“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Sara Scamardella

Costruire sogni dalle macerie

Se adesso, al posto di comporre parole battendo una ad una le lettere sulla mia tastiera, prendessi quella vecchia dal cassetto e staccassi tutti i tasti per comporre una collana, se la illuminassi con i led e me la legassi al collo con il cavo, verrebbe fuori una bella recensione per Giardini di Plastica, lo spettacolo andato in scena al Teatro Galilei a Città della Scienza. Lo spettacolo del riuso, tanto che a presentarlo è intervenuto il presidente dell’ASIA, che poi è lo spettacolo della creatività. “Guardate cosa si riesce a fare con i materiali che vengono gettati via!” sembra volerci dire e ogni persona seduta in sala, davanti ad ogni creazione, non può che rimanere sbalordita e in quell’incanto lasciarsi trasportare.
Mai la plastica fu più bella. A testimoniarlo bambini e adulti.

L’ospite inatteso si vede ma non si sente

Amo molto Agatha Christie e i film tratti dai suoi romanzi. Per scrivere questa recensione ad uno spettacolo basato sulla piéce teatrale della scrittrice intitolata L’ospite inatteso, mi servirò di un altro tipo di film, uno di Tim Burton.
Quando Ed Wood legge sul giornale una recensione che stronca la sua rappresentazione ma elogia la qualità dei costumi trovandoli decisamente realistici, non si abbatte ma con un grosso sorriso si presenta ad un produttore dicendo di essere l’autore di una piéce di Broadway encomiata per il suo realismo.

"T'ho fatto male"

Siamo in tanti ad Officina Teatro. La sala è così piena che qualcuno è rimasto in piedi. Ci guardiamo l’un l’altro mentre applaudiamo al termine dello spettacolo. Qualcuno ha le lacrime agli occhi e ce le ho anch’io perché mi sono ritrovata a pensare a cose alle quali non avevo mai pensato prima. Vedo tutto in modo diverso ed è merito dello spettacolo e del libro che Massimo Verga ha scritto per raccontare la sua storia di papà di un bambino disabile.

L'amore sbagliato

Lei entra in scena con una vestaglia bianca e le ciabattine rosse. Si muove delicata su una musica dolce come quella di un carillon. Sembra la bambolina che danza nella scatola con lo specchietto sotto il coperchio, solo che lei non fa delle pirouettes, piega i panni e lo specchio che ha alle spalle è deforme. Sul palco con lei una sedia e un attaccapanni, il cosiddetto uomo morto.

In casa e nell'anima di Stephanie

Per prendere posto al Théâtre de Poche dobbiamo attraversare il palco. Questo ci permette di entrare fisicamente in casa di Stephanie. Passiamo accanto al tavolo con due sedie, accanto al divanetto per due, al tavolino col telefono. Siamo pochi in sala. Siamo invitati privilegiati in casa della maestra che fa ritorno dal lavoro dopo aver camminato nella neve. Il luogo è accogliente, sia per la sala con il piccolo palco, sia per l’allegria di Stephanie che parla a noi più di quanto faccia al marito Sheldon. Ci rendiamo conto col passar del tempo, infatti, che Sheldon non c’è. C’è Stephanie e ci siamo noi a guardarla e ascoltarla. Squarciata la parete del corpo, c’è un’altra casa. È quella dei pensieri di lei, la sede della sua anima. Questa casa è la meno accogliente per noi. Essa è continuamente scossa dalle sensazioni provocate dagli eventi, ruota nel turbinio dei ricordi come se fosse stata portata via da un ciclone. Nonostante questo, è una casa che si mostra ai nostri occhi senza veli ma su di un telo rosso. L’inchiostro compone e scompone i pensieri, ricrea quei fantasmi del passato che ritornano vivi e feriscono.

La città che i bambini vorrebbero

La voce che andrà in scena Il magico pifferaio de I Teatrini conduce all’Orto Botanico molti bambini con parenti al seguito. Prima di entrare ad ognuno è dato un foglietto. In basso c’è il disegno del pifferaio seguito dai topi, in alto una frase da completare: “Nella mia città ideale vorrei …”.  Ho seguito molti spettacoli de I Teatrini all’Orto Botanico e, per la prima volta, oltre a correre, saltellare e raccogliere le foglie cadute in attesa che inizi lo spettacolo, i bambini si sono seduti con gli adulti e hanno compilato insieme il foglio. Di spazio ce n’è abbastanza per scrivere più di un desiderio. Come spiegato all’ingresso, i bambini se li infilano in tasca e si parte.

Storia e Psicanalisi all'uscita da scuola

Nella rassegna teatrale dell’Arcas tutto è allo scoperto. Il palco non ha il sipario e vediamo la panchina verde e il lampione prima che inizi lo spettacolo. Anche le gambe dei due personaggi protagonisti sono scoperte: Sigmund e Karlo, che sembrano avere una gran voglia di lasciare allo scoperto qualcosa in più. Entrambi indossano un impermeabile e si sono ritrovati per caso all’uscita di un istituto femminile. Aspettano le ragazze perché tutti e due provano piacere nell’aprirsi l’impermeabile davanti alla faccia spaventata delle studentesse e…

Sotto il vestito niente

C’è una bella atmosfera al Teatro Arcas, la si percepisce subito, scendendo il primo gradino che porta in sala. Ad attenderci, sdraiato su un triclinio rosso c’è uno strano personaggio. Ha il volto truccato di bianco, con gli occhi e un finto sorriso neri. Indossa un frac e in testa ha un cappellino conico bianco. Allo stesso modo è truccato e vestito il personale del teatro. Entriamo quindi già in un altro mondo, quello dello spettacolo che sta per cominciare.

Quello che cerchiamo, a volte, ce l'abbiamo già dentro di noi

Sarà il profumo degli alberi, il sole che riscalda tutti, la voce allegra degli attori che ci accompagnano o i loro costumi fantasiosi ma partecipare ad uno spettacolo de "I Teatrini" all’Orto Botanico è sempre una gioia. Anche Matteo è allegro questa domenica mattina e non vede l’ora che lo spettacolo abbia inizio. Pagato il biglietto e salutata la mamma, perché a "I Teatrini" i bambini stanno davanti con gli attori e i genitori dietro, si prepara a viaggiare verso la Città di Smeraldo insieme a Dorothy, lo spaventapasseri, l’uomo di latta e il leone codardo.

Parola allo sconfitto

Tra il foyer e la sala teatrale di Officina Teatro c’è una serranda da magazzino. “Buona visione” ci augurano prima di sollevarla e noi entriamo come se entrassimo in un negozio appena aperto, guardandoci intorno in cerca di qualcosa di sorprendente che catturi la nostra immaginazione. La mia l’ha già catturata il titolo dello spettacolo. Luci della città. Chaplin/Cucchi. Stefano Cucchi potrebbe essere uno dei personaggi ai margini dei film di Chaplin, mi convinco, ma perché l’unica interprete dello spettacolo è una donna? Me lo domando più di una volta, provo ad immaginare una simbologia, un racconto della vicenda con occhi femminili, forse con lo sguardo di Ilaria. Non vedo l’ora che cominci e lei è già lì in scena mentre prendiamo posto, ci dà le spalle. Pochi minuti e dimentico che si tratta di una donna.

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il Pickwick

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