“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Paolo Lago

Ghérasim Luca: l’oltrepassamento degli opposti nella scrittura nomadica

Gilles Deleuze e Félix Guattari, a proposito dello stile di Céline (soprattutto in riferimento a Guignol’s Band e a Morte a credito), parlano di "una musica di suoni deterritorializzati, un linguaggio che fila via con la testa in avanti, facendo capriole" (Kafka. Per una letteratura minore,p. 48): un linguaggio che, continuamente, tende a “deterritorializzarsi”, a divenire nomade.

L’"Estate crudele" di Alessandro Bertante: un urlo dall’abisso di una 'civiltà al tramonto'

Il tempo ha perso valore, come le distanze.

Io sono un sopravvissuto.

 Alessandro Bertante, La magnifica orda

 

 

Fornire strumenti agli imbonitori da fiera è l’ultima delle bassezze possibili di una civiltà al tramonto. Ho bisogno di vento. Ho bisogno di pioggia.

Alessandro Bertante, Estate crudele

 

 

"Io sono solo, sconfitto, imprigionato e ingannato tutti i giorni di questa estate rovente": così inizia l’ultimo romanzo di Alessandro Bertante, Estate crudele. È subito solitudine, una solitudine che divora e attanaglia il protagonista io narrante, Alessio Slaviero, personaggio che già compare nel precedente romanzo-breve dell’autore, La magnifica orda.

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il Pickwick

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