramento ad Auschwitz nel 1942.

Un ordito che soffoca

La scenografia non c’è, solo il nero palco del Teatro Nuovo. Unica eccezione lo scheletro di una testa di animale messa in alto sulla parete di fondo, quasi un trofeo che forse annuncia una scarnificazione. Il dramma è interamente proiettato sulla scena dai singoli attori con il dialogo, con la gestualità e con i costumi. Inizia con degli attori a centro scena gettati a terra e Cristina Donadio e Lalla Esposito che si posizionano ai lati del proscenio. Sono vestite come delle nobildonne ricche e ingioiellate ed iniziano ad esprimersi come l’abito lascia intendere per poi, d’un tratto, scivolare con una cadenza plebea in un dialogo in napoletano dove si parla del “padrone in carcere, lui… un signore!”.

Il dramma delle brave persone

All’apertura del sipario la scenografia si presenta subito essenziale, composta in modo da rappresentare i tre ambienti in cui si svolge la storia. Siamo a Southie, sobborgo povero di Boston che l’autore del testo, David Lindsay-Abaire, conosce bene per esservi cresciuto. Le prime due scene si svolgono in questo quartiere dove tutto parla di stenti, di sopravvivenza, un posto da cui è difficile andar via, dove tutti sperano di trovare la fortuna con il Bingo.

Il puzzle dell'esistenza

Prendete un puzzle completo che raffiguri un’anonima folla su un marciapiede di un’anonima città situata ovunque. Gettate il puzzle a terra, fatelo in mille o diecimila pezzi. Provate poi a ricomporlo, sagoma dopo sagoma. Una folla silenziosa si ricompone davanti ai vostri occhi. Così ha fatto Giuseppe Sollazzo con questa sua opera presentata per il Napoli Teatro Festival al Mercadante. Ha messo in scena trenta attori di varie nazionalità che interpretano personaggi che raccontano, solo attraverso il linguaggio gestuale, le loro storie fatte di attimi, di sogni, di ricordi, tutto così quotidiano ed effimero che potrebbe riproporsi di continuo su qualsiasi strada dell’esistenza.

La linea sottile tra vita e ricordo

Il personaggio di Jep Gambardella in La grande bellezza, film di Paolo Sorrentino fresco di Oscar, era già in embrione tra le pagine del libro scritto dallo stesso regista Hanno tutti ragione del 2010. Lo sguardo disincantato e cinico sul mondo circostante è lo stesso di Tony Pagoda messo in scena dalla Compagnia Teatro Nuovo. La storia è complessa, ma trova nella scenografia essenziale gli strumenti che servono per realizzarla. A sinistra del palco si nota subito una lunga sdraio con le estremità di legno che poggiano in due bacinelle (simboleggiano il Brasile dove Pagoda troverà rifugio, in una casa infestata dagli scarafaggi che in questo modo non possono salire sul letto), vari sgabelli variamente componibili, un leggio, un tavolino basso al centro, in fondo e sulla destra, nascosto quasi da un alto ripiano nero, vi è un pianoforte suonato dal Maestro Massimiliano Ferraro.

Stasera si cena al Teatro Sannazaro

Al Teatro Sannazaro le poltrone rosse della platea hanno lasciato il posto a piccoli tavolini bianchi accompagnati ognuno da quattro sedie vestite di bianco. Siamo al Cafè Chantant ideato da Lara Sansone molti anni fa e sempre inserito in cartellone ad ogni stagione per il successo ottenuto. Questa volta l’occasione per riproporre questo spettacolo, con il nome di Nuovo Cafè Chantant, Bon Voyage!, è il primo festival delle tradizioni, ideato dalla Sansone con il finanziamento di Unione Europea e Regione Campania, che dal 13 al 22 maggio vedrà sul palco del Sannazaro esibirsi importanti artisti internazionali.

Il non-sense così pieno di senso

Il piccolo palco dell’Arcas si presenta già parzialmente illuminato da tre fasci di luce che colpiscono un letto posto orizzontalmente al centro, verso lo sfondo, su cui spicca una coperta multicolore di quelle che le mamme di una volta facevano all’uncinetto. Il secondo fascio di luce illumina un vaso con grossi fiori su una piantana e il terzo un piccolo sgabello al limite del proscenio con una statuina della maternità ed una piccola orribile lampada a forma di uovo fosforescente che cambia colore. Un’altra piantana posta accanto al letto presenta un piccolo vaso con fiori bianchi, mentre a destra vi è solo una semplice sedia.

Page 12 of 15

il Pickwick

Sostieni


Facebook